25) Sopravvivo al taxi

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Ora, un taxi normale, nella mia testa, è giallo. Giallo, brillante, allegro.
Non grigio, tetro, che sembrava morto e resuscitato, e... Fumoso? Si può dire?
Ad ogni modo, era più grigio del fumo.

Il prof. Esclamò ad alta voce
"Ci serve un passaggio"

"Devo salire su quel robo?" Mi sussurrò Cecilia all'orecchio "siamo sicuri che tenga? Se mi siedo e si rompe il sedile?"

"Ti abbiamo sentita!"la rimbecco una vecchietta uscita improvvisamente, con la testa, dal finestrino.

La ragazza di fianco a me fece un urletti di stupore, prima di girarsi e guardarmi negli occhi, come per dire "ma stiamo scherzando?".
Alzai le spalle.

"E, per chiarirci" continuò la vecchietta "il tuo sederino è al sicuro!"

Cominciamo bene. Siamo ancora fuori dal taxi e già la vecchietta ci ha preso di mira.

Salimmo sul veicolo. Stavolta per uscirne vivi servirà un miracolo.

Mentre una voce preregistrata mi stava parlando di un tipo, un certo coppiere di Zeus, che mi consigliava di allacciare la cintura, Cecilia stava seduta, rigida, e si affrettava a seguire il consiglio del coppiere.
Guardava con aria spaventata e preoccupata le tre vecchiette, sorelle, a comando del taxi, probabilmente chiedendosi chi l'avesse fatta salire in quel "cocchio della dannazione".

La sua faccia stava assumendo un colorito verdognolo, quello di chi sta per vomitare.

"Dov'è che dobbiamo andare?" Ci urlò da davanti una delle vecchiette, quella al volante.

"Attenta!" Le esclamò sua sorella, che aveva di fianco, poco prima che ci schiantassimo contro un muro.
Sterzò bruscamente, evitando di farci finire spiaccicati.

"È per questo che devi ridarmi l'occhio!" Si accanì quella al volante "se non vuoi finire come una frittata devi ascoltarmi!"

"No, Tempesta, tu lo hai avuto fino a ieri, ora è il mio turno!"

"Sì ma sono io alla guida!" Si lamentò quella che si chiamava Tempesta.

"Tre le due litiganti la terza gode!" esclamò la terza vecchietta.

"Ridacci l'occhio!" Le urlarono addosso le altre due.

"Per occhio cosa intendono?" Mi chiese Cecilia.

"Un occhio. Sai, quelli che ti fanno vedere. Tu ne hai due" le risposi.

"Ma ne hanno uno solo? Non riesco a capire..."

"Sì uno solo. E, no, non ne hanno uno a testa, ne hanno solo uno e basta" la interruppi prima che cominciasse la sua domanda. Tanto sapevo già quale mi avrebbe fatto.

Cecilia si stava impanicando.
" E se facciamo un incidente? E se muoio ancora prima di arrivare al campo? E se..." Si interruppe quando il taxi prese una buca. Si le vecchiette avrebbero dovuto rinnovare la patente.

"Stai calma!" se non avrebbe smesso, mi sarebbe scoppiata la testa.

Intanto il professore, che si stava tenendo una mano sullo stomaco, nella speranza di non vomitare, si introdusse nella conversazione.
"Stai parlando delle Sorelle Grigie... Non morirai"

" Ci puoi scommettere! Arriverai a destinazione sana e salva!" Ci rassicurò una delle tre sorelle che aveva sentito il professore.

"Okay, adesso ti spiego" sussurrai all'orecchio di Cecilia "quella al volante è Tempesta, quella in mezzo è Rabbia, mentre quella più a destra è Vespa. Hanno il servizio taxi più veloce della zona. Fanno questo lavoro da millenni, direi che il prezzo del loro passaggio di addice al loro servizio..."

Davanti, le tre sorelle avevano cominciato a litigare per il dente, facendo svoltare furiosamente Tempesta.
Noi dietro, invece, stavamo lottando per restare appiccicati al sedile e di non volare, magari, fuori dal finestrino.

Dieci minuti dopo, il taxi di fermò bruscamente, mentre fuori il paesaggio era occupato da una collina.
Di nuovo a casa.

Quando entrai nella cabina 13 Nico mi abbracciò. Non era una cosa... Come dire? Da lui. Nico di Angelo, figlio di Ade, che da abbracci? No, devo star sognando.

"A cosa devo tutto questo affetto?" Chiesi.

"Oh, ciao anche a te" mi rispose sarcastico, una volta staccatosi dall'abbraccio.
Okay, ora era più 'lui'.
"Non ti posso più abbracciare?"

"Sì... È che mi fa strano" risposi.

Nico si mise a ridere.

Io cominciai a sistemare le mie cose per la cabina. Sopra il mio letto c'era un abbondante strato di polvere.

Mio fratello ora era serio.
Quando mi girai verso di lui, mi afferrò le spalle, stringendole con forza e scuotendomi.

"Papà arriva domani".


Angolo me
Oggi non ho niente da dire. Anzi dirò la solita cosa: potrebbero essere presenti errori di scrittura (soprattutto tempi verbali), se li notate, avvisatemi.
Vi lascio andare in pace.
Addiooo

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