Una Giornata Speciale

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Dolcezze è un piccolo caffè con una piccola terrazza affacciata sul fiume. Da ragazzi ci venivamo quasi tutte le domeniche mattina, mentre i nostri genitori erano convinti che eravamo a messa, noi tre prendevamo l'autobus e venivamo a fare colazione. Ho sempre adorato questo posto. Sembra una gigantesca casa delle bambole. Per non contare la vastità di dolci e dolcetti che preparano, accompagnati da caffè di tutti gli aromi, tisane e tè di tutti i profumi, cioccolate di ogni gusto e colore. Insomma, il paradiso del peccato!
La terrazza è deserta, la gente sembra aver paura del tocco del sole, io invece potrei stare delle ore a scaldarmi sotto i suoi luminosi raggi.
"Un posto all'ombra non c'era?"
"Si, il tuo. C'è il sole solo da questo lato del tavolo rompi palle." Gli dico facendo una linguaccia.
"Elegante!" dice ridendo.
"Che cosa mi hai preso?" chiedo assaporando con lo sguardo le delizie davanti a me.
"Latte freddo aromatizzato al caramello e cannella, senza zucchero, visto la tua stupida dieta, e dolcetti alle mele e limone, naturalmente anche questa versione a basso contenuto di zuccheri!"
"Grazie" dico stendendo le braccia per prendere il mio vassoio già con l'acquolina in bocca.
"Io mi sono preso un caffè nero aromatizzato alla menta con un quintale di zucchero, e qualche muffin" dice con lo sguardo di un bambino il giorno di natale.
"Shan, io starò anche troppo attenta alla linea, ma tu sei decisamente esagerato! Che cosa hai fatto? Hai svuotato completamente la vetrina? Ne hai lasciato qualcuno agli altri clienti? E' indecente la quantità di cibo che tu e tuo fratello siete in grado di ingurgitare!" dico sarcastica.
"Non c'è nulla di più buono di questi muffin!" mi dice prima di scagliarsi su un dolcetto color fragola. Mi sembra un bimbo, è tanto dolce quando fa così, mi ricorda le mattinate nascosti qui dentro. Anche quando eravamo una coppia venivamo qui spesso, come se quel posto fosse solo nostro, potevamo starci delle ore, io a leggere e lui a scattare foto al paesaggio e alle persone che ci circondavano. Senza contare la miriade di foto che mi scattava ad ogni ora del giorno e della notte. Non si stancava mai di farne, non so più nemmeno quante ne avrà e dove siano finite. Era tutto così perfetto in quegli anni.
"Che c'è, sono sporca?" chiedo incuriosita.
"No" dice sorridendo e abbassando lo sguardo.
"Shannon non mi prendere in giro! Non è che mi fai girare per la città con la faccia ricoperta di cioccolato come hai già provato a fare mille volte!" dico spazientita in preda al panico perché non ho fazzoletti e non ci sono più salviettine sul tavolo.
"Beh eri carina con la bocca sporca di cioccolato e panna!" dice ridendo.
"Shannon!" urlo.
"Hai degli occhi bellissimi. Potrei stare delle ore incantato a guardarli. Il sole li fa brillare ancora di più" dice abbassando nuovamente lo sguardo sul tavolo. Non riesco a dire nulla, riesco a fare solo un timido sorriso prima di abbassare lo sguardo a mia volta.

La mattinata passa tranquilla, dopo l'abbondante colazione, siamo andati a fare un po' di shopping in centro, il mio armadio piange.
Abbiamo cominciato da un negozio di costumi nel quale Shannon non sapeva più dove guardare per quante ragazzine mezze nude giravano, mentre io disperata cercavo un costume che quanto meno coprisse l'essenziale. Dopo un'ardua caccia al tesoro ho comprato un bikini verde smeraldo con un medaglione dorato che tiene insieme le due coppe del reggiseno, e perline d'orate che cadono dai lacci dello slip. Quando sono uscita dal camerino, il suo sguardo mi ha fatto capire che il costume è decisamente ok. Guardandomi attorno, non posso fare a meno di chiedermi se le scuole hanno già aperto le gabbie visto quante ragazzine sculettano davanti a Shannon, meglio che mi dia una mossa.
Nel negozio sportivo accanto, Shannon si è comprato un paio di scarpe da tennis bianche leggere per poter sentire meglio i pedali sotto i piedi quando suona la batteria. Io resto convinta che il modello sia da donna, ma contento lui...
Una camicia scozzese azzurra ha attirato immediatamente la mia attenzione e nell'arco di cinque minuti è finita in un sacchetto tra le mie mani per Jared, che ha telefonato già tre volte in mattinata.
L'ultima chiamata era per informarmi che stava portando Nim e Beethoven a fare un giro dopo che avevano appena fatto cadere la torta appena fatta da mia madre per me per colazione.
Per pranzo abbiamo mangiato in un sushi bar che Shan adora da sempre. Venivamo spesso da ragazzi a Shreverport, prima della patente ci muovevamo spesso con il pullman. Qui non ci conoscevano come a casa, quindi potevamo girare tranquilli senza che la gente ci guardasse incuriosita. E poi, non posso dimenticare che qui c'è Da Jack. il negozio di dischi più bello che io abbia mai conosciuto, gestito da un signore che all'epoca, aveva davvero un sacco di storie da raccontare sui nostri gruppi preferiti, Led Zeppelling, Rolling Stone, AC/DC. Vantava di averli seguiti spesso in giro per gli Stati Uniti, ed aveva sempre un sacco di aneddoti simpatici da raccontare.
"Jack è ancora vivo?" chiedo mentre passeggiamo in riva al fiume.
"Perché dovrebbe essere all'altro mondo? Avrà forse 10 anni più di noi!"
"Solo 10? Oddio, ma da bambina lo vedevo come un gigante!" dico perplessa.
"La realtà è che sei sempre stata piccoletta!" dice sorridendo.
"Parla il gigante! Ci andiamo? Ho una voglia matta di vederlo! E poi magari trovo qualche vinile interessante! Nelle grandi città sono sottovalutati!"
"Nessun problema, volevo farci un giro anche io. E poi vestita così potresti chiedermi di tutto!" mi dice sorridendo.
"Attento, ti prendo in parola!" già sto tramando un piano malefico.
"Fai pure, non ho paura di niente!" dice sfidandomi.
"Faccio una chiamata a Jared, torno subito" dico misteriosa.
"Aspetta che c'entra lui adesso? Voi due assieme mi fate venire i capelli bianchi! Cristine! Torna indietro!" mi urla mentre prova ad inseguirmi.
"L'età per i capelli bianchi si avvicina!" urlo correndo mentre faccio il numero del fratello.
"Cristine!"
"Pronto, Jared? Ideona per stasera...".

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