II

2.8K 101 8
                                    


Giulia amava il caos. Le piaceva essere circondata da tutto quel rumore, lasciare le note usare il suo petto come cassa armonica fino a sentirle danzare sotto la pelle. Sua madre raccontava sempre che quando era piccola, riusciva ad addormentarsi solo quando c'era musica in sottofondo. A quanto pare, aveva deciso che il silenzio non sarebbe stato suo amico ancora prima di imparare a camminare. Quindi non si spiegava proprio il perché si sentisse così a disagio in quel momento. Era stata Chiara a convincerla ad andare ad una festa quella sera. La sua prima festa, ad essere esatti. Non aveva saputo dirle di no. In fondo, si trattava solo dell'inaugurazione di un nuovo locale in centro, le aveva promesso che sarebbe stata una cosa tranquilla. Di certo Giulia non aveva pensato a quanta gente ci sarebbe stata. Ora però si sentiva così fuori posto.
Forse erano i vestiti.
Aveva visto entrare ragazze abbigliate molto meglio di lei, ed i suoi semplici pantaloni neri ora le sembravano totalmente inadatti.
Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma ancora aveva paura di sembrare troppo piccola agli occhi degli altri. Temeva che il suo sguardo perso e le treccine tra i capelli avessero subito operato al pari di una grande croce rossa sulla sua fronte che sembrava urlare: guardatemi, non so cosa ci faccio qui.
Doveva riconoscere però che c'era una cosa che aveva notato prima di tutto il resto: il palco. Una struttura poco ingombrante, al centro della sala , tutt'ora occupato da due splendide ragazze che con le mani sopra la testa si muovevano accompagnate dalla musica, facendo proprio ogni salto di ritmo, ogni parola della canzone che le casse ai loro piedi stavano sputando fuori. Giulia era rimasta a guardarle imbambolata , per quelle che sembravano ore. Si stava chiedendo cosa si provasse a trovarsi così in alto, ammirata da tutte quelle persone mentre faceva quello che per lei di più naturale c'era al mondo: ballare.
Prima che Chiara attirasse la sua attenzione prendendola per un braccio e trascinandola via verso il bar, si permise di immaginarsi  per un attimo là sopra, mentre si lasciava abbandonare alla musica insieme a loro. Quel pensiero era durato il tempo di un secondo però, poi le era sembrato più utile concentrarsi su quello che la sua amica le stava dicendo. Nel frattempo, infatti, avevano raggiunto il bancone e Chiara le stava chiedendo cosa volesse ordinare.
«Una CocaCola va benissimo,ama. Grazie.» ,si era sforzata di alzare un po' la voce per permetterle di sentirla nonostante tutto quel frastuono.
Giulia non beveva. Non le piaceva il sapore dell'alcol, e anche solo l'idea di finire per esagerare e senza rendersene conto ritrovarsi poi la mattina dopo confusa nel letto, troppo stanca per alzarsi, con il rischio di non poter andare anche solo per un giorno in accademia, la terrorizzava. Aveva perso il conto di quante volte i suoi amici avessero definito queste sue idee stupide ed esagerate ma non poteva farci niente.
Aveva altre priorità,d'altronde. La sua lista di cose da fare per la prima volta era bella lunga e di certo ubriacarsi non rientrava tra le prime posizioni.
Dopo aver preso il suo bicchiere di CocaCola, rimase a sorseggiarne il contenuto mentre venivano raggiunte al bancone dagli altri amici. Erano bastate poche note per far sì che Giulia e Chiara facessero incontrare i loro sguardi sorridendo emozionate. L'amica era stata la prima a posare il suo bicchiere e,prendendola per mano, l'aveva trascinata frettolosamente verso il centro della pista. Erano riuscite , non senza fatica, ad arrivare proprio sotto al palco, dove la musica era più alta. Una di fronte all'altra, si erano presto lasciate andare, con l'unico pensiero di seguire quel ritmo sul quale avevano ballato insieme così tante volte da averne perso il conto.
Come ogni volta che si permetteva di abbandonarsi all'ipnotico cullare della musica, Giulia si sentiva viva. Per qualche secondo infatti il suo cervello aveva deciso di spegnere ogni interruttore.
C'era solo lei. Il suo movimento, la sua energia.
Tutto questo ovviamente era successo prima che si accorgesse che un movimento brusco del ragazzo dietro di lei aveva fatto rovesciare sulla sua maglietta il contenuto del bicchiere che questo teneva in mano.
Appena aveva sentito la stoffa sulla schiena inumidirsi, si era girata di scatto.
Il colpevole era decisamente più alto di quanto si aspettasse e aveva dovuto chinare la testa all'indietro per notare l'espressione sorpresa che questo aveva dipinta sul volto, mentre alternava lo sguardo da lei alla sua mano che grondante di quella che, a giudicare dall'odore, doveva essere birra.
Era evidente che si trovasse in difficoltà e non sapesse cosa dire, perché mormorando un rapido scusa si era velocemente girato, dandole le spalle.
Giulia invece era rimasta ancora per qualche secondo a fissare perplessa i ciuffi ricci che gli sfioravano il collo e le spalle strette, tese sotto la camicia verde. Forse si sarebbe aspettata qualche parola di scuse in più. Insomma, per colpa sua ora sarebbe dovuta andare in giro puzzando come una distilleria.
Di certo, lei non era una grande esperta di serate e locali vari, ma era abbastanza sicura che il 'non buttarti in mezzo ad una pista affollata con un bicchiere pieno' fosse una delle regole base per la civile convivenza in un contesto del genere.
Cercando di non lasciare che la serata venisse monopolizzata da quel singolo sfortunato evento, si era poi concentrata su Chiara che avendo visto tutta la scena, le aveva fatto cenno di lasciare perdere e di continuare a ballare con lei.
La serata era poi proseguita senza altri intoppi. Anche gli altri amici si erano uniti a ballare con loro e, tra un bicchiere d'acqua e l'altro, Giulia aveva anche trovato il modo di divertirsi. O almeno ci aveva provato.
Le facevano male i piedi e aveva scoperto di aver perso uno dei suoi orecchini, quando la musica si era interrotta e sul palco era salito un ragazzo.
Con una canottiera bianca, i pantaloni viola e gli occhi nascosti dietro un cappellino da pescatore,
stringeva il microfono tra le dita e Giulia non aveva dovuto aspettare molto prima di sentire la sua voce risuonare in tutto il locale.
«Ciao a tutti, io sono Sangiovanni e questa è Hype. Spero vi piaccia.»
Aveva fatto poi un cenno in direzione del deejay, prima di prendere un bel respiro e buttare fuori tutto con un'urgenza che la ragazza aveva percepito subito, già alle prime note.
La canzone urlava di un amore doloroso, corrotto dalla luce di riflettori accecanti. Nel graffiato della voce, durante il ritornello, Giulia aveva distinto chiaramente tutta la rabbia ed il timore di venire usato per la becera prospettiva di trovare fama e seguito, la preghiera di non tornare a fare fuoco su quello che al mondo era rimasto di puro e semplice, le promesse di contare uno sull'altro mai mantenute. Tutta quella sofferenza le era poi rimasta incollata alle ossa ancora per molto tempo dopo la fine della canzone. Ne era rimasta quasi ipnotizzata, a dirla tutta. E se non fosse stato per Chiara che le aveva fatto cenno di seguirla a prendere una boccata d'aria fuori dal locale, forse non si sarebbe neanche accorta che ormai il palco era vuoto e la solita musica commerciale aveva ricominciato ad invadere il locale.
Così quasi non aveva notato la voce che in mezzo a tutto quel trambusto chiamava il suo nome.
«Lola? Sei proprio tu?»
Giulia si era voltata appena lo aveva riconosciuto.
«Deddy?»

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora