Una bufera di neve improvvisa colpì Londra, rendendo impossibile muoversi da casa per poter andare a lavoro. Così, per quella settimana rimasi con la tuta in casa, seduta ad una scrivania che avevo ordinato da internet un mese prima e che avevo sistemato in salotto. Accesi il computer, mi legai i capelli in una coda di cavallo disordinata e mi misi a lavoro da casa, ringraziando l'inventore del riscaldamento automatizzato.
L'inizio di marzo, con questo blocco a causa della neve, non era stato dei migliori, ma per lo meno avevo avuto l'occasione si sistemare delle cose in casa, dovendo restarci per un'intera settimana.
Per la prima volta, entrai nello sgabuzzino dove avevo "buttato" i dipinti di Henry; per quanto non volessi vederli, mi dispiaceva rovinarli facendoli stare appoggiati ai muri e pieni di polvere, per cui aprii l'armadio a muro che non ricordavo che avessi e li sistemai con cura lì dentro, stupendomi che ci entrassero tutti. Poi andai nel suo studio di pittura, che avevo lasciato intatto come un santuario, e pian piano rimisi le poche cose che Henry non aveva portato via nello stesso sgabuzzino dei dipinti, coprendole con un telo bianco.
Rimase il problema di che fare di quella stanza vuota, circondata da vetrate e con una vista mozzafiato. Decisi infine che quello sarebbe stato il mio studio, per cui spostai lì la scrivania (con non poca fatica) e un carretto bianco che utilizzavo per spostare i libri da una stanza all'altra più facilmente. Era uno studio un po' spoglio, ma non avevo intenzione di abitare lì per sempre, per cui non pensai a dei modi per abbellirlo.
Non avrei mai considerato quell'abitazione come casa esclusivamente mia, perché il fantasma di Henry l'avrebbe sempre abitata, nonostante ormai fossimo andati avanti. Adoravo quell'attico, lo adoravo davvero, davvero tanto, ma andare ad abitare da un'altra parte sarebbe stato l'ideale.
Certo, c'erano fattori come la mancanza di tempo e la mia leggera pigrizia nell'affrontare un trasloco che mi bloccavano. Non potevo concentrarmi sul comprare una casa, persino un piccolo appartamento se tutta la mia attenzione fosse, seppur in maniera salutare, indirizzata verso il lavoro. Mi diedi come scadenza l'estate: a giugno avrei iniziato a cercare una casa tutta mia dove poter abitare senza il fantasma di nessuno.
Quando la settimana di neve finì e potemmo di nuovo tornare a viaggiare in sicurezza con le auto, il primo posto dove andai fu il mio ufficio, per assicurarmi che andasse tutto bene.
Dopo che la mia nuova segretaria, Mary, mi rassicurò, andai a trovare Greta e Shawn per sapere se i bambini stessero bene, visto che a causa del freddo ad Olive era salita la febbre.
"Quindi sta bene?" domandai davanti al calore del loro camino "Effettivamente, Liv non è più molto pallida"
"Stanno bene" confermò Greta, poi aggrottò la fronte "Ma mi ripeti chi è Mary?"
"La mia nuova segretaria"
"E quella vecchia?" domandò Shawn.
"Si è licenziata perché voleva dedicarsi di più alla sua famiglia" risposi, rimettendomi il cappotto "Scusatemi, ma devo andare Sono finalmente riuscita ad inserire la parrucchiera nella mia agenda e se salto questo appuntamento"
"Finalmente ti tagli i capelli!" esultò Greta "Non ti stanno bene così lunghi, stai meglio quando ce li hai fino alle spalle"
Me ne andai ridacchiando, dando un bacio ai bambini.
Dopo essermi tagliata i capelli, feci un giro per i negozi di Londra, pensando che erano passati secoli dall'ultima volta che avevo comprato qualcosa di frivolo come un vestito.
Entrai in uno dei miei negozi di abbigliamento preferiti a Oxford Street e comprai diverse cose, giusto per sfizio. Poi andai in un bar vicino al mio ufficio e bevvi una cioccolata calda, conversando con il barista riguardo al tempo imprevedibile e alla fortuna di avere la possibilità di guardare Netflix o altre piattaforme streaming.
La giornata stava andando magnificamente e decisi di ripeterla una volta ogni settimana, come una specie di rito. Una giornata solo per me stessa, conversando con sconosciuti e sorseggiando cioccolata calda.
La seconda volta che ripetetti questo rito, rifeci esattamente le stesse cose e riandai nello stesso bar della volta precedente, parlando con il barista davanti ad una cioccolata calda.
Questa volta, però, mentre ero seduta sullo sgabello davanti al bancone, sentii una voce fin troppo familiare, che non sentivo da forse due anni.
"Oh, Evelyn" fece la voce femminile, avvicinandosi "Da quanto tempo"
Mi voltai e fronteggiai Mad, la madre di Trevor, che si stava stringendo nel suo cappotto verde per il freddo "Mad" la salutai cordialmente "È un piacere vederti"
Col corso degli anni, il rapporto tra Mad e Henry non era mai evoluto fino ad arrivare l'amicizia, ma sapevano essere cordiali l'uno con l'altra e non tiravano mai in ballo il padre di Henry e Trevor.
Henry col tempo aveva smesso di disprezzarla, ma era arrivato ad una semplice tolleranza benevola. Io, d'altro canto, non l'avevo mai disprezzata davvero, ma mi ero sempre posta con lei con fare guardingo come se avessi dovuto difendere Henry, specialmente dopo quella disastrosa prima cena tutti insieme. Alla fine, lei per me era una semplice conoscente, non eravamo mai entrate in confidenza perché non sentivamo semplicemente il bisogno di farlo.
"Come stai, cara?" si avvicinò al bancone e mentre io le dicevo che andava tutto bene, ordinò due caffè da portare via "Mi fa piacere sentirlo" mi disse poi.
"E tu?" domandai io, più per cortesia che per altro.
"La vecchiaia si fa sentire" rise senza umorismo "Ma a parte qualche acciacco, sto una meraviglia"
"Trevor come sta?" domandai, anche questo per pura cortesia "Non lo vedo da molto"
Le sue labbra si strinsero e inclinò la testa "Per lui è stata molto dura, sai Dopo la morte della sua fidanzata"
Non era una notizia recente, era accaduto uno o due anni prima, ma lui ne era rimasto segnato "Immagino, deve essere dura perdere qualcuno a cui si tiene molto" mi morsi la lingua perché le avevo dato l'assist perfetto per la sua risposta.
"Già, deve essere stata altrettanta dura perdere Henry, non è vero?" non c'era malignità nel suo tono, probabilmente non le importava nemmeno.
"Non è stato bello, ma siamo rimasti in buoni rapporti"
"Meglio così" sospirò "Trevor mi aveva detto che vi eravate lasciati male, ma almeno ora avete risolto la cosa"
"Già" dissi a denti stretti "Che ci fai da queste parti?"
"Trevor è in zona per parlare ad Henry, gli sto portando del caffè"
"Porgigli i miei saluti"
"Lo farò senz'altro" mi sorrise un po' freddamente, pagò i caffè e fece per andarsene, ma prima di lasciarmi da sola, mi domandò "La settimana prossima è il tuo compleanno, vero?"
"Sì" un evento che non aspettavo molto entusiasta, ma le ragazze mi stavano preparando una festa per "farmi divertire", il messaggio per non farti notare la mancanza di Henry era sottointeso.
"Ti faccio i miei auguri allora" si strinse di nuovo nel cappotto "Il primo compleanno senza qualcuno è duro" e detto ciò, se ne andò.
Ed io mi complimentai con me stessa per non averla mandata a quel paese.
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Le sfumate dell'alba
Roman d'amourSEQUEL DE "Le sfumature della notte" • • Sono passati sette anni dal momento in cui Evelyn ha messo piede in Inghilterra, facendone la propria casa. Ora lei e le sue amiche hanno un lavoro di cui sono soddisfatte, le loro vite non potrebbero andare...