𝚌𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚜𝚒𝚡𝚝𝚎𝚎𝚗

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Midoriya's POV

"Resti qui finché non svolgi l'esercizio correttamente" insiste il bicolore, mentre, d'altro canto, le mie mani, che scrivono e cancellano da circa mezz'ora le stesse righe, sembrano chiedermi pietà.

"Ma è impossibile. È l'ennesima volta che ci provo, ma il risultato è sempre lo stesso"

"Cerca di stare più attento, ogni volta fai lo stesso errore" replica, come se avesse preparato in precedenza le parole da usare.

Poso il mio sguardo sul quell'esercizio ai miei occhi non fattibile, e provo a farlo ancora una volta, a detta mia l'ultima. Scrivo con la matita ogni passaggio senza tralasciare nulla, ma il procedimento che ne esce fuori è sempre lo stesso.

"Ci rinuncio" affermo, buttandomi all'indietro sulla sedia.

"Impaziente" sussurra il ragazzo accanto a me.

Lo guardo male, ricevendo in risposta un'espressione confusa. Ha davvero detto ciò dopo aver passato in mia compagnia un intero pomeriggio di studi o è frutto della mia immaginazione?

"Questo non puoi dirlo" rispondo poi, quasi avessi sviluppato quel pensiero a voce alta.

Fa spallucce e si butta sul mio letto, volgendo lo sguardo al comodino, dove è posta la solita fotografia.

"Perché ti tratta così?" domanda, con tono curioso.

Mi alzo, prendo la cornice circondante lo scatto e la piego verso il basso, così che non mostri più la nostra immagine.

"Non lo so" rispondo col mio solito tono freddo.

"E non mi importa più" concludo.

Punto le mie iridi nelle sue, illuminate da un fascio di luce proveniente dalla finestra, e resto così, incantato a guardarlo con la stessa curiosità di un bambino quando vede qualcosa di nuovo e bello per la prima volta. Restiamo in silenzio per un po', lasciando che i minuti passino senza che nessuno dica nulla.

"Hai un quirk davvero forte" affermo nel momento in cui avverto una sensazione di disagio.

"Vorrei saper controllare il mio come fai tu" continuo, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi.

"Finisco sempre per farmi male"

Abbasso il capo, cominciando così a guardare un punto fisso sul pavimento, mentre faccio girare tra loro i miei pollici, non appena intrecciate le mani. Immagino non sappia che dire, per questo il silenzio creatosi poco fa torna a regnare tra noi.

"Ti va di fare qualcosa?" domando.

Annuisce, per poi alzarsi.

"Ho fame" dice.

"Cuciniamo?"

"Non ho mai messo mani sui fornelli" rispondo, grattandomi la nuca.

"C'è sempre una prima volta" conclude afferrandomi per un polso, e poi trascinarmi fuori dalla porta e fiondarsi al piano inferiore; scendiamo le scale così velocemente che per poco non siamo caduti, nonostante avessimo corso il rischio per almeno cinque volte.

"Cosa prepariamo?"

"Qualcosa di dolce" risponde come se avesse già pensato a tutto.

"Prendi tre uova, duecentocinquanta grammi di farina, cinquanta grammi di cacao, centoquaranta grammi di zucchero, del latte e una bustina di lievito"

Ascolto attentamente ogni parola, così da non tralasciare nulla, e prendo gli ingredienti da alcuni dei diversi mobili che ci circondano e dal frigo.

𝐆𝐥𝐢 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐠𝐠𝐨𝐧𝐨 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora