Il nipote ballerino

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Era passato un mese dalla mia partenza, il corso di aggiornamento e lo stage degli specializzandi stavano quasi finendo, forse me ne sarei andato via prima. Anche se mi dispiaceva lasciare mia madre, ma non tanto mia sorella.

 Io e lei andavamo sempre d'accordo, da piccoli la proteggevo  sempre dai bulli, la aiutavo a fare i compiti, ero un bravo fratello maggiore. 
Poi diventati adulti, è cambiato tutto non siamo più riusciti a capirci.
Lei si innamorò di un uomo che a me non piaceva, era un delinquente, faceva uso di droghe. Ma lei era convinta che lo avrebbe cambiato, stava studiando per diventare assistente sociale, e lui era il suo caso affidato.

Una volta laureata si sposarono perché lei era rimasta incinta, lui sembrava cambiato, aveva anche un lavoro come magazziniere. Ma io non ero ancora d'accordo della loro unione, sapevo che lui non sarebbe mai cambiato.
Dalla loro unione nacque mio nipote Flavio, era sempre stato un bambino tranquillo, da piccolo aveva la passione per la danza, voleva diventare un grande ballerino, come il suo idolo Roberto Bolle.

Da quello che mi raccontò mia madre, Flavio frequentò la "SPID Dance Academy" la Scuola Professionale Italiana Danza, di Milano.
Una volta finita la scuola si trasferì per continuare i suoi studi da ballerino professionista in Francia, alla scuola di danza dell'Opéra di Parigi, che oggi è considerata come la migliore al mondo.
Ero davvero orgoglioso di lui, il mio primo e unico nipotino stava per realizzare il suo sogno.

Mentre quel disgraziato del padre aveva lasciato mia sorella, sei anni fa. Aveva ricominciato il suo vizio di assumere sostanze stupefacenti, andò insieme ad un'altra donna peggiore di lui.
Non si è più avuta alcuna notizia da parte sua, ma, da una parte, meglio così.
Mio nipote non meritava di crescere con un uomo del genere.
Mi dispiaceva per mia sorella, io le ho sempre detto di lasciarlo perdere, di conseguenza, capii il motivo per cui era sempre così scontrosa con me.

Una sera, mentre ritornavo a casa da mia madre, chiamò mio nipote, dicendo che sarebbe ritornato per uno spettacolo di danza alla Scala di Milano. Si trattava di un grande spettacolo teatrale di danza classica, dove sarebbe intervenuto anche Roberto Bolle.

Ero molto contento di rivederlo, l'ultima volta che lo vidi era ancora minorenne, ma era cresciuto, aveva già vent'anni.
Quella sera stessa chiamai Stella per darle la notizia, volevo che venisse a Milano per stare un po' insieme, così avrebbe conosciuto anche Flavio.
Ma al telefono notai che era strana, come se volesse dirmi qualcosa, ma non aveva il coraggio.
Accettò con entusiasmo il mio invito, mentre parlavo con lei, tremavo, pensando a come avesse reagito se avesse saputo che ero andato a letto con la dottoressa Martini, ma non doveva venirlo a sapere assolutamente.

Per non mandare Stella da sola, chiesi a mia figlia Morgan di venire insieme, era anche un modo per far sì che si potessero conoscere meglio.
Lei accettò, avrebbe fatto di tutto per rivedere suo padre, mentre io non vedevo l'ora di rivedere le mie piccole donne.

Due giorni dopo andai all'aeroporto di Milano a prendere Flavio, vennero anche mia sorella e mia madre, naturalmente.
Manuela era emozionata di rivedere suo figlio, ma in auto non faceva altro che stuzzicarmi, parlandomi della differenza di età tra Stella e Maria.
Ma io avevo perso le staffe, le rinfacciai che lei aveva sposato un drogato, e doveva ritenersi fortuna che Flavio fosse diventato un bravo ragazzo, che aveva scelto di fare una carriera diversa da quella nostra, realizzando il suo sogno.
Mia madre mi diede ragione, e rimproverò, anche lei, mia sorella dicendole di smetterla, perché il suo atteggiamento esprimeva solo frustrazione nei suoi riguardi.

Appena arrivati all'aeroporto, vidi Flavio arrivare, rimasi per un po' a fissarlo.
Era un bel ragazzo di vent'anni, alto e magro, con i capelli castani di un caschetto perfetto, i suoi occhi erano di colore nocciola chiaro, aveva anche dei bellissimi lineamenti del viso.
Era seguito da alcuni ragazzi e ragazze, tutti della sua età, più o meno, accompagnati da due insegnanti della scuola.
Quando ci vide, corse subito da noi, abbracciò prima sua nonna, poi sua madre e poi me.
I suoi compagni e i suoi insegnanti andarono in albergo, ma Flavio venne con noi, voleva ritornare a casa sua per un po'.

Arrivati a casa, Flavio si guardò intorno, ed era tutto come si ricordava. Quel piccolo corridoio dove, alla sua destra, c'era una cucina dallo stile antico di campagna. Di fronte c’era il salone, con un divano letto ed un mobile grande in legno, dove c'erano varie fotografie di lui quando era piccolo. Proseguiva con un bagno, e tre camere da letto.
Entrò nella sua stanza, che una volta apparteneva a me, ed era la stessa dove dormivo. Aveva un letto a castello in legno antico, accanto c'era una piccola scrivania, e un armadio sulla parete, sempre in legno.
Era tappezzata con poster di Roberto Bolle, ed erano presenti anche alcuni trofei di gare di danza classica e moderna, vinti da mio nipote.

Quel giorno gli parlai di Stella, dicendogli che sarebbe arrivata presto insieme a Morgan.
Flavio capì subito che ero innamorato perso di lei, da come gliene parlavo, con voce emozionata e occhi lucidi.
Lui mi raccontò che era innamorato di una ragazza, Lena, ed era la sua partner nello spettacolo. Ma lei non ricambiava il suo amore, perché era già fidanzata con il figlio del loro coreografo, e in quel momento era insieme a lui.
Volevo dargli tutto l'affetto che meritava, anche lui mi considerava un padre, visto che il suo non era mai stato presente.

Così cominciai a dirgli: "Flavio, ascoltami, io ti parlo come un padre, anche se sono tuo zio. Se ami Lena, confessale quello che provi per lei, ti può andare male o bene. Ma almeno ci hai provato, non aspettare troppo tempo, come ho fatto io con Stella. Che appena ci siamo ritrovati da soli, le ho confessato che ero innamorato di lei, con la paura nel cuore, dopo ben quindici anni! Non aspettare troppo tempo, sei giovane... non fare il mio stesso errore!" Sentii una lacrima scendere sul mio viso.

Flavio capì subito e mi disse: "Grazie zio Angelo, seguirò il tuo consiglio. Si vede che ami tantissimo Stella, e da come ne parli si capisce che è una ragazza straordinaria. Ed è molto fortunata a stare con te, non vedo l'ora di conoscerla".

Stella:

Durante un turno pomeridiano, ebbi all'improvviso un attacco di panico, mi sentii male.
Sentii che mi mancava il respiro, mi girava la testa. Le mani cominciarono a sudare, cominciai a tremare, avevo caldo e freddo.

Ma all'improvviso urlai: "Aiuto! Aiutami Angelo!" Ma lui non c'era.

Così caddi in ginocchio sul pavimento, con le mani appoggiate a terra, non riuscivo a respirare. Vennero tutti in mio soccorso, il dottor Ferra si occupò di me, cercando di tranquillizzarmi.

"Stella calmati, devi respirare lentamente, e profondamente".

Prese un sacchetto di carta, e mi fece respirare dentro di esso, continuando a dirmi: "Avanti, respira profondamente e poi lentamente, così brava!"

Presi la sua mano, e continuai a respirare come mi aveva detto. E mi accasciai sulla sua spalla per un po', dopo qualche secondo mi calmai.

Togliendo il sacchetto, e alzando la testa gli dissi: " Sto bene ora, grazie Fabrizio". 

"Di niente, Stella" mi rispose guardandomi teneramente.

Restammo a fissarci per un po', ed era come se stavamo per baciarci. Ma mi resi conto che ci stavano osservando, così mi alzai da terra.

Mi guardai intorno e dissi agli spettatori: "Lo spettacolo è finito, potete ritornare alle vostre attività" e mi avviai, non so dove. 
Il dottor Ferra rimase lì, seduto sul pavimento, forse per riflettere.

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