XXIV

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Se avesse potuto tornare indietro nel tempo, Giovanni avrebbe chiuso il se stesso del passato a chiave in una stanza impedendogli così di mettere piede in quella che si stava rivelando forse una delle serate più brutte della sua vita.
Niente era andato come previsto.
Odiava ripiegare sulla fantascienza ma dal momento in cui era stato presentato al team della Wonder non aveva desiderato altro che avere a disposizione una qualche forma di teletrasporto per fuggire da lì.
Falso lo aveva avvisato tempo prima del pericolo che avrebbe incontrato a giocare su piani così alti, ma Sangio non gli aveva creduto finché non aveva toccato con mano la strisciante e sottile cattiveria di chi non pensava ad altro che fare soldi.
Ed era bastato poco a Giovanni per rendersene conto.
Lo stesso uomo che tempo prima nel suo ufficio gli aveva proposto il contratto che probabilmente gli avrebbe cambiato la vita, non aveva fatto altro quella sera che rendersi insopportabile. Prima indagando sulla sua vita privata, che ben poco aveva a che fare con la sua musica per come la vedeva Giovanni, e poi lanciandosi in affermazioni e progetti che non avevano fatto altro che infastidirlo.
A non andargli proprio giù, più di tutto il resto, era stato quello che aveva detto mentre era intento a farsi servire da una cameriere l'ennesimo bicchiere di champagne.
«Siamo molto interessati al tuo personaggio. Gli occhi celesti, i vestiti particolari. Un prodotto che può funzionare. Vogliamo solo affiancarti una persona che renda i tuoi testi meno...crudi. Più accettabili. So che Lady sta avendo successo ma il nostro scopo è arrivare in radio anche con gli altri pezzi,no?» , l'aveva poi guardato,in attesa.
Giovanni non aveva risposto.
Raggelato da quelle parole, era rimasto
immobile al suo posto.
Più tardi avrebbe capito che se non aveva reagito, evitando per una volta di cedere alla sua parte più istintiva, era solo perché riconosceva la straordinarietà dell'opportunità che aveva tra le mani.
D'altronde il mondo della discografia era crudele, e se voleva prendersi il posto che credeva di meritare tra le migliaia di cantanti che ogni giorno si presentavano sull'uscio di quella porta, sapeva che sarebbe dovuto scendere a compromessi.
Ma quello a cui gli stavano chiedendo di rinunciare era forse un prezzo che lui non sarebbe mai stato pronto a pagare.
Se mi togli la scrittura,mi togli tutto, riusciva solo a pensare mentre l'uomo davanti a lui continuava a trovare modi per persuaderlo a diventare nient'altro che una marionetta.
Ma c'era un'altra questione che continuava a tormentarlo.
Doveva essere passata infatti circa un'ora da quando Giulia era scappata mormorando una qualche incomprensibile scusa e non era ancora  tornata.
Oltre alla preoccupazione di non aver avuto più sue notizie, nel momento in cui aveva lasciato la sala erano anche tornate ad affacciarsi prepotenti tutte quelle paranoie che nell'ultimo periodo della sua vita sembravano quasi essere scomparse.
Aveva ripreso a farsi ingombrante la familiare sensazione di non avere nulla in comune con le persone che lo circondavano e che —a confermarlo c'erano i discorsi che stava passivamente ascoltando—non avevano intenzione di fare nessuno sforzo per cercare di comprenderlo.
Per questo l'avrebbe voluta al suo fianco,come silenziosamente avevano concordato, mentre cercava un modo di rimanere a galla.
Quella bolla in cui avevano vissuto mentre ballavano cullati dall'orchestra, sembrava ormai quasi un lontano ricordo.
Era stato solo dopo aver letto il messaggio che gli aveva mandato, che Giovanni aveva trovato il modo di sgattaiolare via per andarla a cercare.

Quando l'aveva raggiunta sul piccolo balcone illuminato solo dalla debole luce proveniente dall'interno, non aveva potuto fare a meno di notare che non doveva stare poi così male come gli aveva scritto, dopotutto.
Ad essere sinceri, aveva fin da subito sospettato fosse una bugia, solo che non si sarebbe mai immaginato di trovarla a ridere in compagnia di qualcun altro mentre lui si trovava al bivio forse più importante della sua vita.
«Hey.», l'aveva salutata nel momento in cui lo sguardo di Giulia aveva riconosciuto il suo.
«Hey.», gli aveva risposto lei titubante, quasi non si aspettasse di vederlo lì così presto.
Cercava di apparire calmo ma dentro Giovanni era un fuoco.
Sotto pelle sentiva bruciare ancora la rabbia per quello che gli avevano proposto ed era cosciente che forse stava riversando un po' di questa nel modo in cui stava squadrando il ragazzo che Giulia si era avvicinata per presentargli.
«Sangio, lui è Alessandro. Ha accompagnato una sua amica, Enula. Forse tu la conosci.»
Giovanni non era dell'umore giusto per essere cordiale e aveva ricambiato con riluttanza la stretta di mano, limitandosi a rispondere con un secco "no".
Ignorando totalmente il ragazzo che continuava a sorridergli in quel modo che cominciava a risultargli davvero fastidioso, si era direttamente rivolto a Giulia, chiedendole se fosse pronta per andare.
«Oh. Certo.»
                                     *
Cercando di nascondere la sua perplessità di fronte al fatto che volesse lasciare l'evento così presto, Giulia aveva acconsentito, procedendo a salutare Alessandro con un abbraccio.
«Speriamo di rivederci presto.», gli aveva detto.
«Assolutamente, mi devi ancora un ballo.»
Quando poi lo aveva visto staccarsi per andare a salutare anche Giovanni, si era ritrovata molto in imbarazzo nel constatare che questo si era già incamminato in direzione dell'uscita, senza aspettarla.
Facendo finta di non notare lo sguardo preoccupato che Alessandro le aveva lanciato, gli aveva sorriso un'ultima volta prima di accelerare il passo per raggiungerlo.

Una volta in macchina, divisa tra la preoccupazione di vederlo così arrabbiato e la ferita ancora aperta per le parole che gli aveva sentito pronunciare, Giulia era rimasta in silenzio per tutto il viaggio e Giovanni aveva fatto lo stesso.
Nessuna colonna sonora questa volta avrebbe fatto compagnia ai loro animi pensierosi.

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora