Due giorni dopo Ash sembra stare meglio, anche se continua a stare in ospedale. I medici hanno detto che tra circa una settimana, se le cose dovessero rimanere così, potrà tornare a casa. Non potrà, però, fare sport per un po', né andare a scuola. Ci siamo già messi d'accordo che dopo scuola andrò ogni giorno da lui per dirgli gli ultimi gossip e passargli gli appunti.
«Ti sta bene la mia camicia addosso.» Fa un occhiolino Ashton, sorridendo appena.
Alzo gli occhi al cielo. Ho di nuovo dormito in ospedale dopo essere tornata ieri a casa per poco, però mi sono dimenticata il cambio, perciò Anna mi ha dato una delle camicie che aveva portato per suo figlio. «Sembro uno gnomo con una tunica gigante addosso. Quando sei cresciuto così tanto?»
Ashton ridacchia, facendomi segno di sedermi vicino a lui. Non ha più nessun filo collegato a macchine d'ospedale e riesce anche a mettersi seduto sul letto da solo. «Tu adesso ti lamenti, ma almeno hai uno schiavo che ti prende le cose ai reparti più alti nel supermercato.»
Lo guardo male, anche se in realtà è vero. Alcune volte lo chiamo quando sto facendo i cambi di stagione così mette lui le scatole sopra il mio armadio. «In effetti sei utile. Ogni tanto.» Lo prendo in giro, prendendomi una gomitata nello stomaco.
Ridiamo entrambi e Ash addolcisce lo sguardo. Mi sembra ancora surreale che si sia svegliato dopo così tanti giorni passati a vederlo in coma su un letto d'ospedale. «Ora devo andare.» Gli dico, lasciandogli un bacio sulla fronte. «Ci vediamo domani.»
«Divertiti con la zebra.» Alza gli occhi al cielo, non sforzandosi neanche di sorridere. Inarca un sopracciglio. «Ma non troppo, per favore.»
Rido perché si sta comportando peggio di mio padre e lo saluto di nuovo con la mano prima di uscire dalla sua stanza. Ho chiesto a Martin di vederci perché gli devo delle scuse e, soprattutto, perché non è giusto come mi sto comportando. L'ospedale, essendo in un piccolo paese, è praticamente al centro. Vado a piedi fino al posto di incontro con Martin, vicino al lago dove ho passato il mio compleanno. È un posto calmo, perfetto per parlare.
L'aria fresca mi raffredda le mani, che infilo nelle tasche anteriori dei jeans. Mi piace la compagnia di Martin e gli voglio bene, ma è stato sbagliato dall'inizio pensare di usarlo in quel modo. Lui probabilmente starà facendo lo stesso con me per Aubrey, ma non è questo quello che si deve fare per dimenticare un'altra persona.
Lui è poggiato ad un albero, la testa rivolta verso l'alto. Mi schiarisco la voce per avvisarlo del mio arrivo. Mi sento mortificata per come mi sono comportata e di certo non se lo meritava. Avrei almeno dovuto rispondere ad uno dei suoi messaggi o ad una chiamata. Anche scrivergli solo "sto bene, ho bisogno un po' di tempo". Invece niente. Finché Ashton non è uscito dal coma, c'era solo lui nella mia testa. «Ciao, Kenzie.»
Al suo posto mi sarei mandata a quel paese o, comunque, non mi tratterei in modo amichevole. Invece Martin si avvicina e mi abbraccia, stupendomi. Ci metto qualche secondo a ricambiare l'abbraccio, chiudendo anche gli occhi. Sarebbe più facile se mi piacesse lui e non quel cretino del mio migliore amico. Quest'ultimo, tanto, ha solo Anita nella sua testa e dubito che questo cambierà. «Dobbiamo parlare.» Gli dico, separandomi dal suo abbraccio.
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Stand by me
RomanceCooperatori per il giornalino della scuola, passione per il basket e un talento innato per pedinare le persone senza farsi beccare sono solo le caratteristiche principali dell'amicizia di Ashton e Mackenzie, migliori amici dalla prima elementare. S...