𝚌𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚝𝚠𝚎𝚗𝚝𝚢 𝚎𝚒𝚐𝚑𝚝

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Midoriya's POV

Dannata sveglia, quasi dimenticavo quanto ti odiassi.

Afferro l'oggetto in questione e lo lancio bruscamente contro il muro, e nonostante ciò non smette di suonare. Mi tappo le orecchie a causa del suo rumore assordante e, controvoglia, mi alzo dal letto per raccoglierla e spegnerla.

Sbadiglio e la rimetto a posto, sul comodino, con la voglia alle stelle di frantumarla in mille pezzi.

Alzo la tapparella, che rivela un cielo coperto di nuvole che minaccia pioggia. Sospiro a quella vista: la pioggia mi rilassa, ma allo stesso tempo mi rende triste.

Mi preparo e indosso la divisa scolastica. Mi sembra passata una vita da quando l'ho usata l'ultima volta, e non era una sensazione che mi mancava particolarmente.

Sistemo il materiale scolastico nella cartella ed esco dalla mia stanza, recandomi in quella del bicolore. Giungo lì silenziosamente, ma una volta a destinazione, noto il proprietario della stanza vicino la porta, intento a chiuderla a chiave. Mi fermo sulle scale, in attesa che mi noti, e quando si volta il suo sguardo assonnato incrocia il mio.

"Mi aspettavi?" domanda, nonostante la risposta fosse davanti ai suoi occhi.

Annuisco e comincio a scendere qualche gradino, affiancato dopo poco da lui, che durante la breve camminata non proferisce parola.

Noto sulla cucina una busta di biscotti, perciò infilo una mano lì dentro e ne prendo alcuni. Successivamente esco dall'edificio, notando che Todoroki è un po' più avanti rispetto a me. Tuttavia, nel momento in cui si rende conto che sono rimasto indietro si ferma e si volta. Mi aspetta e, mentre lo raggiungo, noto nei suoi occhi, anche se per poco, un velo di tristezza. Gli porgo un biscotto, ma lo rifiuta.

Il tragitto è silenzioso, e mentre cammino finisco di mangiare.

Guardo l'orologio una volta giunti alla Yuuei: siamo in anticipo di quasi venti minuti, ma raggiungiamo la nostra classe a passo svelto, come se fossimo in ritardo, e sistemiamo le nostre cose ai rispettivi posti, uno accanto all'altro. Il suo sguardo è perso, fissa la finestra da quando siamo qui, e non mi presta alcuna attenzione.

"Che hai?" domando quasi spazientito.

Non risponde, ma scuote la testa, irritandomi leggermente.

"Non te lo chiederò una seconda volta" continuo.

"Come ti pare" risponde freddo, accomodandosi.

Rimango pietrificato all'udire del tono che ha usato. Non faccio più domande, ma mi siedo anch'io. Tiro fuori dalla cerniera dello zaino le mie cuffiette, che collego al telefono ed infilo nelle orecchie.

Avvio una playlist e la canzone che parte è Break your heart.

Spotify è un bastardo: quando si tratta di riproduzione casuale, non sbaglia mai. Chiudo gli occhi, per evitare che vi sfugga qualche lacrima da essi, mentre le canzoni continuano a scorrere. Quando li riapro, mancano all'incirca dodici minuti all'inizio delle lezioni, mentre io pensavo fosse passato più tempo.

Quel ragazzo è strano.

D'improvviso, poi, la mia cuffietta sinistra viene allontanata dal mio orecchio, e quando volgo lo sguardo in quella direzione, noto che è stato il bicolore a sfilarmela.

"Ti stavo chiamando" dice.

Mi riprendo la cuffietta e, poco prima di rimetterla dov'era prima che me la togliesse, sento un flebile "scusa" da parte sua. La mia attenzione si rivolge a lui, il quale ha lo sguardo basso e i pugni serrati. Questa volta, di mia spontanea volontà, levo entrambe le cuffiette e le riposo al proprio posto. Poso il capo sulle braccia, incrociate sul banco, e lo osservo.

𝐆𝐥𝐢 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐠𝐠𝐨𝐧𝐨 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora