La mattina successiva Giulia l'aveva passata al telefono con Chiara, ansiosa di commentare la serata appena vissuta.
L'amica infatti sembrava essersi divertita, e nonostante i suoi tentativi di farle confessare il suo interessamento per Deddy, era stata categorica nel risponderle che sarebbero potuti diventare solo amici. Niente di più.
Non era stata però così convincente, anche perché Giulia ricordava bene come i due avessero passato la sera appiccicati come calamite, ma aveva lasciato cadere il discorso, per non infastidirla.
«E tu, invece? So che non sei tornata da sola a casa. Racconta!»,l'aveva punzecchiata Chiara con tono ammiccante.
«Mi ha accompagnato Giovanni, come ti ho scritto ieri. Si è offerto senza che nessuno gli dicesse niente, in realtà. Abbiamo parlato un po' durante il tragitto.»
L'amica aveva lanciato un urletto divertito prima di intimarle di continuare.
«Sì, è stato gentile da parte sua. Non me l'aspettavo. »
Come richiesto dell'altra ragazza, si era poi impegnata a riportare per filo e per segno tutto quel poco che si erano detti.
«Dimmi la verità, ti piace?» ,era stata interrotta, ad un certo punto.
«Ma no,non direi. Cioè è oggettivamente bello—»
hai visto poi i suoi occhi?,avrebbe voluto istintivamente aggiungere,
«—ma non lo conosco abbastanza per poter dire che mi piace,ama.»
Anche se non soddisfatta, Chiara aveva però lasciato perdere.
Aveva infatti dovuto chiudere la chiamata, con la promessa poi di continuare il discorso quando si sarebbero viste in sala, quel pomeriggio.
Quello che in realtà Giulia non le aveva detto era che sì, Sangiovanni non le interessava in quel senso, ma la incuriosiva terribilmente.
Si era ritrovata più volte nel corso della cena il giorno prima, a chiedersi cosa si nascondesse dietro quel ragazzo taciturno e un po' cupo. Era così diverso da lei, da avere quasi un effetto magnetico.
Il classico bello che non balla, lo avrebbe descritto sua nonna. Per il momento, Giulia, non se la sentiva di dissentire.*
I giorni seguenti erano volati via, intensi.
A scuola le interrogazioni sembravano essersi moltiplicate e con l'assegnazione dei pezzi per il saggio finale alle porte, Giulia aveva poco tempo per studiare.
Era un tipico lunedì primaverile quando, uscendo da scuola, lo zaino su una spalla e il borsone pronto per danza sull'altra, aveva deciso che avrebbe passato le due orette che la separavano dall'inizio delle lezioni di classico in biblioteca. Cercava di non saltare mai i pasti, ma il triste panino che la aspettava sul fondo della borsa, quel giorno avrebbe dovuto aspettare.
Aveva infatti deciso di sacrificare la sua pausa pranzo per cercare di portarsi avanti con lo studio e recuperare così un po' più di tempo per dormire quella notte. Era davvero stanchissima.
Aveva appena imboccato la via dietro la scuola, quando aveva notato uscire da uno dei tanti edifici che davano sul marciapiede, una figura conosciuta.
«Hey.» Sangiovanni appariva sorpreso quanto lei di trovarla lì.
Sembravano passati anni dall'ultima volta che l'aveva visto.
«Ciao,» aveva salutato, mentre cercava di sbirciare dentro al portone alle sue spalle.
Probabilmente il ragazzo doveva aver notato la direzione del suo sguardo perché le aveva subito spiegato che era proprio in quel palazzo che lui e gli altri tre amici avevano lo studio di registrazione.
«Vuoi salire? Ti faccio vedere come funziona.»
Giulia non se l'era fatto ripetere due volte. Spinta dalla curiosità lo aveva infatti seguito su per una breve rampa di scale, per poi raggiungere la famosa stanza di cui Deddy l'ultima volta tanto le aveva parlato.
Era stato un vero e proprio investimento, le aveva spiegato. Lui, Luca, Tancredi e Sangio avevano unito i loro risparmi per affittarlo per qualche mese, così da poter concentrarsi e scrivere nuova musica, indisturbati.
Giovanni, notando le mille domande che probabilmente doveva aver stampate in faccia, si era prodigato a chiarirle qualsiasi dubbio avesse sulla quantità infinita di pulsanti e strumenti vari che decoravano le postazioni presenti.
Doveva essere passata circa mezz'ora, quando finalmente si erano chiusi la porta alle spalle ed erano usciti.
«Grazie mille per il tour,» aveva iniziato Giulia. «non avevo mai visto uno studio dal vivo. Per un attimo mi sono sentita parte di un film.»
«Sì, la prima volta fa sempre un certo effetto.», le aveva sorriso, divertito.
Mentre Giovanni si occupava di chiudere a chiave, Giulia ne aveva approfittato per tirare fuori il telefono e controllare l'ora. Se voleva ancora andare in biblioteca, si sarebbe dovuta sbrigare.
«È stato figo, grazie ancora. Ora però devo scappare,tra un'oretta ho danza e pensavo di aspettare in biblioteca. Anche se non ne ho proprio voglia,» gli aveva confessato, ridendo
«Posso restare con te, se vuoi. Tanto avevo comunque intenzione di prendermi una pausa.»
Giulia era sorpresa. Non si aspettava una proposta del genere.
«Ma no, tranquillo. Non ce n'è bisogno, torna pure a casa», aveva accompagnato il tutto con un sorriso, sperando così di risultare più convincente mentre parlava.
Giovanni però non si era mosso dal suo posto. Si era limitato ad aggiustarsi i capelli sotto al cappellino nero e a fissarla per qualche secondo prima di dire qualcosa.
«Lo faccio con piacere. Hai fame? » aveva aspettato che Giulia annuisse prima di farle cenno di seguirlo con la mano. «Vieni, conosco un posto qui vicino.»L'aveva portata a mangiare in uno di quei piccoli ristoranti a conduzione familiare e Giulia aveva immediatamente avuto l'impressione che si trattasse di un posticino accogliente e senza pretese, con tanto di tovaglia a quadretti rossi e tovaglioli di carta. Una volta seduta a tavola, si era sforzata , con scarsi risultati, di trovare qualcosa di intelligente da dire. Si era ritrovata piuttosto a giocare nervosamente con le posate.
Era un po' in imbarazzo. Forse perché non conosceva Giovanni così bene e aveva una paura tremenda di fare una delle sue solite brutte figure.
«È un posto semplice, lo so. Però fanno una carbonara buonissima, giuro.», aveva iniziato il ragazzo, mettendo le mani avanti. Giulia aveva subito colto la palla al balzo.
«A me sembra carino, mi ricorda i tipici ristoranti che si vedono nei vecchi film,hai presente? Mi piace.»
Giovanni sembrava essersi tranquillizzato un po' alle sue parole.
«Non mi dire che anche tu sei un'appassionata di vecchi film italiani,» l'aveva stuzzicata.
«No, però quando ero piccola mi piaceva guardarli con papà. Lui sì che ne ha la passione. Credo li conosca tutti.»
«Mio padre uguale.» ,le aveva regalato un sorriso che lei aveva ricambiato.
«Allora escluso quindi il cinema,cosa ti piace fare? Hai qualche passione oltre alla danza? Sono tutt'orecchi. Cosa sogni per il futuro?»
Come ogni volta in cui aveva l'opportunità di gridare e dimostrare al mondo del suo legame con la danza, gli occhi di Giulia si erano illuminati.
«Come ti dicevo l'altra volta, mi piace ballare e ammetto che non ho tante altre passioni. È da quando sono piccola che non sogno di fare altro,in realtà. Però mi diverto a disegnare, a volte. Tu?»Così avevano finito per passare il restante tempo a disposizione a parlare del più e del meno. Lui le aveva raccontato dei suoi progetti, dei messaggi che sognava di portare con la sua musica. Lei lo aveva ascoltato con attenzione, gli aveva detto che lo capiva, sapeva cosa significasse portarsi dietro quell'urgenza di esprimersi. Provava lo stesso con la danza.
«La tua più grande paura?», le aveva chiesto alla fine, mentre il cameriere si apprestava a portare via i piatti ormai vuoti.
Giulia ci aveva pensato un attimo.
Ne aveva tante, di paure. Aveva paura di non farcela, ad esempio, di non poter vivere di danza. Aveva paura di lasciare andare i suoi genitori ed i suoi amici. Aveva anche paura del buio, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui in quel momento.
Forse però la sua paura più grande era solo una.
«La solitudine. Mi terrorizza.»
I suoi occhi celesti sembravano capirla.
«E la tua?»
«Le bugie. L'incomprensione. L'incomunicabilità.» aveva alzato le mani, in segno di resa. «Sono tante lo so, ma non riesco a sceglierne una.»
Giulia aveva avuto la sensazione che volesse dire di più ma proprio in quel momento era arrivato il conto e la conversazione si era interrotta.Giovanni aveva insistito per offrirle il pranzo, e Giulia, dopo averlo ringraziato più di una volta, si era ripromessa di ricambiare il gesto al più presto.
Si erano poi lasciati all'incrocio tra due vie, lui pronto a prendere la strada del ritorno e lei ad andare nella direzione opposta.
Nessuno dei due poteva immaginare che quella sarebbe stata solo la prima, e forse la meno dolorosa, delle loro separazioni.
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Una lacrima sul viso
أدب المراهقين[COMPLETATA]Giovanni e Giulia si conoscono una sera qualunque, in un locale qualunque. Hanno entrambi diciotto anni e la stessa soffocante sensazione di sentirsi sempre fuori posto, di vivere ai margini e guardare la loro vita scorrere seduti tra il...