𝚌𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚜𝚒𝚡

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Midoriya's POV

"Per oggi è tutto" conclude la sua lezione Present Mic, con la quale volge al termine anche questa seconda giornata scolastica. Così, come da ieri accade, sistemo la mia cartella e mi dirigo in mensa, con lo stomaco vuoto, che non fa che brontolare per la fame.

Ordino le stesse pietanze del giorno precedente e, durante l'attesa, mi volto alla cerca di Todoroki, poiché il compagno con cui svolgerò l'attività rilasciataci da All Might è lui. Non scorgendo, però, la sua chioma bicolore in mezzo alla massa di studenti, mi rassegno, afferrando in seguito il vassoio, sul quale è riposto il mio piatto colmo di riso.

"Midoriya!" odo alle mie spalle, riconoscendo inaspettatamente la voce del compagno di classe che, più che un essere umano, mi ricorda un robot.

"Ti va di sederti con noi?" chiede con un sorriso in volto, indicando, dietro di sé, Kaminari e Kirishima.

Pensando alla risposta da dare mi guardo intorno, nuovamente alla ricerca di un tavolo libero, ma non trovandolo mi sento costretto ad accettare, quindi comunico la risposta positiva al ragazzo.

Fisso il mio pranzo, mentre gli altri ne hanno già consumata una piccola parte, quando quella sensazione di essere osservato torna a trovarmi. Mi guardo a destra, a sinistra, avanti e dietro, ma nessuno sembra guardarmi.

"È tutto apposto?" domanda Kirishima.

"Si - afferro le bacchette, sistemandomele tra le mani - . Per caso, avete visto Todoroki?" chiedo, poi, cambiando discorso, mettendo in seguito in bocca qualche chicco.

"Si, è tornato in dormitorio, non aveva fame" risponde prontamente Kaminari, come se già sapesse che avrei posto una simile domanda.

"Io ho finito, vado da lui" affermo, passati venti minuti, alzandomi con il vassoio tra le mani ormai vuoto, sotto gli sguardi disattenti dei tre, che tornano nuovamente a guardare i loro piatti e continuano a divorare il tutto con appetito.

"D'accordo, ci vediamo dopo" replica sorridente Kirishima, quasi sul punto di strozzarsi, ricevendo leggere pacche sulle schiena da Iida.

Sembrano brave persone, dopotutto.

Vado verso l'uscita della mensa, ma mi fermo d'un tratto sulla soglia, per poi girarmi, guardarmi all'indietro e recarmi verso il bancone per la seconda volta.

"Mi scusi - affermo, richiamando l'attenzione della donna che si trova lì dietro -. Potrebbe prepararmi un panino? Dovrei portarlo con me"

Sorridente, chiede cosa vorrei metterci dentro e, dopo averci pensato un po' su, in quanto non conoscente dei gusti del ragazzo al quale devo portarlo, le indico delle fette di salame, sistemate ordinatamente al di là del vetro, e delle foglie di insalata.

Comincia a prepararlo e, una volta pronto, lo mette in una busta, che successivamente mi porge. Pago, per poi recarmi ancora una volta verso la stessa porta da cui sono entrato ed infine esco da scuola, prendendo la strada diretta ai dormitori.
Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni le mie cuffiette e le infilo nelle orecchie. Successivamente prendo il cellulare, scelgo una tra le mie playlist e la avvio.

Amo misurare il tempo impiegato per giungere in un posto utilizzando come unità di misura le canzoni; in questo caso, ad esempio, ce ne sono volute tre.

Entro nel dormitorio e, come mi aspettavo, non trovo nessuno, venendo assalito dall'assoluto silenzio che regna nella struttura. Mi avvicino al tavolo, dove c'è ancora la piantina con la disposizione delle camere, e tra queste cerco quella del bicolore, situata al secondo piano.

Mi affretto a salire le scale e, una volta davanti alla sua porta, busso. Sento dei passi farsi sempre più vicini provenienti dall'altra parte, e dopo qualche secondo la porta si apre, rivelando la figura del ragazzo; mi guarda ed io guardo lui, fissandolo in quegli occhi che mi perseguitano da un po'.

"Ti serve qualcosa?" domanda alternando lo sguardo tra il mio viso e la busta che ho tra le mani, con la stessa espressione priva di emozioni, che lascia sempre trasparire un fascio di mistero in lui.

"E-ecco, i-io"

"Ti ho portato questo" dico porgendo la busta contenente il panino.

"Non ti ho visto a mensa, pensavo potessi aver fame e-"

"Grazie" mi interrompe, afferrandola; la apre, ne osserva il contenuto, e infine la richiude.

"Comunque sia, ti avrei cercato anch'io, per il tema - continua poi -. "Vuoi entrare?" domanda ancora, ma questa volta spostandosi, così da lasciarmi un spazio per poter passare. Mi limito a percorrere il piccolo corridoio venutosi a creare tra lui e il muro, venendo invaso dal forte profumo di fragola, o forse ciliegia, sparso nella stanza, strana come lui e decorata in stile giapponese.

"Quando cominciamo?" continua, mentre chiude la porta senza fare il minimo rumore, senza distogliere, al contempo, lo sguardo dalla mia persona.

"D-domani? S-se puoi" rispondo incerto, maledicendomi mentalmente per il mio balbettare. In risposta annuisce, tirando fuori dalla busta il panino.

"Ne vuoi un pezzo?"

"N-no, grazie" rispondo ancora, cercando di capire quale possa essere il motivo di tutta questa improvvisa agitazione. Milioni di "perché?" si fanno spazio tra i miei pensieri, ma l'unica risposta che riesco a dare ad ognuno di essi è un semplice e banale "non lo so".

"Possiamo stare da me" dico, poi. "D-domani intendo"

"Va bene" risponde, addentando un pezzo di panino.

"Vado" affermo dopo lunghi attimi di silenzio, durante i quali ho cercato di non guardare troppo il ragazzo davanti a me mangiare, fallendo miseramente.

"D'accordo"

Tiro giù la maniglia, la cui superficie è fresca e liscia, apro la porta, esco e me la richiudo alle spalle. Sospiro, come se avessi compiuto una faticosa impresa, domandandomi se davvero mi sono agitato per così poco.

Torno nella mia stanza, e una volta lì cerco di svolgere gli esercizi assegnati dal professor Aizawa. La matematica non è mai stato il punto forte, ma fortunatamente non si tratta di esercizi complessi, motivo per cui riesco a svolgerli tranquillamente, quasi senza sbagliarne neanche uno.

Finisco dopo circa un'ora e mezza, e in preda alla noia comincio a dondolarmi sulla sedia, sperando di non cadere all'indietro, mentre volgo lo sguardo al di fuori della finestra. Il cielo è azzurro, sembra faccia caldo e c'è un bellissimo sole che splende; non ci sono nuvole a ricoprire il firmamento, ed è per questo che appare più limpido.

In seguito mi soffermo sui fumetti, ancora disposti come li avevo sistemati il giorno prima. Ne afferro uno, lo sfoglio velocemente e lo richiudo, per poi sentire la coscienza sussurrarmi che il modo migliore per sopravvivere a tutta quella noia è leggerlo.

-

L'unica pausa fatta durante la lettura è stata quella per andare in bagno, dove ho incontrato Mineta, troppo preso dalla conversazione che stava avendo con sé stesso davanti allo specchio per rivolgermi la parola.

Mi reco successivamente nella hall, certo di trovare qualcuno, scendendo ogni gradino contandolo; mi diverte, lo faccio in ogni edificio in cui sono presenti delle rampe di scale. Ora, ad esempio, sono al quarantaseiesimo, e ne mancano ancora molti prima che giunga a destinazione.

Come immaginavo, Ashido, Asui e Kaminari sono lì, intenti a cucinare. Mi avvicino a loro, e capisco che stanno preparando una torta alla vista delle fragole, della panna, della farina, delle uova e tanto altro.

"Midoriya, ti va di assaggiare?" chiede la rosa entusiasta.

Sollevo un sopracciglio, guardandola interrogativo.

"L'abbiamo appena sfornata" afferma poi, mentre indica il dolce, ora tra le mani di Kaminari, con l'indice della mano destra.

Ne tagliano una piccola parte e la porgono in un piatto, che allungano in mia direzione e che afferro, prendendo poi il pezzo tra le mani e portandolo alla bocca, per poi morderlo e cominciare pian piano a masticare.

"Allora, com'è?" chiede Kaminari.

"Buona" affermo, facendo nascere sui loro volti un'espressione soddisfatta, che li fa battere il cinque, mentre io li guardo, continuando a mangiare quella fetta dal sapore paradisiaco.

𝐆𝐥𝐢 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐠𝐠𝐨𝐧𝐨 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora