XIX

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Giulia era sempre stata affascinata dal fuoco.
Le piacevano i falò d'estate, i camini d'inverno, le candele accese nei ristoranti. Sentiva a lei affine la danza energica delle fiamme, così primitiva da risvegliare in lei quasi un senso di appartenenza, origine.
Ma quello che sentiva bruciare dentro di sé in quel momento non aveva nulla a che fare con tutto ciò che aveva visto o vissuto fino ad allora.
Se anche dovessi finire in cenere, ne sarebbe valsa la pena, si era detta mentre tra le dita stringeva forte la stoffa morbida della maglietta di Giovanni .
Quello era il suo primo bacio ma lo avrebbe realizzato solo più tardi, al buio della sua cameretta, avvolta nel silenzio di una notte che aveva forse qualcosa di speciale rispetto alle altre.
Per ora invece non pensava a nulla che non fosse la sensazione delle labbra di Sangiovanni sopra le sue.
Nella sua testa era scomparso qualsiasi timore per la mancanza di esperienza, sentiva solo la necessità di aggrapparsi a quel briciolo di consapevolezza che le rimaneva per ricordarsi che il tempo passato insieme non era stato solo una semplice attesa per quell'attimo esplosivo, totalizzante.
Quando poi si erano dovuti staccare per riprendere fiato, aveva avuto immediatamente l'impressione che ogni emozione fosse esattamente dove doveva essere.
È questo che si prova?, si era chiesta.
Era tutto così nuovo per lei da non capire se i brividi che stava provando con quel semplice bacio fossero un effetto collaterale che riguardava solo lei e Sangiovanni o se davvero fosse così per tutti.
«Vieni con me. A Milano.» aveva sussurrato lui, senza lasciare che le sue mani abbandonassero il viso di lei.
E mentre Giulia cercava di riprendere fiato e fare chiarezza tra i suoi pensieri, un'idea già aveva iniziato a formarsi nella sua testa.

Ci siamo baciati, aveva scritto a Chiara appena aveva lasciato lo studio.
Sangio l'aveva salutata con l'ennesimo bacio affamato di quel pomeriggio, quasi come se avesse paura di dimenticarsene una volta che l'avesse vista andare via.
L'amica le aveva risposto nel giro di un secondo.
Giulia poteva sentire da lì le urla e punti esclamativi che l'amica non aveva rinunciato a tradurre nei milioni di messaggi che continuavano ad intasare le sue notifiche.
Si sentiva talmente leggera mentre percorreva la strada verso casa da aver paura di volare via.

                                   *

Aveva uno strano rapporto con le bugie. Non sapeva mentire, ed il doverlo fare ancora una volta con le persone che amava di più al mondo, riempiva Giulia di angoscia.
Più volte si era ritrovata a chiedersi se stesse facendo la cosa giusta, se non fosse stato meglio dire la verità oppure rifiutare l'invito ma ogni cellula del suo corpo sembrava opporre resistenza alla possibilità di lasciarsi sfuggire un'occasione simile.
È l'ultima bugia, si era ripromessa.
Cercava di convincersi del fatto che avrebbe poi avuto tempo, una volta adulta, di fare la cosa giusta. L'adolescenza era fatta per sbagliare. O almeno così le pareva di aver sentito ripetere in giro.
«Papi, mamma? Tra qualche giorno è il mio compleanno, no ?» , aveva iniziato il discorso il giorno seguente a cena.
I suoi genitori forse già intuendo dove volesse andare a parare, avevano sospirato.
«Hai scelto il tuo regalo, Giuliè?», le aveva chiesto suo padre.
«Sì. Vi ricordate il mio amico Checco? L'abbiamo ospitato qualche mese fa.»
Gli occhi di Susi si erano illuminati. Leonardo era riuscito a conquistare anche lei, quando era stato da loro .
Lui e Giulia si erano conosciuti qualche anno prima ai casting per un programma televisivo e da lì ,nonostante lui abitasse a Milano, erano stati inseparabili.
Ogni volta che lo sentiva per telefono, non faceva altro che ripeterle di andarlo a trovare e che le avrebbe volentieri preparato un letto in qualunque momento avesse voluto raggiungerlo nella fredda città lombarda.
Per questo Giulia aveva pensato subito a lui, come parte del suo piano.
Le sarebbe piaciuto molto rivederlo e l'idea di fargli conoscere Giovanni alloggiava tra i suoi desideri da un po', ormai.
Tra loro due c'era sempre stato un rapporto di totale onestà e ci teneva molto a sapere cosa ne pensasse.
«Vorrei andare a trovarlo. Il prossimo weekend.» , aveva confessato tutto d'un fiato.
Nessuno dei suoi genitori aveva preso parola per quelle che a Giulia erano sembrate ore.
I due si erano guardati a lungo, forse impegnati in una delle loro solite silenziose conversazioni.
«Voglio però prima parlarci–» Susi non aveva fatto in tempo a finire la frase che Giulia era saltata in piedi, gettandole le mani al collo.
«Grazie, grazie, grazie.»

«Piccolina, allora? Che ti hanno detto?» aveva posato il telefono sul comodino e la voce di Leonardo riempiva la stanza.
Era seduta di fronte all'armadio, i colori dei vestiti quasi indistinguibili alla luce soffusa proveniente dalla lampada accesa sulla scrivania.
«Hanno detto di sì.», aveva urlato Giulia per farsi sentire. Non aveva smesso di sorridere da quando i suoi genitori le avevano dato il via libera per partire.
Percependo l'emozione nella sua voce, l'amico era scoppiato a ridere.
«Scommetto che stai già preparando la valigia.»
«Sì ma già so che non avrò niente da mettermi. Insomma, da quello che ho capito devo vestirmi elegante. Quindi tacchi? Non li so portare. Forse ho un vestito lungo che potrebbe andare bene, però è verde. Va bene il verde per una situazione del genere? Se voglio fare bella figura dovrò comprare altro-»
Checco l'aveva lasciata continuare con le sue divagazioni ancora per un po', prima di interromperla divertito.
«Sei proprio una sottona.»
Giulia aveva sorriso, imbarazzata.
«Ed è un male?»
«No. A volte va bene essere sottoni.»

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