22) Caso perso

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"Gli dei dell'Olimpo esistono? Ma non farmi ridere! Dove sono le telecamere?"

Mi aspettavo una risposta del genere, non sempre è facile arrendersi alla realtà che tutto quello che si sa è diverso.

" Quali telecamere scusa?"

"È uno scherzo, no? Voi, tu e non so chi altro, filmate la reazione della gente dopo averle detto queste cavolate!"

Ci fu un tuono

"Attenta a quello che dici... Agli dei non va a genio che gli sia dato delle 'cavolate', soprattutto al dio del cielo"

Cecilia impallidì, forse un po'meno convinta di quello che stava dicendo.

"E, no, non ci sono telecamere e non è uno scherzo" aggiunsi.
" Facciamo così: ti porto da una mia amica, e poi ti spiegheremo tutto, va bene?" Chiesi.

" Chi mi assicura che tu non voglia rapirmi, o che tu non sia d'accordo con un rapitore o che tu voglia uccidermi?!
Da una persona che va in giro con una spada, posso aspettarmi questo e ben altro!"

La semidea cominciò ad indietreggiare, e non vidi altra soluzione se non far crescere un rampicante che le avvolgesse il busto, in modo da non farla scappare.
Lei picchiò contro la pianta, con le mani chiuse in due pungni, ma non riuscì a liberarsi.
Io attesi che si calmasse, poi le consigliai di ascoltarmi, oppure, probabilmente, ci avrebbero raggiunto altri mostri, e allora saremmo state in pericolo tutte e due.

" Quindi, a meno che tu non voglia morire, stai ferma e calma" conclusi.
" Non voglio ucciderti, rapirti e nemmeno vendere i tuoi organi al mercato nero, se è questo quello che pensi, ma voglio il contrario.
Voglio aiutarti, voglio farti capire e se hai domande da fare dopo avrai le risposte a tutto.
Quindi non ti pare saggio, ascoltarmi e seguirmi? Anche perché non ti conviene rispondermi di no"

Cecilia mi guardò storto.
" Vengo con te, ma a due condizioni: primo, devo avvertire mio padre, secondo, mi dici come caspita hai fatto a... a..."

"Arrotolarti in un rampicante?"

"Esattamente e mi lasci scendere" terminò di dirmi le sue condizioni soddisfatta.

Lasciai andare Cecilia, che cadde col sedere a terra, non avendola avvisata e la sentí borbottare qualcosa che somigliava a un 'quanta gentilezza'.

" Ora la seconda parte del secondo accordo" disse guardandomi con aria di sfida.

" Oh, questo fa parte delle domande che ti devi segnare mentalmente e farmi dopo" le risposi facendole l'occhiolino.

Cecilia ha detto a suo padre che andava al parco e durante il tragitto ha continuato a tormentarmi per sapere più informazioni possibili.

" Dove andiamo? Come si chiama la tua amica?"

" Si chiama Annabeth ed è più grande, sia di me che di te"

" Quanti anni ha?"

"Va in 5 superiore. Credo"

" Mmm..."

Superato l'intrigo di stradine della città, svoltando a destra sinistra, andando dritte, seguendo la strada, arrivammo a casa di Annabeth.

Fermai Cecilia prima di suonare il campanello.
"Tu aspetta qui. Quando te lo dico io puoi entrare" le dissi.
Ci avevo riflettuto, e non mi sembrava giusto fare entrare in casa, non mia fra l'altro, una sconosciuta.

"Salve signor Chase" salutai il proprietario di casa, entrando dalla porta principale, dopo che mi fu aperta.

" Buongiorno Adele!" Mi rispose lui in tono formale.

" Annabeth è già tornata?"

" No, non ancora"

" Oh, ok, grazie mille. Volevo chiederle un'ultima cosa, se non le dispiace" azzardai

" Dimmi pure, se posso aiutarti lo faccio volentieri"

" Ecco... C'è una mia nuova amica fuori dalla porta... Mi chiedevo se potesse entrare..."

" Certamente, nessun problema, dalla entrare pure"

" Grazie mille ancora, signor Chase!" Lo ringraziai.

Qualche secondo dopo, Cecilia era in casa, le sue scarpe, tolte e allineate lungo il mobile in entrata di fianco alle mie, mentre io, sorridendo, la accompagnavo su, per le scale, verso la stanza dove c'era il letto che mi era stato ' prestato'.

"Allora... Devi spiegarmi un po' di cose o sbaglio?" Mi chiese retorica.

Na, devo solo stravolgerle la realtà, raccontarle che, più o meno,so chi è sua madre, che non ha mai conosciuto, e dirle che tutti i miti sull'antica Grecia sono reali.
Insomma, niente di che...

Mi sedetti sul bordo del letto e invitai la mia amica a fare lo stesso.

"Esiste un solo luogo, un campo, in cui tutti noi siamo al sicuro" cominciai.

" Tutti noi, chi?" Venni subito interrotta.

" Li conosci gli dei greci, no?"

" Certo, mio padre mi leggeva i loro miti ogni sera da bambina"

" Tutto quello che hai sentito è vero ed esiste. Gli dei, i miti, le leggende. Tutto vero.
Il minotauro esiste, le Furie esistono, le arpie esistono.
I semidei esistono. Tutti noi semidei siamo al sicuro solo al campo"

" Al sicuro da cosa?"

" Dai mostri"

" Li vi insegnano ad ucciderli?"

" Se si potesse si. Voglio dire, possiamo ucciderli, ma per un tempo indeterminato"

" Ma non è possibile! Io ti ho visto uccidere quella creatura, e si era sbriciolata, polverizzata"

" La polvere di mostro torna al Tartaro. Lì si riforma il mostro. Se siamo fortunati riusciamo ad allontanarmi per il resto della nostra vita"

" Non sono ancora del tutto convinta..."

" Cosa?"

"Si, insomma, mi pare troppo surreale per essere vero "

" Tu mi stai dicendo che hai visto un'empusa, mi hai visto combattete con una spada antica, mi hai visto guarire a una velocità inaspettata, ti ho trattenuta con un rampicante cresciuto in 3 secondi dal terreno, e ancora non mi credi?"

" Ho tre opzioni" cominciò a ragionare Cecilia ad alta voce " o ho le allucinazioni o sto sognando o mi stai prendendo in giro"

Questa mi fa perdere la pazienza, è un caso perso.
Stavo per dirgliene quattro, quando sentì dal piano di sotto il campanello suonare.
Annabeth era tornata.

Angolo me
Questa volta non ho quasi niente da dire.
Prevedevo sarebbe stata una storia corta, invece sono al capitolo 22 e sono a penso meno di metà di quello che avevo in mente.
E niente, ciaoooo

'Ade'leDove le storie prendono vita. Scoprilo ora