Capitolo14

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ATTENZIONE

⚠️CAPITOLO LEGGERMENTE SMUT. ⚠️

SE RECA FASTIDIO ANDARE OLTRE.

Dopo che Shoto si addormentò sul divano, io mi sedetti sulla poltrona accanto a lui. Ovviamente non lo avrei lasciato solo in quello stato, anche se mi ha fatto male. Ha fatto più male il suo discorso che la presa al mio polso di Togai quel giorno. Cosa gli ho fatto per meritarmi quelle brutte parole? Gli sono sempre stata accanto, sin dalle superiori anche se lui mi ignorava palesemente. Mi sono aperta a lui, gli ho detto che gli sarei stata vicina e lui... si lo so che fosse colpa dell'alcool, che forse non voleva dirmi quelle cose, ma è come se mi avessero pugnalata al cuore. Io non pretendo niente da nessuno, solo Jirou e Denki sanno dei miei sfoghi e non mi hanno mai giudicata, non penso che la mia vita faccia schifo. Ognuno di noi ha i propri problemi, chi più grandi e chi più piccoli, ma nessuno deve giudicare. Siete d'accordo con me?

Dopo essermi assicurata che lui stesse bene, mi accucciai su quella poltrona e mi addormentai anche io.

A causa del mal di collo, causato dalla poltrona scomoda, mi svegliai. Guardai l'orologio appeso in soggiorno e vidi che fossero le 8.00, neanche troppo presto. Shoto continuava a dormire, rimase nella stessa posizione di quando si è addormentato. Mi alzai e andai in cucina per preparare la colazione, anche per lui. Presi del latte e iniziai a riscaldarlo, preparandogli anche una tazzona di caffè e una aspirina per riprendersi.

"M-Momo?" sentì la sua voce provenire dal soggiorno, poi lo sentì scappare verso il bagno più vicino. Sicuramente avrà bevuto così tanto che ora gli torna tutto su. Sistemai la tavola mettendo per lui la tazza di caffè e il bicchiere con la medicina. Misi anche dei biscotti se avesse voglia di mettere qualcosa nello stomaco, ma non ci speravo molto. Io mi sedetti sulla sedia e lo aspettai. Lo sentivo vomitare dal bagno, ma non avevo nessuna voglia di andare da lui. Sentì lo scorrere dell'acqua del lavandino e frugare dentro i cassetti. Poco dopo apparve in cucina, con gli occhi gonfi e l'angolo della bocca sporco di dentifricio. "Sei sporco" indicai sulla mia bocca il punto in cui lui fosse sporco. Si sedette a tavola e si pulì. Portò i capelli all'indietro e si stropicciò la faccia.

"Mi ricordo poco di quello che è successo ieri, però non scordo il tuo sguardo, Momo"

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"Mi ricordo poco di quello che è successo ieri, però non scordo il tuo sguardo, Momo". Tenni lo sguardo basso, non volevo guardarlo. Sorseggiavo il mio caffè latte senza emettere parola. Inzuppai qualche biscotto e lui iniziò a bere il caffè per riprendersi. "Puoi parlarmi?" io continuai a stare zitta, finito il latte mi alzai per mettere la tazza nel lavandino, lui si alzò e venne verso di me. Mi prese per i fianchi e mi girò nella sua direzione, io senza pensarci gli tirai uno schiaffo e lui si spostò da me guardando in basso.

"Volevo farlo ieri sera, ma non te lo saresti ricordato. Ora invece lo ricorderai, e anche bene" misi le braccia conserte e lui rialzò lo sguardo, era uno sguardo vuoto.

"Momo, io-" lo interruppi subito.

"Momo io un cazzo. Vieni qui da me, ubriaco da far schifo, avevo il volta stomaco solo a starti vicino per quanto puzzassi, ti sono stata accanto. Poi hai iniziato ad inveire contro di me, solo perché hai letto che i miei non ci fossero ed io ti ho detto che volevo andarmene di casa, per essere indipendente. Hai detto cose poco spiacevoli sul mio conto, che io mi sento chissà chi che penso che la mia vita faccia schifo perché i ragazzi mi guardano le tette. Ma ti rendi conto di cosa hai detto? Io come cazzo mi dovrei sentire ogni volta che esco non fanno altro che guardare il mio seno e nessuno i miei occhi. Solo tu, solo il cretino che ho davanti mi guarda negli occhi, sempre e solo negli occhi" mi infuriai, iniziai ad urlargli contro e sapevo avesse anche mal di testa, che avrebbe voluto dirmi di abbassare la voce, ma non lo fece. Presi un respiro profondo, mi calmai, rilassai i miei muscoli e mi avvicinai a lui. Lo strinsi in un forte abbraccio, lui poggiò il viso sulla mia spalla e lo sentì rilassarsi. "Detto questo, io amo la tua cicatrice, ti rende così raro e speciale che vorrei che nessuna ti guardasse oltre me. La storia di tuo padre e tua madre già la sapevo, me la raccontasti in una giornata di pioggia a casa tua mentre non capivamo matematica. Però quel giorno quando ti dissi di farti aiutare da me mi dicesti di non aver bisogno dell'aiuto di nessuno e me ne andai. Ma questa volta non lo farò. Ok?" sciolsi l'abbraccio e gli presi il viso tra le mani, lui mi accennò un sorriso dispiaciuto ed io gli baciai la fronte.

quadrifoglio || todomomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora