XX

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Vedere Giulia nella sua Milano, gli faceva uno strano effetto.
Si sentiva come se fino ad allora avesse vissuto parallelamente due vite diverse e che queste si fossero finalmente incontrate nel momento in cui erano entrati in stazione.
Un po' come Dr, Jekyll e Mr. Hyde, ora che ci stava pensando, solo meno macabro.
«Non ci sono mai stata.», gli aveva confessato Giulia un attimo prima di scendere dal treno.
E anche se non glielo avesse detto, Sangiovanni lo avrebbe comunque capito dal modo in cui si guardava intorno curiosa.
Dopo aver posato le valige in hotel, l'aveva pregato di farle fare subito un giro della città e lui aveva volentieri acconsentito.
«Tutti i miei amici me l'hanno descritta come grigia e vuota ma a me non sembra. Guarda lì, il Duomo!»
aveva esclamato emozionata, notando una guglia in lontananza.
Si erano subito incamminati in quella direzione e una volta arrivati in piazza, lo aveva convinto a farsi fare una foto insieme.
Abbracciandolo, si era messa in posa e Giovanni aveva prontamente ignorato la scossa che aveva incontrato la sua mano una volta appoggiata al suo fianco.
La scena si era ripetuta per quasi tutti i punti più famosi, e vedendola così felice non era stato difficile per Sangio sorridere in ogni fotografia.
«Ti rispecchia molto, come città.» , gli aveva detto Giulia ad un certo punto della giornata mentre erano entrambi impegnati a finire il gelato che avevano comprato per combattere il caldo.
«Milano, dici? Come mai?»
Sangio era sempre ansioso di sapere cosa le passasse per la testa, e per quanto improvvisa fosse stata quell'affermazione, voleva assolutamente saperne di più.
«La prima volta che ci siamo incontrati, nel locale vicino casa dove hai suonato, neanche mi hai guardata. Te ne stavi lì in piedi, a fissare stupito il bicchiere di birra che mi avevi rovesciato sui vestiti. A malapena mi hai chiesto scusa.  Onestamente la prima cosa che ho pensato di te è che fossi un maleducato.»
Scusa, gli aveva poi mimato con le labbra.
Sangio non poteva smentire nulla di quello che stava dicendo semplicemente perché non ricordava granché di quella sera.
«E Milano con i suoi palazzi grigi, le strade tutte simili tra loro , assomiglia molto ad un enorme modellino fatto su misura, asettico. Sembra che non ti voglia qui, a passeggiare tra le sue vie o ad entrare nei suoi negozi. Poi però giri l'angolo e ti capita di ritrovarti in una piazza del genere, circondata da opere di qualche mostra d'arte contemporanea. È una città da scoprire. Entrambi siete molto di più di ciò che sembrate all'apparenza. Dovete solo trovare le persone giuste che abbiano la voglia e la pazienza di conoscervi meglio.»
Sangio era da sempre in continua lotta con i pregiudizi e le prime impressioni.
Riusciva a contare sulle dita di una mano le volte in cui il suo aspetto o il suo modo di fare non l'avessero confinato in una categoria che ben poco aveva a che fare con la sua vera personalità.
Te la tiri troppo, sei un buon a nulla, sicuramente tratti le ragazze come pedine da gioco.
Quante volte si era sentito ripetere quelle cose?
In pochi capivano che quell' apparire così distaccato, freddo all'inizio era soltanto una forma di protezione, una selezione che gli permetteva di lasciare entrare nella sua vita solamente le persone che avevano quella stessa pazienza di cui parlava Giulia.
Il fatto che lei l'avesse compreso così in profondità, l'aveva lasciato senza parole.
Ed era per questo che continuava a sostenere che il legame tra di loro affondasse le sue radici in qualcosa di molto più complicato del semplice concetto di Destino.
Avrebbe avuto tempo poi, una volta tornato a casa, di pensare a quanto doveva essere davvero cambiato se riusciva a prendere in considerazione un concetto così astratto. Non era proprio da lui.

A fine giornata, Giovanni aveva riscoperto una nuova città, fatta a misura per due.
Le vie del centro erano perfette per essere attraversate mano nella mano, e le vetrine sembrava non avessero senso se non vi ci si poteva specchiare insieme.
Il suo bar preferito, dove di solito si fermava giusto il tempo necessario per prendere un solitario caffè al bancone, aveva anche dei carinissimi tavolini all'aperto che davano su una delle strade meno affollate.
Era stata Giulia a convincerlo a prendere posto.
«Riposiamoci un po',» aveva detto.
A pranzo, invece di chiudersi al buio di qualche ristorante, aveva insistito per prendere un panino d'asporto e sedersi sopra una delle poche panchine ancora libere a Parco Sempione.
«È una bella giornata,oggi. Guarda quella nuvola, sembra un dinosauro.» aveva indicato il cielo. Dopo aver finito di mangiare, si erano infatti entrambi sdraiati sul prato, uno affianco all'altro.
«Ma dove?»
«Proprio lì, non la vedi?»
Giovanni, con l'erba che gli pizzicava le braccia, era scoppiato a ridere, individuando il famoso dinosauro di cui stava parlando Giulia.
«A me sembra più un canguro.»
La risata della ragazza al suo fianco aveva incontrato la sua.
«Mannaggia. Farò finta di crederci.»
Avrebbe voluto tanto parlare con il se stesso di qualche anno prima soltanto per vedere la sua faccia nel momento in cui gli avesse raccontato che sarebbe un giorno finito a discutere di nuvole e canguri, disteso per terra in un parco pubblico.
Sotto il sole gentile di Giugno, non era stato difficile chiudere gli occhi e rilassarsi, in sottofondo solo le urla del gruppo di bambini che giocavano indisturbati a pochi passi da loro.
Se fosse stato da solo probabilmente la sua mente avrebbe vagato libera tra i mille doveri che lo aspettavano nella vita di tutti i giorni.
Doveva parlare con Falso per aggiornarlo sull'incontro che aveva avuto, avrebbe poi dovuto anche chiamare casa, per avvisare i suoi che aveva in programma di passare a trovarli tra qualche giorno. E che se fosse riuscito a convincere Giulia a venire con lui, forse non sarebbe stato solo. Inutile negare poi come gran parte delle sue preoccupazioni risiedeva nel Gala che lo aspettava la sera seguente. Sarebbe stata forse una delle occasioni più importanti della sua vita e la paura di dire o fare qualcosa di sbagliato lo perseguitava.

«Esprimi un desiderio.», qualsiasi traccia di apprensione era stata allontanata dalla voce di Giulia.
Una volta aperti gli occhi, l'aveva trovata seduta su un fianco che sorridente gli stava porgendo un Dente di Leone.
Mentre si preparava a soffiare, Giovanni sapeva già che cosa desiderare.

                                  *
Vista la stanchezza di entrambi, Giulia non se la sentiva di raggiungere casa di Leonardo, come invece avevano concordato.
Come alternativa, Sangiovanni le aveva proposto di tornare in hotel da lui ed ordinare il servizio in camera per cena.
Le era sembrata una buona idea, vista anche l'ora tarda, quindi aveva subito scritto all'amico di non preoccuparsi e che si sarebbero poi visti la mattina seguente.
«Servizio in camera. Sembra una cosa molto da film americano, mi piace come idea.» aveva commentato lei, rimettendo il telefono in tasca.
La stanza era più grande di quanto Giulia avesse pensato, e quando era andata a lavarsi le mani aveva notato che il bagno aveva anche una bellissima vasca da bagno. Per non parlare poi del letto, era davvero enorme.
Inoltre adesso che ci pensava, per tutta la giornata Giovanni aveva insistito per non farle pagare nulla, neanche un caffè.
«C'è qualcosa che devi dirmi? Non so, hai una miniera di proprietà oppure ti sei dato al contrabbando ?» gli aveva detto scherzando, riferendosi alla camera di lusso che aveva prenotato.
Abbassando poi la voce, si era avvicinata facendogli l'occhiolino.
«In quel caso, se per questioni di legalità non me ne puoi parlare, lo capisco.»
Sangiovanni era scoppiato a ridere, scuotendo la testa divertito.
«Ma figurati. In realtà ci tenevo a spendere così i primi soldi che mi stanno arrivando.»
Giulia l'aveva guardato, perplessa.
«Ho pubblicato sulle piattaforme digitali Lady, l'inedito che ti ho fatto sentire. Sta avendo...successo. » Si era passato una mano fra i capelli, imbarazzato.
«Oltre ogni aspettativa.»
A quelle parole, Giulia era corsa ad abbracciarlo, stringendolo forte.
Era seriamente contenta per lui e non aveva aspettato un secondo per dirglielo.
Giovanni dopo essersi ripreso dalla sorpresa,aveva ricambiato la stretta.
«Grazie, davvero. È anche merito tuo, in fondo.» le aveva detto piano, staccandosi giusto quanto necessario per guardarla negli occhi.
Giulia era arrossita, ma non aveva smesso neanche per un attimo di sorridere.
«Quindi posso scegliere io il dessert?»
Giovanni aveva annuito, ridendo.
«Certo. Tutto quello che vuoi.»

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora