XV

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Giovanni avrebbe tanto voluto rimanere su quel treno, fermo al capolinea.
Lasciare le cose compiersi senza di lui, mentre rimaneva sospeso in un viaggio senza fine. Si sarebbe infatti volentieri limitato a guardare la sua vita passare affacciato ad un finestrino, cedendo al Caso tutto quel senso di responsabilità che ora gli appesantiva la valigia che si portava dietro.
Da quel momento avrebbe odiato le stazioni, aveva deciso.

Era venuto a prenderlo il suo amico Luca. Si trovava in macchina, parcheggiato in doppia fila.
Gli aveva chiesto via messaggio se avesse bisogno di un aiuto con i bagagli e al rifiuto di Sangio, aveva deciso dunque di aspettarlo lì.
«Lu, posso chiederti un favore? Devo andare in un posto, pensi tu alla valigia?» gli aveva domandato dopo averlo salutato, sperando che l'amico non commentasse il suo stato d'animo cupo.
                                  
                                  *

Avevano concordato di vedersi in un bar non troppo lontano da lì, e quando era arrivato, Giulia lo aspettava già seduta ad un tavolo. Lo aveva scelto vicino alla finestra, dove gli ultimi raggi di sole ancora potevano accarezzarle le guance.
Era vestita di azzurro e splendeva così tanto che quasi il ragazzo non aveva visto lo scalino sotto ai suoi piedi,rischiando di cadere rovinosamente per terra.
Ma Sangio non l'aveva raggiunta subito.
Era rimasto per un attimo sulla porta del locale, ad osservare le sue dita eleganti ticchettare sul vetro del bicchiere di tè freddo che teneva tra le mani.
Nel momento in cui poi si era seduto nella sedia di fronte alla sua e i loro sguardi si erano incontrati, gli occhi di Sangiovanni avevano iniziato a riempirsi di ogni suo dettaglio, quasi controllando che tutto fosse come lo ricordava.
Aveva sognato per così tante notti di averla lì davanti che temeva fosse un inganno anche quello.
Ogni suo delicato lineamento però era lì, esattamente al suo posto.
«Ciao.» lo aveva salutato per prima, un sorriso timido, esitante.
«Ciao.»gli aveva risposto lui, ritrovando la voce.
Si sentiva come se il non vederla per una settimana fosse stato pari ad un'apnea durata un anno ed ora i suoi polmoni avevano assaggiato di nuovo il sapore dolce dell'aria
Prima che potesse dire qualsiasi altra cosa, Giulia lo aveva interrotto.
«Ti ho ordinato una tisana con lo zenzero. Due giorni fa mi hai detto che avevi mal di gola, giusto?»
Sangiovanni era ammutolito, lo stomaco sottosopra.
Nessuno aveva mai avuto con lui la stessa cura, la stessa attenzione ai dettagli che lei gli aveva dimostrato da quando si conoscevano.
«Grazie del pensiero,non dovevi.»
Se la sua coscienza in quel momento si fosse trasformata in un grillo parlante, come succedeva nel suo cartone animato preferito, questo gli avrebbe sicuramente urlato di ripensarci, saltando sulla sua spalla. Ma anche se difficile, Giovanni si era costretto a pensare solo al fatto che lo stesse facendo per il suo bene, che una persona come lei meritava solo ciò che di buono esisteva al mondo.

«Credo di aver bisogno di spazio. Almeno per un po'.» aveva esordito.
Non aveva avuto il coraggio di alzare lo sguardo dal tavolo.
«Sei forse una delle persone più belle che io abbia mai conosciuto e sto bene quando sono con te, ma sento di star trascurando quello per cui sono a Roma, la musica.
Immagino tu abbia lo stesso problema con la danza, e non è giusto.»
A quel punto, anche se flebile, Giulia sembrava aver ritrovato la voce.
«In realtà, mi hanno anche assegnato l'assolo di cui ti parlavo.»
«Ah. Non lo sapevo. Complimenti allora, so quanto ci tenevi.», le aveva detto sincero, stavolta guardandola negli occhi.
Era talmente confuso che mentre parlava ogni singola parola o lettera che usciva dalla sua bocca gli sembrava stupida, sbagliata.
Come se avesse dimenticato come esprimersi, e la stessa forma di comunicazione che lui tanto adorava ora si era tramutata in un ostacolo insuperabile, lontano.
«Comunque non cambia le cose. Il fatto è che ho bisogno di riprendere il controllo sul mio lavoro, devo tornare a gestire tutto con un certo criterio. Non posso permettermi di mandare tutto all'aria,adesso.»
Giulia non aveva più detto nulla, aspettando che finisse.
«Non sono d'accordo,», l'aveva sentita prendere un respiro profondo.
«Ma non farei mai nulla per intralciare il tuo percorso con la musica, quindi rispetto la tua decisione.»
Non aveva avuto la reazione che Sangiovanni aveva immaginato, e questo lo aveva mandato in tilt.
Tutto d'un tratto aveva realizzato quanto quelle sue parole avessero preso un tono definitivo, e non si era mai sentito così spaventato come in quel momento.
Sentiva un lago iniziare a formarsi tra di loro tenendoli distanti mentre si fissavano, ognuno sulla propria sponda.
Sbirciando fuori dalla finestra, Giovanni aveva notato come il sole era ormai calato, lasciando posto al buio della sera.
La strada verso casa era lunga, quindi le aveva proposto di prendere insieme un taxi visto che non abitavano poi così distanti uno dall'altro.

«Può accendere la radio, per favore? » aveva chiesto Giovanni al tassista una volta saliti in macchina, per paura che il rumore dei suoi pensieri arrivasse anche alla ragazza al suo fianco.
Le strade erano incredibilmente sgombre quella sera, nonostante il traffico di Roma fosse ormai diventato quasi proverbiale.
Cercando di distrarsi, per gran parte del viaggio aveva puntato l'attenzione sulla città che scorreva veloce attorno a loro.
Nel frattempo, una canzone che conosceva bene aveva iniziato a riempire il silenzio dell'abitacolo.

Basta un battito d'ali per saldare i piedi a terra

Giovanni aveva fatto finta di non accorgersi che lentamente la mano di Giulia aveva preso a scivolare sul sedile, facendosi sempre più vicina, fino a raggiungere la sua.
Sentiva le loro dita sfiorarsi timide ma
sapeva che lei non l'avrebbe mai guardato per prima.
Lo stava mettendo alla prova, ricordandogli che se erano arrivati a quel punto era per una sua decisione, che lei avrebbe rispettato anche se non d'accordo.
Voleva solo fargli capire che che quella era la sua ultima possibilità per tornare indietro.
Come se avesse deciso di salire al suo fianco sul cornicione, ma aspettasse lui per saltare.

E farò salti mortali per trovare il mio universo

Giovanni aveva ceduto quasi subito.
Quando finalmente  si era voltato, l'aveva trovata immersa nei suoi pensieri, la testa appoggiata al finestrino, mentre le luci della città disegnavano intricati scarabocchi sulla sua pelle.

E per non perdere più quello che voglio

Gli era stato impossibile resistere a quel punto. Le sue dita avevano lasciato quelle di lei, giusto un secondo, per andare a spostarle dal viso i capelli che erano sfuggiti alla coda.
A quel gesto,si era voltata anche lei.
E mentre il ritornello di quella canzone che aveva ascoltato mille volte in studio con il suo amico Tancredi, faceva da sottofondo ai loro battiti stonati, erano rimasti immobili.
Senza distogliere l'attenzione, Giovanni aveva poi sussurrato le parole conclusive.

Le leggi dell'universo sono i treni che ho perso se non ci sei te.

Avevano continuato a guardarsi in silenzio fino all'arrivo a casa, fingendo che il tempo fosse lì, docile amico al loro servizio per rendere infiniti quei pochi minuti che ancora avevano a disposizione, e non quella macchina distruttrice e inarrestabile che fin troppo presto li avrebbe costretti a separarsi.

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora