IV

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Giulia non si era accorta di quanto i giorni potessero passare in fretta. Sembrava ieri che lei e Chiara erano state invitate a cena da Deddy, ed ora si trovavano entrambe proprio davanti alla sua porta, il dito sul campanello e in braccio una bottiglia di vino rubata dalla dispensa di casa Stabile.
Non avevano dovuto aspettare molto prima che la porta venisse aperta.
Il ragazzo che le aveva accolte sull'uscio non era però il padrone di casa.
Giulia l'aveva riconosciuto subito, nonostante i ricci fossero coperti da una bandana blu e al posto di una camicia verde ora portasse una felpa grigia.
Dal canto suo, lui non sembrava ricordarsi di averla già vista. Infatti si era limitato a dare loro il benvenuto, spostandosi al lato per farle passare per poi richiudere la porta alle loro spalle. Ovviamente Giulia non gliene faceva una colpa. Il loro primo incontro ,o meglio, scontro, non era stato poi così memorabile.
Dennis le aspettava in quello che Giulia avrebbe poi descritto come un modesto soggiorno, al centro una grande tavola apparecchiata che faceva compagnia ad un piccolo divano e ad una televisione da cui proveniva una delle solite canzoni che passavano sempre in radio in quei giorni.
«Giusto in tempo. Benvenute nella mia umile dimora.» Deddy aveva allargato le braccia con fare teatrale, strappando loro una risata.
«Vi presento subito la ciurma.
Quello che vi ha aperto la porta è Giovanni. Detto anche Sangio. O Sangiovanni. Insomma,scegliete voi come chiamarlo.» .
Il ragazzo in questione si era limitato a sorridere frettolosamente e a fare un cenno di saluto con la mano che Giulia e Chiara avevano prontamente ricambiato.
«Ai fornelli invece potete trovare il nostro chef della serata. Luca, detto anche AkaSeven. O Aka.» indaffarato come era, con una padella in una mano e un mestolo nell'altra, questo si era limitato a lanciare loro un sonoro «Ciao», accompagnato da un sorriso, prima di riportare l'attenzione a quello che stava facendo.
Si erano poi spostati dalla cucina al balcone dove li aspettava quello che, a giudicare dal numero di sedie che Giulia aveva contato nel salone, doveva essere l'ultimo ospite della serata. L'avevano sorpreso mentre era impegnato a fumarsi una sigaretta, che però al loro arrivo aveva subito abbandonato nel posacenere posto sul tavolino alla sua destra per stringere loro la mano.
«E invece lui è-»
«Tancredi. Solo Tancredi.» Deddy era stato presto interrotto dall'amico.
Aveva davvero stile, si era ritrovata a pensare Giulia, osservandolo meglio. Indossava una maglia nera e dei pantaloni dello stesso colore, di evidente taglio sartoriale, e portava al collo una delle collane più strane che avesse mai visto. Sembrava fatta di chiodi.
«Bellissima la collana.Dove l'hai presa?», non aveva potuto astenersi dal chiedergli. Tancredi le aveva spiegato che si trattava di un regalo, ed il discorso era poi continuato per qualche minuto, al punto che erano arrivati a parlare di come lui avesse previsto di studiare moda qualora non fosse riuscito a vivere di musica.
«Ma quindi anche tu scrivi?»
«Sì, in questa casa stasera ci sono ben quattro cantanti a vostra disposizione»
«Lo sospettavo», aveva risposto ridendo Giulia.
«Giusto qualche sera fa, ho sentito il vostro amico, Sangiovanni, esibirsi. È bravo.»
Definirlo bravo per Giulia era un eufemismo, ma non trovava parole più adatte in quel momento per descriverlo.
«Sangio è destinato a grandi cose, glielo dico sempre. Non a caso è stato il primo ad essere notato, tra di noi. Deve solo decidersi a firmare con una delle tante case che gli girano intorno.»
«E cosa aspetta?»
Tancredi era scoppiato a ridere.
«Non lo so, chiediglielo tu.»
A quel punto Giulia si era girata a cercare il soggetto dei loro discorsi con lo sguardo. Era nel soggiorno, impegnato a scrivere un messaggio, una bottiglia in una mano e nell'altra il telefono. Quell'espressione corrucciata, lo sguardo ingrigito, ben si addicevano all'immagine che aveva iniziato a farsi di lui.
Giulia odiava le prime impressioni. Tanto che non si permetteva mai di giudicare una persona, prima di averci parlato almeno una seconda volta. Pensava sempre a tutte le volte in cui era stata bollata come stramba solamente perché a primo acchito le persone si concentravano sul fattto che ridesse troppo quando era nervosa, o che non riuscisse a stare ferma su una sedia per più di due minuti. Era una cosa che non sopportava.
È proprio per questo che vedendolo lì da solo, lo aveva raggiunto, approfittando della situazione per cercare di conoscerlo un po' di più. La vedeva un po' come se gli stesse concedendo una seconda possibilità .
«Hey. Giovanni, giusto?»
«Sí. Ciao,»
«Posso sedermi qui?», gli aveva chiesto,indicando il divano.
Sangiovanni le aveva fatto cenno di accomodarsi, mentre spostava qualche cuscino per farle spazio.
«Volevo farti i complimenti.» aveva iniziato Giulia, nel disperato tentativo di stroncare sul nascere quello che sarebbe stato sicuramente un imbarazzante silenzio.
«Ero al locale sabato scorso, quando ti sei esibito. E mi hai lasciato senza parole. La canzone era bellissima.»
Giovanni non aveva risposto subito, al punto che Giulia pensava di averlo spaventato con il suo approccio. Forse era stata troppo espansiva.
«Grazie, io-» non aveva fatto in tempo a terminare la frase, che il telefono che ancora aveva in mano aveva iniziato a squillare, segnalando una chiamata in entrata.
Dopo aver lanciato un'occhiata distratta allo schermo, Sangiovanni si era fatto cupo.
«Scusa, devo rispondere.»
Senza dire altro si era poi alzato e portandosi il telefono all'orecchio era sparito in balcone.
Giulia non sapeva cosa pensare.
Si era costretta a lasciare perdere e
mentre Calcutta in sottofondo cantava di Duomo e paracetamolo, Giulia aveva raggiunto Luca in cucina con l'intento di rendersi utile. Questo le aveva subito assegnato il compito di scolare la pasta mentre lui ultimava la preparazione di quello che, stando a quanto anche gli altri avevano detto, doveva essere il suo famoso piatto forte: il sugo.
Le era capitato più volte, nel corso della serata, di notare Sangiovanni fissarla.
Le prime volte aveva preferito convincersi che il fatto che i loro occhi si incrociassero così spesso fosse solo frutto del caso.
Poi, aveva dovuto ricredersi.
Ed era proprio per questo motivo che Giulia non riusciva a spiegarsi perché non le fosse mai venuto a parlare.
A cena erano capitati vicini, ed ogni volta che per sbaglio, il ginocchio dell'uno aveva sbattuto con quello dell'altro, aveva sentito Giovanni trattenere il respiro, imbarazzato.
Nonostante questo, la serata era stata incredibilmente piacevole.
Era evidente che tra i quattro ragazzi ci fosse un rapporto quasi fraterno, tanto che battutine e aneddoti avevano fatto da contorno ai vari discorsi che il gruppo aveva intrapreso durante la cena.
Era stato Tancredi il primo a chiedere alle due ragazze come si fossero conosciute.
Chiara aveva subito preso la parola, raccontando come fosse stata Giulia la prima a farsi avanti.
«Avremmo avuto qualcosa come nove, dieci anni. Avevo iniziato a frequentare l'accademia di danza da poco ed ero la più piccola del mio gruppo. Era tutto più grande di me. E nessuno si era sforzato di farmi sentire a casa, diciamo. Ero molto timida ed era naturale per me nascondermi nello spogliatoio durante le pause. È lí che ho conosciuto Giulia. »
aveva fatto l'occhiolino all'amica,sorridendo. «Un giorno mi ha raggiunta e proprio quando sembrava mi volesse dire qualcosa, è inciampata, andando a sbattere contro gli armadietti con tanto di un sonoro tonfo. Mi erano venute le lacrime agli occhi per quanto ho riso,quel giorno. Solo più tardi ho scoperto che questa stupida l'aveva fatto apposta,»
A quella rivelazione tutti i presenti si erano girati a guardarla, tra l'incredulo e il divertito. C'era uno sguardo in particolare tra gli altri che sentiva bruciare vivido sulla pelle.
A quel punto Giulia si era sentita in dovere di giustificarsi, alzando le mani.
«È vero l'ho fatto apposta. Ma solo perché volevo strapparti un sorriso. Avevo sperimentato anche io qualche anno prima quanto la cattiveria delle ragazzine di quella scuola potesse essere pesante da sopportare. Volevo aiutarti. Quello mi era sembrato semplicemente il modo più facile per farlo.»
«Di sicuro il più buffo.» ,aveva aggiunto Aka, suscitando un riso generale.
Il racconto di Chiara era poi continuato, con grande gioia dei ragazzi che continuavano a farle domande appena trovavano l'occasione.
L'unico che taciturno giocava con i rimasugli nel suo piatto era Giovanni.
Sembrava pensieroso, e Giulia non aveva potuto fare a meno di chiedersi se qualcosa di quello che aveva detto, lo avesse turbato.
Tra una chiacchiera ed un brindisi per festeggiare il contratto discografico di Deddy, si era fatta presto l'ora di rientrare. A testimoniarlo, il messaggio di Susi che ricordava alla figlia di rientrare.
Chiara era già andata via. La madre era arrivata giusto qualche minuto prima e le aveva anche offerto un passaggio, che Giulia però aveva prontamente rifiutato. D'altronde, abitava lì vicino e non era poi così tardi da non poter farsela a piedi. Al massimo avrebbe preso un taxi.
«Ragazzi devo andare anche io,» aveva annunciato ai quattro che erano in quel momento impegnati a sparecchiare.
«Ti vengono a prendere?» le aveva chiesto subito Luca.
«No, tanto abito qui dietro. Pensavo di prendere un taxi o di andare direttamente a piedi,»
«Sicura? Qualcuno di noi può venire con te.» ,si era intromesso Deddy.
Giulia stava giusto per dire che non ce n'era bisogno quando era stata interrotta.
«Ti accompagno io.»
A parlare era stato Giovanni.

Una lacrima sul viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora