XI

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Dopo che il ragazzo era tornato a casa, Giulia si era abbandonata sul letto, pensierosa.
Dentro di sé riusciva a pensare solo al fatto che forse non era ancora pronta a lasciarlo andare.
Avevano appena iniziato a conoscersi meglio ed era bastata una semplice telefonata per mandare in fumo ogni piano.
Si dovevano ancora raccontare tante cose.
Più volte Giulia era stata tentata di aprirsi con lui sul suo passato.
Un giorno ,ad esempio, mentre erano impegnati a guardare le foto di lei da bambina, aveva riconosciuto in una di queste quel giubbotto marrone che sua madre le aveva regalato un anno per Natale. Ci teneva molto, perché sapeva che la sua famiglia per comprarlo aveva dovuto fare dei sacrifici.
Era finito tutto tagliuzzato dalle forbici crudeli delle sue compagne di classe e ricordava ancora la sofferenza che aveva provato nel farlo vedere a sua madre.
Gli occhi di Giulia si erano inumiditi e si era affrettata a strofinarsi le palpebre più volte per evitare che qualche lacrima indesiderata potesse venire fuori, sperando che Giovanni non se ne fosse accorto.
Non era stata così fortunata,però.
«Che succede? », le aveva chiesto lui,gli occhi vigili che si spostavano dalla foto alla sua faccia.
Forse qualcosa aveva già capito.
«Niente», Giulia si era limitata a scuotere la testa, accompagnando il tutto con un sorriso storto, poco convincente.

A prescindere da quell'episodio, la verità era che faceva fatica a parlarne con chiunque.  Persino quando era con Chiara aveva sempre cercato di non entrare troppo a fondo nell'argomento. Forse non l'aveva ancora superata.
Però una parte di Giulia, quella più istintiva, si sentiva così coraggiosa da suggerirle che era arrivato il momento di provare a farlo.
Quindi aveva preso in mano una penna, un foglio e aveva iniziato a scrivere.

Più tardi, mentre ancora era addormentata, spalmata sulla scrivania, era stata svegliata dall'arrivo di un messaggio.

C'è una cosa che mi devi concedere prima che io parta.

Sbadigliando, era subito andata a recuperare il nome a cui apparteneva quella notifica.
Dopo quel fatidico pomeriggio a casa sua, L'aveva ufficialmente salvato in rubrica come 'SanJuan'. Così ogni volta che appariva sul suo schermo,non poteva che sorridere.

Cosa?  , aveva rapidamente risposto curiosa.

Voglio vederti ballare, almeno una volta.

Nel silenzio della sua cameretta, Giulia si era dimenticata come respirare.

                                    *
Si erano accordati di vedersi la mattina seguente, davanti all'ingresso dell'accademia di danza.

«Dove mi metto?»
«Puoi sederti lì se vuoi.» Giulia aveva indicato un angolo della sala, mentre distratta armeggiava con lo stereo.
Giovanni non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma mentre si sedeva, le gambe incrociate ed i capelli che scendevano a coprirgli gli occhi, non aveva potuto fare a meno di notare come il suo cuore avesse iniziato a battere più velocemente del solito.
Era rimasto ad aspettare in religioso silenzio che Giulia si posizionasse al centro della stanza,lo sguardo rapito dallo specchio che rifletteva la sua figura.
Nel momento in cui poi era iniziata la musica,Giovanni non aveva capito più niente.
Si era ritrovato quasi ipnotizzato dalle sue linee morbide, le braccia che eleganti sfioravano l'aria per poi ricadere attratte da un corpo che ,muovendosi leggero, sembrava accogliere ogni nota con reverenziale delicatezza.
Vedendola danzare a due passi da lui, aveva semplicemente avuto la conferma di ciò che sospettava da tempo.
I suoi movimenti erano le sue parole. Quelle che lui invece gettava su carta, o dentro un microfono, lei le ricercava con dedizione nella musica e lavorava poi per tradurle in quell'armonia di passi che ora lo avevano in pugno.
Più volte, ad ogni accento della canzone, Giovanni aveva trattenuto il respiro, con l'ansia che il suo sguardo avrebbe potuto incontrare quello di Giulia.
Aveva paura di leggervi quello che lui forse ancora non era pronto ad ammettere a se stesso.
Per questo stesso motivo, quando poi la canzone era sfumata via ed aveva lasciato spazio solo al rumore del respiro affannato della ragazza, Giovanni non aveva detto niente.
Si era limitato a guardarla, totalmente rapito in quella che, se si fosse visto in quel momento allo specchio, avrebbe riconosciuto come un'espressione di pura ammirazione.
Solo dopo qualche istante, Giulia aveva alzato timida gli occhi verso di lui, per poi riabbassarli subito e correre a spegnere lo stereo.
Il rumore dei passi che risuonavano sul pavimento di legno avevano riportato alla realtà Sangio, che in un primo momento non era riuscito a dire altro che un misero "wow".
«Allora?» Giulia aveva chiesto nervosa, mentre giocava con uno dei suoi sorrisi imbarazzati.
«Sono senza parole. Io non-» Il ragazzo trovava difficoltà ad esprimere un pensiero coerente in quel momento. Sembrava volesse dirle talmente tante cose che alla fine non riusciva a tirarne fuori nessuna.
«Mi hai distrutto, guardami. Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso.»
A quelle parole, Giulia era arrossita, spingendolo scherzosamente con la spalla.
«Quanto sei esagerato.»
Giovanni aveva colto l'occasione per prenderle la mano. Voleva evitare che uscisse da quella sala senza aver capito quanto fosse straordinaria.
«Non sono esagerato. E non parlo mai a caso, lo sai.»
La sua mano non si era staccata dalla sua mentre aveva lasciato le loro fronti toccarsi.
«Non ho mai visto nessuno avere la stessa eleganza, la stessa energia, la stessa fame di trasmettere che dimostri tu quando balli. E se non ci credi, senti tu stessa.» ,aveva guidato con delicatezza le dita della ragazza, che ancora stringeva nella sue, sopra il suo petto, esattamente dove si trovava il cuore.
«Senti quanto va veloce.»
A quel punto Giulia aveva sorriso, le guance rosse e gli occhi emozionati.
Non c'era più bisogno di dire nulla.
Avevano passato il resto del pomeriggio a cercare di trasformare Giovanni in un ballerino, con scarsi risultati.
Si erano divertiti, però.
«Hai anche un bel collo del piede», gli aveva detto ad un certo punto Giulia,scherzando.
Sangio non ricordava quando era stata l'ultima volta che aveva riso così tanto, ma soprattutto quando aveva permesso a qualcuno di ridere così tanto di lui.
Si sentiva felice, e stranamente, una volta usciti dalla sala, quel peso sulle spalle che trascinava con sè ogni volta che usciva da casa, sembrava essere diventato quasi inesistente.

                                    *
Tornato nel suo appartamento, Giovanni aveva fatto ciò che aveva rimandato forse per troppo tempo. Tirando fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni, aveva composto il numero aspettando che la persona dall'altro capo della linea rispondesse.
«Gio? Finalmente mi hai chiamata.»

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora