Capitolo 3

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Verso la fine di giugno i preparativi del matrimonio si fecero ancora più intensi, la pancia di Greta più grande e gli impegni più numerosi. Io e le ragazze iniziammo a pensare all'addio al nubilato di Arianna, il giorno prima delle nozze. Era una bella coincidenza che quel giorno cadesse proprio del giorno di Arianna, il trenta settembre.
Il telefono del mio ufficio squillò e dimenticai tutto ciò che riguardava il matrimonio, i viaggi e la vita personale. Ero di nuovo nella modalità capo.
"Capo, c'è Dylan Brown al telefono"
Roteai gli occhi mentre le dissi di passarmelo, gli avevo detto tantissime volte di non chiamarmi sul telefono dell'ufficio ma sul personale "Evelyn!" mi salutò allegro lui.
"Dylan" feci io "Telefono personale, ricordi?"
"Sono di fretta e questo è il numero che mi è capitato prima davanti!" si difese "È una cosa veloce, comunque"
"Dimmi pure"
"Tu e Henry confermate per il fine settimana di San Valentino, vero? Le camere per l'inaugurazione stanno per finire"
"Confermiamo" gli risposi, poi ridacchiai "Perchè proprio San Valentino, Dylan? Speri di trovare qualcuno?"
"Può darsi" ridacchiò anche lui "Come stai?"
Mi adagiai sullo schienale della sedie "Bene, ma oberata di lavoro"
"Henry come sta?"
Corrugai la fronte "Bene, credo" forse non avrei dovuto aggiungere il credo, ma non lo vedevo dalla sera prima. Si era alzato prima di me ed era andato in ufficio presto, non era a letto quando mi ero svegliata quella mattina. Mi aveva mandato un messaggio per dirmi che era a lavoro e che mi augurava una buona giornata "Non l'hai sentito?" aggiunsi.
"Sì, anche se per solo trenta secondi" esitò prima di aggiungere "Mi sembra un po' abbattuto in questi giorni, va tutto apposto tra voi due?"
Mi accigliai ancora di più "Certo che va tutto bene" senza volerlo, mi ero messa sulla difensiva "Non ci vediamo molto, tutto qui. Siamo entrambi molto impegnati"
"E non avete parlato in questi giorni?"
"Dylan, cosa non mi stai dicendo?"
"Niente, niente" ritornò al suo tono di voce spensierato "Solo curiosità, devo andare ora. Non mi illudo nel dirti di vederci presto, credo che ci incontreremo direttamente al matrimonio di Arianna"
Il sorriso che feci non era molto allegro, ma per fortuna non c'era nessuno ad osservarmi "Cercheremo di organizzare qualcosa, quando Henry non ti vede per molto tempo si sente male"
Dopo ulteriori saluti, chiudemmo la telefonata e tornai a lavoro. Dylan e Henry non si vedevano da molto tempo, forse era per questo che Henry gli era sembrato un po' abbattuto, anche se non mi sembrava molto da Henry. Forse era solo stanco per il lavoro, lo eravamo tutti.
Ad ogni modo, in quel momento dovevo lavorare e scossi la testa per scacciare tutti i pensieri.

Quel giorno, a quanto pareva, era quello delle visite, perchè Trevor si presentò in ufficio in veste di poliziotto in borghese con un aria così seria da far invidia a chiunque. La sua vita non era stata molto felice negli ultimi anni. Aveva litigato pesantemente con la madre e non si parlavano da circa due anni, se non per gli auguri di compleanno e di Natale. In più la sua fidanzata era morta in un brutto incidente stradale solo l'anno prima, da quel momento aveva perso una buona parte della sua giovialità e serenità, diventando più cupo e serio.
"Ehi, Trevor!" ero sempre felice di vedere il fratello di Henry "Non ti vedo da secoli"
"Mi dispiace Evelyn, ma non è una visita di cortesia"
Prima Dylan e le sue preoccupazioni per Henry, ora questo.
A quanto pare quella non doveva essere una giornata allegra, per me.
Raddrizzai la schiena e gli indicai con un cenno la sedia davanti alla mia scrivania "Accomodati, allora"
Lui fece come gli dissi, togliendosi la pistola dalla fondina e posandola sulla mia scrivania, assicurandosi prima di aver attivato la sicura "Ultimamente ci sono stati molti omicidi, quasi tutti dipendenti degli uffici in questa zona della città"
Annuii, cercando di capire dove stesse andando a parare.
"Volevo chiederti se avessi notato qualcuno di sospetto, qualcuno che potesse sembrare pericoloso"
"Molte persone passano per questa zona" gli risposi calma "Ma non ho visto nessuno che destasse sospetti"
"Visto il target delle vittime, la mia parter ha ipotizzato che potesse essere uno stesso dipendente della City a compiere gli omicidi. C'è qualcuno dentro la tua società, o un dipendente degli altri piani di questo palazzo, che pensi possa essere il responsabile?"
"Sono sicura che non sia nessuno dei miei dipendenti, ma non posso rispondere per quegli degli altri piani siccome non li conosco personalmente. Perchè non li interrogate tutti?"
"Hai idea di quanti sono, Evelyn? Ci vorrebbero intere settimane per interrogare tutti quelli nella City"
Non gli risposi e lui si strofinò una mano sul viso, dicendomi "Stiamo impazzendo, l'assassino non lascia tracce e andiamo sempre a finire in un vicolo cieco"
"Mi dispiace" dissi soltanto.
"Stai attenta" mi disse alzandosi "E tieni gli occhi aperti, qualsiasi cosa strana tu veda, chiamami"
"D'accordo" mi alzai anche io, accompagnandolo alla porta "Ma stai attento anche tu"
Con un ultimo cenno del capo, Trevor uscì dal mio ufficio ed io, finalmente, tornai a lavorare.

Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora