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Quella notte tirava un leggero vento, e mentre si stringeva nel suo giubbotto, Giulia continuava a mordersi le labbra, gli occhi concentrati sui suoi passi. Stava cercando di trovare nella vista delle sue Dr.Martens che calpestavano i sanpietrini un modo per evitare di pensare troppo al fatto che stesse tornando a casa in compagnia di un ragazzo con cui non aveva mai neanche parlato prima di quella sera.
Tutto quel silenzio le metteva un'ansia assurda, ma Giovanni non sembrava intenzionato a rompere il ghiaccio.
Facendosi coraggio, alla fine aveva deciso di provare lei ad iniziare una conversazione, anche se per farlo sarebbe dovuta ricorrere alle domande più banali.
«Dall'accento che hai non mi sembri di Roma, sbaglio?»
Quasi preso in contropiede, lui ci aveva messo un po' per formulare una risposta,
per poi raccontarle di essere originario di un paesino vicino Vicenza.
«Ah, e come ci sei finito qui?»
«La musica,» aveva risposto subito, «faccio tutto per la musica. Avevo bisogno di trovare nuovi stimoli, nuove opportunità.»
« E Deddy si è offerto di ospitarti.»
«Esatto. Gli devo molto,» lo aveva sentito sospirare.
«E tu, invece? Sei nata e cresciuta qui ?»
Giulia aveva risposto affermativamente. Roma non era l'unica casa che lei avesse mai conosciuto, doveva infatti tenere conto anche di Barcellona, ma sicuramente era stata la prima. Si rispecchiava perfettamente in quella città così disordinata, caotica e ricca di colori. Le piaceva pensare di assomigliarle, di averne preso alla nascita lo spirito e di essere riuscita a custodirlo fino ad allora, nonostante le nuvole plumbee che si erano abbattute sulla sua vita.
«Sono nata qui. Anche se mamma in realtà è di Barcellona, quindi mi divido a metà tra le due.»
«Capisco. Ho sentito che balli, vero?»
«Sì, esatto. Frequento da quando sono piccolissima un'accademia di danza. Dovrei diplomarmi quest'anno.»
«Wow. Deve essere per te una bella soddisfazione.»
Giulia aveva sorriso tra sé e sé, pensando che sì, essere arrivata fino a lì era proprio una bella soddisfazione.
Giovanni aveva poi cambiato discorso, virando su un altro argomento.
«Mi stavi dicendo prima che mi hai sentito suonare,sabato.»
«Sì, ero al locale. Proprio sotto al palco.»
Ci siamo anche scontrati e tu mi hai rovesciato la tua birra addosso, era tentata di aggiungere Giulia.
«Allora? che ne pensi di Hype? Puoi essere onesta quanto vuoi, non mi offendo.»
La ragazza all'improvviso era tornata a quella sera, l'odore di alcol sui vestiti e l'attenzione fissa sulle note struggenti della canzone.
«È...intensa. Cruda.Non riesco a descriverla meglio. Mi sono sentita come se avessi provato tutto quello che cantavi,direttamente sulla mia pelle.Anche se ovviamente non è così.», aveva concluso con una risata imbarazzata.
Non le veniva così facile esprimersi. Aveva paura di sembrare esagerata, troppo sensibile o teatrale. Perché insomma, chi mai parlerebbe di una canzone sentita una volta in quei termini?
«Diciamo che parla d'amore,alla fine. Un amore inquinato, quasi al capolinea. Ma pur sempre amore. Tu non lo hai mai provato? Non sei mai stata innamorata?»
Come ci si sotterra?, aveva pensato Giulia.
Se solo avesse potuto, avrebbe volentieri preso il volo in quel momento, pur di trovare un modo per evitare di continuare il discorso.
«Beh, io...diciamo di sì. O meglio, no. Più o meno.», aveva tentennato, confondendosi.
«Una volta ho pensato di essere innamorata. Però credo di non esserlo mai stata. Per me è come se fosse una creatura mitologica, l'amore. Non l'ho mai provato per qualcuno che non fosse parte della mia famiglia.»
Giovanni era rimasto in silenzio per qualche secondo. Giulia aveva paura a voltarsi verso di lui, temendo di ritrovarsi vittima degli stessi occhi inquisitori che già molte volte aveva riconosciuto sul volto di chiunque fosse venuto a conoscenza di quel piccolo particolare della sua vita.
«Perché non mi guardi?»
A quella domanda, Giulia imbarazzata aveva alzato lo sguardo fino ad incontrare il suo.
Probabilmente al suo posto, anche lei se lo sarebbe chiesto.
«È perché sei alto,immagino.»,aveva risposto cercando di sviare.
Giovanni non aveva abboccato a quel timido tentativo di ironia, e mentre nascondeva le mani nelle tasche le aveva dato un colpetto giocoso con la spalla, per poi riprendere a camminare.
«Odio le bugie.»
Avevano proseguito verso casa accompagnati dal rumore dei loro passi, interrotto solo dal passaggio sporadico di qualche macchina.
*
Sangiovanni non sapeva cosa pensare. Giulia era...energia. Energia allo stato puro. Non avrebbe saputo descriverla altrimenti.
Non si era fermata un attimo per tutta la sera, passando dall'aiutare Luca in cucina a chiacchierare con Tancredi in balcone, per poi scherzare con Deddy al momento del brindisi. Ed ora che era tornato a casa e insonne si rigirava nel letto, Giovanni non poteva fare a meno di pensare a quanto sembrasse vuota casa senza la sua risata.
Ridicolo, si era rimproverato.
L'aveva letteralmente conosciuta quel giorno e già componeva versi su di lei.
Era assurdo anche solo pensarci, e a ricordarglielo c'era il fatto che lo schermo del suo telefono quella sera non aveva smesso un attimo di illuminarsi di messaggi e chiamate provenienti da un numero che conosceva a memoria.
Mai come in quell'istante, avrebbe voluto essere nato in un'altra epoca, in cui la comunicazione avveniva solo tramite lettere che a volte impiegavano anche giorni o settimane, prima di arrivare. Era forse l'idea dell'attesa, che più di tutti affascinava Giovanni.
Tutta quell'immediatezza ora lo spaventava. Si sentiva opprimere dalla pressione di rispondere, tanto che spesso non gli sembrava neanche di avere il tempo di pensare a quello che doveva dire.
Soprattutto nella situazione in cui si trovava ora.
Era infatti sul punto di prendere una decisione così importante, che non poteva non pensarci bene. Per questo aveva ignorato sistematicamente gran parte di quei messaggi, e risposto solo a qualcuna delle tante chiamate. Aveva bisogno di tempo. E se la persona in questione, non aveva intenzione di capirlo, non era di certo colpa sua.
Con questi pensieri in mente, si era poi deciso a spegnere la luce sul comodino e a chiudere gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza che lo aveva colto all'improvviso.

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora