Su di noi

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Un fulmine non cade spesso due volte nello stesso punto, è una cosa che capita una sola volta nella vita, anche se sembra di continuare a provare quello shock molto spesso, prima o poi il dolore scompare, lo shock svanisce. E cominci a guarire, a riprenderti da qualcosa che non hai neanche visto arrivare. Ma a volte le probabilità sono a tuo favore. Se sei nel posto giusto al momento giusto, puoi ricevere un colpo tremendo e avere ugualmente la possibilità di sopravvivere.

Passò soltanto una settimana da quando ero a Milano, ma a me sembrava un'eternità, quei tre mesi sembravano eterni.
Mi faceva piacere stare un po' con mia madre, ma quella non era la vita che desideravo.
Abitava in una villetta con un solo appartamento, schierata con altre villette uno affianco a l'altra.
Stella mi mancava da morire, ogni sera facevamo una videochiamata, ma volevo stare accanto a lei per toccarla, baciarla e respirare il suo profumo che sapeva di vaniglia, che a me faceva impazzire.

Il corso di aggiornamento era una palla al piede, trattavano vari argomenti: sulle malattie e patologie dell'apparato locomotore e scheletrico, sulle varie fratture delle ossa dell'anziano e del bambino.
Tutte cose che già sapevo alla perfezione, ma il mondo della scienza va avanti e quindi bisogna sempre approfondire.
A Stella sarebbe piaciuto tantissimo, lei aveva ancora molto da imparare.
Dovevo anche fare da insegnante ai medici specializzandi in chirurgia, durante lo stage.
Ed erano dei veri e propri somari, sapeva più cose Stella di loro, ed era solo un'infermiera.

Tutto ciò si svolgeva nell'ospedale di Riabilitazione Ortopedica, San Marco di Milano. Era un istituto abbastanza grande, era disposto di nuovi macchinari a noi sconosciuti.
Il reparto di ortopedia era più ampio di quello del Sacro Cuore, perché era tutt'uno con il reparto di riabilitazione, la palestra era immensa.

Oltre a me c'erano vari medici specialisti in chirurgia ortopedica, c'era anche una mia vecchia fiamma, conosciuta ai tempi dell'università la dottoressa Maria Martini.
Aveva degli occhi di colore verde scuro, portava i capelli lunghissimi e mossi, ed erano di un colore rosso chiaro, che sapeva avvolgergli con una semplice penna alla perfezione.
Era una donna molto affascinante, di due o tre anni meno di me.

"Ciao Angelo come stai? Ti vedo in gran forma!" Mi annuì appena mi vide.

Ero imbarazzato, ma non volevo fare una figura di merda davanti a lei, così con coraggio riuscii a dirle: "Ciao Maria ne passato di tempo, io sto alla grande. Te piuttosto come stai?"

Prima di rispondermi mi fece uno sguardo penetrante, i miei occhi erano come se si rispecchiassero nei suoi, ed ebbi come brivido che mi spaventava.

"Sto abbastanza bene Angelo, diciamo che mi sono ripresa dopo la scomparsa di mio marito Guido" mi confessò abbassando lo sguardo.

Non volevo credere a quelle sue parole, suo marito era un mio grande amico. Ed era anche lui un medico, ma di medicina generale.
Io e lui eravamo coetanei, frequentavamo tutti e tre la stessa facoltà.
All'epoca io ero fidanzato con Maria, ma lui me la portò via, nonostante ciò, la nostra amicizia continuò ugualmente.
Dopo qualche anno conobbi Elsa e andai a vivere a Roma con lei, perdendo ogni contatto con loro.

"Mi dispiace tantissimo per Guido, io non lo sapevo! Com'è successo se posso chiedertelo?" Le manifestai sconvolto.

Lei aggiustandosi i capelli, cominciò a dirmi: "Guido mi ha lasciata due anni fa, si è tolto la vita. Cadde in una bruttissima depressione, dopo che alcuni suoi pazienti che lui aveva in cura morirono" e scoppiò a piangere.
Volevo darle tutto il mio appoggio, così le diedi un forte abbraccio stringendola a me, che lei ricambiò calorosamente.

In quel momento così doloroso, non mi resi conto di quello che stavo per dirle.

"Calmati tesoro, ci sono io ora accanto a te. Guido sarà sempre nei nostri cuori" e le asciugai le lacrime.

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