Capitolo 25

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«Sono stata accettata!» Sventolo la lettera di Harvard con un sorriso sornione e scendo le scale con la delicatezza di un elefante

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«Sono stata accettata!» Sventolo la lettera di Harvard con un sorriso sornione e scendo le scale con la delicatezza di un elefante. «Sono stata accettata ad Harvard! Ad Harvard!»

Mamma e papà si guardano e battono il cinque, poi ridono quando notano il ballo della vittoria che mi sto inventando. L'attimo dopo si stanno congratulando con me e mi abbracciano. «Grazie.» Mi salgono le lacrime agli occhi dalla gioia e non ho neanche finito di leggere la lettera. Mi sono fermata a "signorina Foster, siamo lieti di informarla che è stata accettata..." e poi ho urlato così forte che probabilmente domani non avrò più voce. «Stasera andiamo a festeggiare al ristorante! Non voglio scuse.» Tocco la guancia di papà, che sta già annuendo.

Ha un sopracciglio inarcato. «Invita anche il tuo ragazzo, no? Sarà la nostra prima cena ufficiale.» Mi viene da ridere. Quando sono entrata in palestra per vedere la partita dei ragazzi mi ha lanciato un'occhiataccia che in un'altra situazione mi avrebbe fatto tremare le gambe, ma ora si è decisamente abituato all'idea.

Ash dovrebbe essere tornato a casa più o meno nel mio stesso momento, e anche a lui è arrivata la lettera. Però non mi ha scritto niente, forse ha troppa ansia per aprirla. Io l'ho fissata per dieci minuti prima di riuscire a fermare il tremolio alle mani. «Glielo vado a dire dal vivo, allora.»

Mamma lascia una gomitata a papà. «Non festeggiate troppo.» Rido e non rispondo, troppo felice per mandarli persino a quel paese. Lascio la lettera all'ingresso, tanto probabilmente domani la appenderò in camera, e mi chiudo la porta alle spalle. Sono così felice che neanche prendo la giacca, perciò corro praticamente verso casa di Ashton.

Due minuti dopo sono lì e non vedendo la macchina di Anna entro come se fosse casa mia. A mia discolpa lo fa anche l'imbecille. Ho perso il conto di tutte le volte che andavo a farmi la doccia e mettevo la musica a tutto volume e poi mi ritrovavo il mio migliore amico seduto sul mio letto a giocare con il telefono come se niente fosse. Una volta, presa dallo spavento, gli avevo anche lanciato il mio beauty-case in testa. Ha avuto un bernoccolo per un paio di settimane, sulla fronte, ma fortunatamente i capelli glielo nascondevano. «Ashton!» Lo chiamo, dato che non é in salotto. Salgo le scale a due a due, ma mi fermo sulla soglia della porta quando lo trovo seduto alla scrivania, lo sguardo nel vuoto e gli occhi lucidi. Non credo mi abbia sentito. «Ash...» Mormoro, arrivando dietro di lui. Metto entrambe le mani sulle sue spalle e lui sospira rumorosamente.

Lancio un'occhiata alla lettera piegata sulla scrivania, ma proprio perché è stata richiusa non riesco a leggere niente. Non che serva poi così tanto: ho già capito che non c'è scritto nulla di positivo. «Non sono stato preso.» Sussurra, senza neanche girarsi. «Mi hanno messo in lista d'attesa.»

Quasi caccio un sospiro di sollievo. C'è pur sempre una possibilità. «È meno grave di quel che pensi, Ash.» Cerco di rassicurarlo e solo in quel momento mi rendo conto di aver detto la cosa sbagliata.

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