Quando apro gli occhi il braccio di Ashton mi sta ancora stringendo la vita. Il suo respiro è regolare e arriva fino alla mia guancia. Per un attimo mi dimentico che dovrei essere arrabbiata con lui, ma tutta la rabbia sfuma a ricordarmi le dolci parole di ieri. Ti amo.
Mi scosto, cercando di non svegliarlo e mi alzo in piedi. Mi aggiusto i capelli con le mani, cercando poi di legarli in una coda. Se andassi ora in bagno dovrei accendere la luce e sveglierei Ash. «Buongiorno.» Biascica, però, proprio lui. Ha ancora la voce impasta dal sonno e mi scappa un sorriso. Mi costringo a smetterla e ringrazio l'oscurità per non averglielo fatto notare.
Lui non può sapere però che è già in parte perdonato. Quello che ha detto mi ha ferito ed anche tanto. «Ciao.» Cerco di avere un tono freddo, distaccato. Per rendergli bene l'idea, mi chiudo in bagno. Mi sciacquo la faccia, mi pettino davvero i capelli e li lego in una crocchia disordinata. Perdo cinque minuti abbondanti che passo a pensare. Sono stanca di litigare con lui per delle stupidaggini, prima di quest'anno non litigavamo per praticamente niente. Forse abbiamo sbagliato a metterci insieme? Forse non siamo destinati, funzionavamo meglio da amici? Ma non si può tornare indietro, ora. Provo troppo con lui perché ritorni semplicemente ad essere il mio migliore amico.
Quando ritorno in camera, trovo Ashton seduto sul bordo del letto e ancora un'espressione stanca. Ha aperto le persiane, perciò c'è luce, ed ha anche già fatto il letto. Quello che attira la mia attenzione, però, è che ha già messo le scarpe. Mi si chiude lo stomaco in una morsa. «Te ne stai andando?»
«No.» Corruga la fronte, poi si guarda le scarpe come se fosse la prima volta che le indossasse. «Però non sapevo se tu volevi che me ne andassi.»
Devo trattenere una smorfia. Ovvio che non voglio che se ne vada dopo che mi ha ignorato per due giorni. «Resta.» Mi stringo nelle spalle. «Dovremmo parlare, comunque.» Annuisce e mi metto seduta sul letto, con la schiena poggiata sulla tastiera. Ashton rimane seduto sul bordo, non si sfila neanche le scarpe.
Il mio ragazzo e migliore amico mi guarda negli occhi. Sembra impassibile. «Se ti aspetti che io ti chieda scusa per averti detto di andare ad Harvard senza di me ti sbagli.» Sospira e abbassa lo sguardo. «Ma ti chiedo scusa per come ti ho parlato. Sono stato un bastardo e non te lo meriti.»
Lo guardo sorpresa, non sapendo bene cosa dire. Quindi aspetto che continui. «È che mi sentirei un vero schifo se rinunciassi ad uno dei college migliori a causa mia. Non puoi rinunciare a quello per me, capisci? Non è corretto. Tu ce l'hai fatta, non devi dire di no solo perché io non sono entrato.» Al suo posto vorrei anche io che lui andasse, ma ci sarebbe una parte di me -più egoista- che vorrebbe andare in qualche altro posto con lui. «Ma non volevo davvero dire che ci saremmo lasciati tra qualche giorno o cose del genere. Ti pare, Apple? Volevo solo che ti sentissi, purtroppo, ferita così mi avresti mandato a quel paese e avresti accettato l'ammissione ad Harvard.»
Accenno un sorriso e mi avvicino, strisciando con le ginocchia per muovermi. Gli prendo il volto con le mani, le gambe che sfiorano le sue, e mi accovaccio un po' in modo da guardarlo negli occhi. «Ascoltami attentamente, idiota.» Non voglio insultarlo sul serio, ma di solito lo chiamo così. «Noi siamo un pacchetto completo, okay? Se non prendono Ashton, non prendono neanche Mackenzie. Harvard era il nostro obiettivo, nostro, e non fa niente se non ce l'abbiamo fatta entrambi. Ci cercheremo qualcos'altro. Ma io non desidero nient'altro se non stare con te ogni giorno della mia stupida esistenza.»
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Stand by me
RomanceCooperatori per il giornalino della scuola, passione per il basket e un talento innato per pedinare le persone senza farsi beccare sono solo le caratteristiche principali dell'amicizia di Ashton e Mackenzie, migliori amici dalla prima elementare. S...