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CAPITOLO DICIANNOVE
OGGI È UNA GIORNATA DA DIMENTICARE

La polizia era lontana, ma già il vomito cominciava a salirle

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La polizia era lontana, ma già il vomito cominciava a salirle. Aveva paura e non sapeva se iniziare a piangere o cercare di capire cosa fare con quel corpo disteso a terra. Poi le lacrime scesero da sole e inconsciamente iniziò a singhiozzare rumorosamente contro il petto di Levi: avrebbe attirato l'attenzione di tutti, ma forse era quello che voleva.

Era arrabbiata, era demoralizzata. Era tutto quello che una persona non dovrebbe essere. Si sentiva colpevole: era colpevole. Abigail ormai portava solo i suoi segni addosso. Sul seno sinistro, sul collo e sul labbro inferiore leggermente spaccato.

"Dobbiamo andarcene, vieni." sussurró Levi sulla sua testa.

"Perché? Ti prego abbracciami, Levi..."

"Abigail starei qui tutta la vita se potessi, ma non devono vederci accanto al corpo morto di questo bastardo, dobbiamo scappare."

Lei pensó a quanto le piaceva quell'uomo. Le piaceva tutto di lui, non smetteva mai di guardarlo. I suoi capelli neri, i suoi occhi blu, la sua barbetta. La sua voce grossa e profonda, strumento di mille imitazioni che la facevano ridere, che al minimo segno di insicurezza diventava un balbettio confuso. Le sue spalle larghe le davano sicurezza, affidabilità e in quel momento si sentiva protetta, una principessa dietro le mura possenti del suo castello.

Riusciva a stare meglio quando era con lui, anche se era la causa dei suoi mali, ma allo stesso tempo l'unica persona con cui riusciva a piangere a dirotto. Era serena tra le sue braccia, ne aveva bisogno, ma il corpo si rifiutava e sfoderava il solito finto sorriso. Era il suo pensiero costante. Si sentiva spaventata, aveva paura della sua mente, paura di tutto, ma soprattuto paura del futuro. Perché se fosse stato senza di Levi, non avrebbe mai saputo affrontarlo.

La porta si spalancó di nuovo, la ragazza tremó tra le braccia del corvino, terrorizzata di chi avrebbe visto. Alzó lo sguardo e con suo stupore, vide Hanji ed Erwin con delle pistole in mano. Avevano le camicie sporche di sangue, i pantaloni strappati e sporchi, il fiatone e i capelli scompigliati. "Abbiamo ucciso tutti i suoi uomini, non è rimasto più nessuno."

"Perché mi hai lasciata sola?!" sbraitó la mora contro Hanji, "Non ti ho vista più! Dove cazzo eri?"

La donna si accasció al suolo e le spostó una ciocca di capelli dal viso, ma Abigail rimase stretta al petto di Levi, usandolo come scudo. Il corvino non si mosse di un millimetro, osservó la scena e tenne le braccia attorno al suo bacino. Dopo qualche minuto non poteva fare a meno che alzare il capo, perché stava letteralmente per cadergli fra le gambe.

"L'ho fatto perché c'erano i suoi uomini ovunque, dovevamo ucciderli. Mi dispiace, Abigail..." sussurró. Si sa che la sofferenza portava molte persone a far del male, anche senza volerlo, ma Hanji non era così, lei non faceva del male a nessuno, era solo tremendamente incompresa. Abigail non si accorse che anche lei, proprio come la ragazza, stava piangendo come solo lei credeva di poter fare.

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