Capitolo 32

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In tutta la mia vita adulta, non avevo mai pensato a come dire alla mia famiglia che mi sposavo. Sicuramente non era una cosa che volevo fare per telefono, per questo motivo io e Henry eravamo saliti su un aereo e stavamo volando verso l'Italia.
Dopo che l'aereo si fu stabilizzato dopo il decollo, Henry mi prese la mano e intrecciò le nostre dita "Saranno felici"
"Certo che lo saranno" ribattei "Ti adorano, probabilmente mi hanno maledetta per averti lasciato"
"Tecnicamente, sono io che me ne sono andato" lo disse ridendo, ma c'era una cautela nella sua voce che implicava un suo studio della mia reazione, per capire se fossimo di nuovo stabili come una volta.
"Oooh" esclamai sorridendo "Al matrimonio avrai la porzione più piccola di torta, per punizione"
"Avrò il mio dessert più tardi, dopo il matrimonio"
Una giovane assistente di volo, di forse vent'anni, si schiarì la gola, con il volto rosso "Volete qualcosa da bere, signori?"
Henry mi rivolse un ultimo sguardo ammiccante mentre io le rispondevo "No, grazie".
"Io adoro i tuoi genitori" iniziò a dirmi lui "Ma sai cosa non sopporto?"
"Lo so"
"Ah, sì?"
"Dormirai sul divano"
"Non è il divano il problema"
"Tutto solo..."
"Ecco!" mi baciò una tempia affettuosamente "Abbiamo così tante notti insonni da recuperare, ma non riesco a fare sesso con i tuoi genitori nell'altra stanza" aveva detto l'ultima parte un po' troppo ad alta voce, perché un bambino con un peluche in mano che tornava dal bagno si rivolse verso di lui chiedendoli "Cos'è il sesso?"
Io soffocai una chiamata, mentre Henry strinse le labbra e spalancò gli occhi "Non ti hanno mai detto che non si parla agli sconosciuti?"
Stavo ridendo talmente forte che avevo le lacrime agli occhi, ma mi morsi le guance per non fare rumore, visto che le persone sedute davanti a noi stavano dormendo "È così che spiegherai il sesso ai nostri figli?"
Henry fece un sorriso sghembo "I nostri figli, eh?"
Mi resi conto in quel momento che non avevamo ancora parlato di figli, ma erano passate solo due settimane dalla nostra riappacificazione, eravamo stati impegnati in Altro. In più, avevamo anche iniziato a programmare il matrimonio con Hailey, la nostra wedding planner.
Dato che avevamo ancora un'ora di volo a disposizione, tanto valeva parlarne ora.
"Sì... Insomma" abbassai lo sguardo sulle mie mani, intrecciate in grembo, poi mi resi conto di non aver nulla di cui preoccuparmi, perciò guardai Henry negli occhi mentre dissi "Voglio dei figli. Prima non pensavo di volerne, ma ora ne sono certa"
"Anch'io voglio dei figli. I nostri" era serissimo, i suoi occhi erano legati ai miei da un filo invisibile "So che è una cosa mielosa e che noi non ci diciamo certe cose, ma è da un bel po' che so di volere dei figli con te"
"Quando l'hai saputo?"
"Vuoi il momento esatto?"
"C'è un momento esatto?"
"Ogni cosa che riguarda te ha un momento esatto, Eve"
Il mio cuore fece una capriola, così annuii soltanto, incapace di parlare.
"Ti ricordi quell'evento di beneficienza che venne organizzato all'università di Cambridge per Natale? Tu hai cantato e suonato sul palco, eri splendida" mi sorrise dolcemente prima di continuare "Eri una forza della natura Ricordo di aver pensato Spero che i nostri figli saranno come lei. È stata la prima volta in tutta la mia vita che ho pensato ad una famiglia. Da quel giorno, non hai fatto altro che confermare il mio pensiero Sono sempre stato estremamente orgoglioso di te"
Il labbro inferiore mi tremava, così come le mani, che Henry prese prontamente tra le sue "Non voglio aspettare per dei nostri figli" gli dissi, sicurissima "Non appena ci sposiamo, voglio iniziare a provare"
Il volto di Henry era felicità pura, gli occhi gli si erano fatti lucidi "Davvero, Eve?"
"Davvero, Henry"
Ci baciammo, ancora e ancora, anche se sapevamo di avere a disposizione tutta la vita per stringerci.


Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora