XXII

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Dopo ore di estenuante ricerca in cui Giulia aveva provato vestiti dalle stoffe e delle epoche più disparate, la missione di trovare qualcosa di alternativo al triste vestito verde che l'aspettava in valigia si stava rivelando un gran buco nell'acqua.
La signora Margherita, proprietaria del negozio di cui Leonardo era uno dei più affezionati clienti, aveva però un'ultima arma pronta nel suo arsenale.
Una scatola bianca giaceva infatti solitaria sul bancone.
L'aveva consegnata a Giulia, indicandole il camerino.
«Provati questo.»
Guardandosi allo specchio, qualche minuto più tardi, la ragazza era rimasta senza fiato.
Il vestito che ora indossava sembrava essere fatto su misura per lei.
Era di un blu elettrico, lungo abbastanza da arrivarle fino alle caviglie e la parte superiore era costituita da un corsetto decorato da eleganti ricami dorati, da cui partivano delle delicate spalline.
Al riparo del camerino, Giulia si sentiva quasi una principessa d'altri tempi, tanto le sembrava prezioso.
«Fatti vedere, Giulietta.», l'aveva chiamata Leonardo.
Una volta uscita, era stata inondata di complimenti. Sembravano essere tutti e tre convinti che fosse esattamente quello che stavano cercando.
«Ti sta perfettamente.», aveva commentato Margherita, e solo in quel momento i due ragazzi si erano accorti dei suoi occhi lucidi.
«Era di mia mamma, uno dei suoi vestiti preferiti. Se ne è andata qualche anno fa, ed ora a guardarti mentre lo indossi...me la ricordi così tanto. Sarebbe contenta di sapere che adesso lo hai tu.» , le aveva sorriso.
«Io non- Non posso accettare, davvero.»
A Giulia non sembrava giusto privarla di un ricordo così importante.
Pensava al cappello di suo nonno che custodiva gelosamente nell' armadio e a come le sembrava impensabile un giorno regalarlo a qualcuno.
«È tuo, non voglio discussioni. È rimasto a prendere polvere per troppo tempo, è ora che riprenda vita. »
Le aveva preso la mano, senza distogliere per un attimo lo sguardo.
«Lascia che torni a ballare, ancora una volta.»

Sei pronta?
Giulia si era guardata allo specchio un ultimo istante, prima di rispondere.
La ragazza che vedeva riflessa davanti a lei appariva molto più sicura di quanto fosse nella realtà.
Aveva raccolto i capelli in uno chignon morbido dietro la nuca, lasciando ad incorniciare il viso giusto due ciocche ondulate. Aveva poi optato per un trucco leggero, dando giusto una passata di mascara e un filo di rossetto.
Non ricordava di aver mai partecipato ad un evento così importante e aveva deciso già da tempo che sarebbe entrata in quella sala senza pretendere nulla da se stessa. Non avrebbe mai finto di essere qualcun altro, neanche in una situazione del genere.
La rassicurava sapere che Sangio avrebbe fatto lo stesso e se era così fiera di affrontare quella serata al suo fianco, era perché proprio lui l'aveva spinta, tempo prima, a trovare il coraggio per fregarsene di qualsiasi giudizio.
Sperava solo che le guance rosse non tradissero la sua agitazione.
Sì, scendo subito.
Aveva preso un respiro profondo prima di lasciare la stanza.

Sangiovanni non aveva mai provato poltrone così scomode come quelle su cui si era seduto ad aspettare Giulia,nell'atrio dell'hotel.
Aveva passato gli ultimi venti minuti a spostare lo sguardo dal suo orologio alla scalinata da cui avrebbe dovuto fare il suo ingresso da un momento all'altro .
Aveva da sempre avuto una particolare attenzione alla puntualità e quel ritardo, anche se breve, lo preoccupava.
Quando finalmente aveva visto Giulia scendere i gradini che li separavano, si era dovuto sforzare di ricordarsi che non si trovava veramente in una commedia americana.
Tra l'altro, se fosse stato davvero protagonista in un film per teenager, in quel momento si sarebbe trovato ad aspettarla ai piedi della rampa, un sorriso rassicurante sul volto ed una postura invidiabile. Forse addirittura con un fiore in mano. 
Giovanni invece era andato ufficialmente nel panico.
vedendola arrivare con quel vestito blu che seguiva ogni suo movimento e gli occhi grandi fissi su di lui, il ragazzo non ci aveva più capito niente. Tanto che aveva faticato anche a dirle qualcosa che avesse un senso quando finalmente lo aveva raggiunto e il suo profumo lo aveva fatto prigioniero.
«Ciao» lo aveva salutato lei timidamente.
«Wow. Cioè, ciao.»,era riuscito solo a rispondere,confondendosi.
Giulia era arrossita e Giovanni avrebbe voluto prendersi a schiaffi.
Quella sua perdita di senno era davvero imbarazzante.
«Stai benissimo.»
«Grazie, stai benissimo anche tu.», aveva ribattuto la ragazza, alludendo al completo bianco che aveva affittato per l'occasione in una negozio elegante del centro.
Ogni altro commento da parte di entrambi sarebbe risultato superfluo, visto il modo eloquente in cui si stavano guardando e Giovanni si sentiva talmente patetico da trovare in quella realizzazione la spinta per farle sapere che una macchina li attendeva per portarli subito al Gala.

Durante il viaggio, Sangiovanni non aveva potuto non pensare a quando si erano trovati nella stessa situazione, settimane prima. E a quanto tutto fosse cambiato da allora.
Come l'altra volta la mano di Giulia era ancora stretta nella sua sul sedile, ma ora ad uscire dalla radio non era la voce di Tancredi. Quelle che risuonavano nell'abitacolo erano le note di un'altra canzone, una che Giovanni conosceva bene. L' aveva scritta tempo prima, al buio della sua cameretta e con una ragazza in mente.
«È la mia canzone?», aveva esclamato Giulia guardandolo emozionata appena aveva riconosciuto le prime parole.
«Sì, è la tua canzone.», aveva confermato Sangiovanni,ridendo.
L'avevano ascoltata fino alla fine, cantandola a squarciagola dai finestrini aperti.
In quello stato di euforia confusa in cui si trovava, Sangiovanni non aveva quasi registrato la sensazione delle labbra di Giulia che incontravano le sue, prima di ritrarsi in tutta fretta.
Non si erano più baciati, da quel pomeriggio nel suo studio.
Lui aveva paura di rovinare qualcosa di troppo fragile, lei invece sembrava non sapere da dove iniziare.
Per questo il fatto che avesse preso lei la decisione di fare il primo passo, lo aveva sorpreso.
Si era ripreso presto però, ricambiando il bacio con più intensità mentre le luci della città si trasformavano in scie colorate alle loro spalle.
Quella sera anche Milano aveva assaggiato un po' della loro felicità.

Arrivati a destinazione, Giovanni le aveva fatto cenno di aspettare prima di scendere dalla macchina.
Ci teneva infatti ad assolvere fino all'ultimo al suo compito di cavaliere per quella serata, aprendole la portiera e  offrendole la mano per aiutarla ad uscire.
Solo in quel momento aveva notato un dettaglio che prima gli era sfuggito.
Giulia, forse notando la direzione del suo sguardo, si era giustificata dicendo che era stato proprio lui a ripeterle più volte l'importanza di essere se stessi, sempre.
«Ed i tacchi non fanno per me.»
Se solo Giulia avesse saputo della tempesta che si agitava nel petto di Giovanni alla vista delle vecchie Converse che facevano capolino dall'orlo del vestito forse non si sarebbe sentita in dovere di fornirgli nessuna motivazione. E c'era anche una buona probabilità che avrebbe anche finito per prenderlo in giro.

Il Gala si teneva nella solenne sala convegni della sede principale della WonderMusic e Sangiovanni aveva forse veramente capito l'importanza della serata solo quando aveva visto, entrando, l'enorme lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto.
«Non ne ho mai visto uno dal vivo.» gli aveva sussurrato Giulia.
Stava per rispondere che si trattava della prima volta anche per lui, quando era stato interrotto dall'orchestra che dal piccolo palco in fondo alla sala, aveva ripreso a suonare.
Giovanni non ci aveva pensato due volte.
«Balliamo?», le aveva chiesto,guardandola negli occhi.
Voleva viversela ancora per qualche istante, da solo, prima che i doveri che lo aspettavano venissero a reclamare la sua presenza.
Al cenno di assenso di Giulia, l'aveva presa per mano facendosi strada tra le varie coppie che occupavano la pista.
Nessuno dei due aveva mai ballato un lento, ma sulle note della musica sembrava che le loro mani sapessero esattamente dove andare.
Mentre lui aveva abbandonato le sue sui suoi fianchi, lei gli aveva circondato con le braccia il collo ed erano così vicini che poteva vedere le leggere lentiggini che aveva sul naso.
«Grazie. Per essere venuta, intendo.» aveva approfittato per dirle all'orecchio.
«Prego, SanJuan.»
Gli aveva regalato uno dei suoi sorrisi più belli e se di solito era luminosa, quella sera Giulia era caleidoscopica. Non avrebbe saputo spiegarsi meglio.
Mentre spostava il peso da un piede all'altro al ritmo di musica mai sentita prima e la guardava poggiare la testa sopra il suo petto, Giovanni si era ritrovato all'improvviso sottosopra, a cercare di abituarsi con rassegnazione a vivere il mondo da quella nuova angolazione.

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora