Il bip delle macchine dell'ospedale era particolarmente forte quel giorno. Anna lo sentiva rimbombarle nelle orecchie, ininterrottamente. Bip. Bip. Bip. Non riusciva a sentire altro che quell'odioso suono fastidioso.
I dottori l'avevano lasciata entrare quando anche Marilla li aveva supplicati: era pericoloso, ma capirono che la bambina aveva disperatamente bisogno di vederlo.
Matthew aveva gli occhi chiusi, la flebo attaccata al braccio destro. Anna riusciva a percepire la sua sofferenza anche se lui era immobile. Ogni tanto aveva un piccolo spasmo, che la faceva trasalire ogni volta. Ma non si svegliava.
Anna doveva sorridere. Doveva essere la sua roccia, il suo faro, la luce in fondo al tunnel.
"Le medicine sono proprio cattive, dico bene?" gli disse, prendendogli la mano "Però non ostinarti così, come speri di tornare a lavorare se non prendi le medicine e non guarisci? Il dottore dice che sono le migliori in circolazione. Ti stanno trattando proprio bene!"
Distolse improvvisamente lo sguardo, trattenendo le lacrime. Non reagiva, non apriva gli occhi. Non sorrideva, a malapena sembrava che respirasse. La sua pelle abbronzata e rugosa era pallida e secca. Il sorriso di Matthew che l'aveva fatta sentire accolta fin dal primo giorno che si erano visti... era spento.
"Gilbert mi tratta come una principessa, Matthew. So che hai sempre detto che saresti dovuto essere tu a scegliere il fidanzato perfetto, e i primi tempi eri sempre impacciato con lui perché avevi paura che mi portasse via da te. Non l'hai mai ammesso, ma lo so benissimo, non provare a mentirmi. Ma vorrei che tu sapessi che sono al sicuro. Gilbert è l'unico uomo al mondo che mi abbia mai fatta sentire perfetta e amata, proprio come fai sempre tu. Non sono sicura di cosa sia l'amore, ma... m-ma con lui posso essere me stessa, la parte migliore di me stessa"
Anna non sapeva che Gilbert stava ascoltando. Aveva le guance rosse, bagnate delle lacrime che scendevano dai suoi dolci occhi color nocciola, cadendogli sulla maglietta. Era accanto a Marilla, anche lei piangeva. I dottori avevano appena detto a loro due che Matthew avrebbe potuto non superare la notte. Anna non sapeva nulla.
Gilbert strinse i pugni, ma non si asciugò il viso. Rimase a guardare la sua ragazza stringere la mano di suo padre forse per l'ultima volta.
Jerry stava lavorando. Era a torso nudo, con il sole che faceva brillare il sudore della sua pelle come se questa fosse stata tempestata di dimanti. Jerry sentiva le palpebre pesanti, i muscoli erano tesi e doloranti. Aveva lavorato senza sosta tutta la mattina, senza toccare cibo o acqua. Lo aiutava a distrarsi, stava cercando di non pensare a Matthew.
Marilla l'aveva chiamato per dargli la triste notizia, e per poco non aveva fatto cadere il telefono.
"N-no, no" aveva sussurrato, sbarrando gli occhi "L-lui starà bene, non... NO!"
Si era rifugiato nelle stalle, e aveva subito cominciato a strigliare il cavallo del signor Cutberth, poi era passato alle piantagioni. Il calore del sole e le braccia stanche lo facevano faticare più del solito, ma non aveva osato fermarsi. Se l'avesse fatto, la mente gli si sarebbe riempita di pensieri, di paure, di illusioni. Sì, di illusioni. Aveva imparato sulla sua pelle quanto le moine dei dottori e le speranze dei deboli fossero solo illusioni. Aveva smesso di illudersi.
Colpì con la vanga una zolla di terra, i muscoli tesi per lo sforzo. Colpì di nuovo, e ancora, ancora, sempre con più forza, sempre urlando più forte. Quando si sentì esausto, si gettò a terra, lanciando un urlo che gli squarciò la gola. Chiuse gli occhi guardando il cielo, mentre le lacrime venivano inghiottite dalla terra fresca e dall'erba verde.
La nonna Jenna aveva sempre il sorriso sul volto. Aveva gli occhi chiari, la pelle color caramello e profonde rughe di saggezza le rugavano il dolce viso stanco. Amava stare all'aria aperta e raccontare storie, ma era anche un'ottima cuoca: la sua zuppa di verdure era famosa in tutto il vicinato. Jerry l'aveva sempre paragonata al sole: irradiava calore e felicità su chiunque ella posasse gli occhi.
Era rimasta vedova a 70 anni, e da allora portava sempre la collana del matrimonio al collo, stringendola come se fosse la cosa più preziosa che ci potesse essere. Jerry le chiedeva spesso storie sul nonno Ben, sulle sue avventure: Jenna, allora, gli accarezzava i capelli e lo prendeva in braccio, e cominciava. Ben era un marinaio, e aveva una grandissima barca tutta sua.
"Diceva sempre che, se non avesse sposato me, si sarebbe sposato con l'oceano!" soleva ripetere lei, facendo ridere chi l'ascoltava.
Aveva fatto molti viaggi, e aveva incontrato persone provenienti da ogni parte del mondo: aveva visto gli arabi, gli americani, gli indiani, gli asiatici, era persino arrivato in Antartide, nei poli artici. Ben e Jenna si erano incontrati per la prima volta al molo del porto di Lemière, poco lontano da Marsiglia.
"Era appena tornato dall'Argentina, dopo un viaggio durato settimane. Io ero andata al porto insieme alle mie amiche per vedere le grandi navi di cui tanto sentivamo parlare nei libri, e lo vidi mentre scaricava le merci. Aveva la pelle scura e abbronzata. Era muscoloso, con le spalle larghe, ed era molto alto, le persone che lo guardavano poi riabbassavano lo sguardo, intimorite dal suo aspetto da orso. Poi, però, si è girato verso di me. E mi ha sorriso"
Jerry chiedeva di poter ascoltare questa storia ogni volta che vedeva la nonna. Si immaginava il nonno orso, burbero e altissimo, proprio come un supereroe. Era morto quando era ancora molto piccolo, e se lo ricordava a malapena. Si ricordava i suoi occhi chiari, azzurri come l'oceano profondi come il mare.
"Mi ha sorriso... e ho visto che dietro i suoi occhi chiari ospitava un animo gentile e buono. Me ne sono subito innamorata" concludeva il racconto Jenna, sospirando dolcemente "Ricordati, Jay-jay. Non innamorarti dell'aspetto di una persona. Innamorati della sua anima, dei difetti che nasconde, delle sue qualità più remote. Solo le persone migliori riescono a farlo"
Da piccolino non capiva quelle parole: gli sembravano complicate, troppo grandi, gli si impigliavano in bocca. La sua espressione confusa faceva ridere la nonna.
Steso sull'erba, ricordava ancora la nonna Jenna in quel modo, col sorriso con le labbra. E Ben che, con le sue grandi braccia da orso, la proteggeva dal cielo. Si chiese come mai gli fosse tornata in mente il racconto dei suoi nonni proprio in quel momento. Poi comprese. E pianse. Il signor Cutberth era stato il nonno amorevole e gentile che Jerry non aveva mai avuto.
"S-sai, Matthew, io non so davvero come andrà avanti Green Gables senza di te" disse Anna, trattenendo con forza le lacrime "Jerry probabilmente avrà già fatto scappare i cavalli, e le piantagioni saranno ormai morte di sete"
Anche Marilla rise fra i singhiozzi, mentre Gilbert le stringeva la mano:
"Abbiamo bisogno di te, Matthew, quindi non andare. Adesso arriverà la primavera, potremo andare al Lago dalle Acque lucenti a fare un bel pic nic! Oppure andremo al mare, raccoglieremo i fiori, cavalcheremo al tramonto! Destiny non vedrà l'ora"
Marilla sobbalzò, e corse fuori, trattenendo il respiro.
"Non ce la faccio..." sussurrò fra i singhiozzi. Gilbert le corse dietro, e la portò a prendere una tazza di té.
Anna si sentiva svenire.
"Sai, Matthew, io mi sto sforzando tantissimo in questo momento. Sto cercando di non piangere. Sto cercando di non urlare, e sto cercando di non cadere. Mi sento.... mi sento come se avessi dentro uno tsunami. Una grande onda che mi sta prosciugando le forze. Lotto, continuo a lottare per non caderne in balia, ma non-" le si incrinò la voce "N-non... non riesco ad alzarmi senza di te".
Lo tsunami cominciò ad avanzare. Le si chiusero le palpebre, le lacrime cominciano ad uscire indisturbate. Le grida di dolore sono intrappolate in gola, le parole da dire sono così tante che si bloccano sulla punta della lingua. Si mescolano, si intrecciano. Anna sentiva l'acqua annebbiarle la vista. L'ancora che voleva essere per Matthew era troppo fragile, il faro aveva la luce fioca, quasi invisibile nella fitta nebbia degli schizzi.
"Promettimelo" sussurrò Anna, buttandosi su di lui, stringendolo forte. Le sue lacrime si mescolarono all'acqua dello tsunami, i suoi capelli le inghiottirono, i suoi vestiti si macchiarono.
"Promettimi che tornerai da me... papà"
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Nessuna è come te - Chiamatemi Anna
RomanceImmaginatevi lo scenario e i personaggi di "Chiamatemi Anna" ai giorni nostri, ma con qualche differenza: E se Billy Andrews non fosse il ragazzo stronzo? E se Gilbert fosse fidanzato all'arrivo di Anna? E se la storia di Diana e Jerry avesse un'alt...