Capitolo 14

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Il giorno seguente non uscii di casa e nemmeno quello dopo ancora.
Lunedì non andai a lavoro.
Martedì riuscii a fare qualcosa da casa.
Mercoledì iniziarono le telefonate di preoccupazione da parte dei miei amici, che fino a quel momento mi avevano lasciato il mio spazio per soffrire in santa pace.
Giovedì avvisai i miei genitori che non sarei andata a Natale da loro e fui costretta a dire loro di Henry.
Venerdì le mie amiche si presentarono in ufficio, tentando di rasserenarmi in qualche modo, dicendomi di venire con loro ad una festa di un collega di Michael.
Sabato e domenica furono cancellati dalla mia memoria, per tutto l'alcol che avevo bevuto nell'intimità di casa mia.
E i giorni andarono avanti Lunedì, martedì, mercoledì Ormai non li contavo nemmeno più, tutto aveva perso importanza.
Se andavo a lavoro era per puro dovere, perché ogni volta che entravo nel mio ufficio e vedevo il premio Miglior CEO emergente avevo voglia di urlare e buttarlo fuori dalla finestra.
Alla fine lo misi in un cassetto a prendere polvere.
Dopo quelle prime settimane di frustrazione, rabbia e commiserazione, fu come se mi avessero emotivamente drenata. Non provavo più tristezza, così come non provavo più gioia.
Ero diventata un robot umano, che andava avanti per inerzia e non per la pura felicità di fare qualcosa; Quinn, la mia responsabile del personale mi aveva chiesto se andasse tutto bene, se avessi intenzione di licenziare qualcuno
"Perché dovrei licenziare qualcuno?" fu la mia risposta accompagnata ad un sospiro stanco, era da tanto che non dormivo bene.
"È che tutti hanno notato un cambiamento in lei e ci chiedevamo se stessero arrivando cattive notizie"
"Finché tutti lavorano bene" feci io "Non licenzierò nessuno. È arrivata la nuova segretaria?"
A quel punto Quinn mi aveva guardata come se fossi un alieno "È arrivata da una settimana, capo. Questa è la terza volta che me lo chiedi Stai bene?"
Sbattei le palpebre un paio di volte, poi fissai lo schermo del mio computer "Mentre vai, puoi dirle di portarmi un caffè, per favore?"
Quinn si alzò, ma non registrai il momento in cui se ne andò e chiuse la porta, perché la mia attenzione era focalizzata su un pop-up che era appena apparso nell'angolo in basso a destra dello schermo.

Ricordi questo giorno di quattro anni fa?

Era una foto mia e di Henry a Firenze, durante uno dei nostri tanti viaggi. In realtà. nella foto c'era solo Henry dal busto in su a Piazzale Michelangelo, la vista era stupenda quasi quanto lui. Da un angolo della foto compariva il mio avambraccio perché Henry, nel momento in cui l'avevo scattata, mi stava baciando il palmo della mano.
Feci dei respiri controllati per diversi minuti, come se volessi evitare un attacco di panico, e fissai quella foto che avrei dovuto cancellare.
Avrei dovuto farlo, ma non lo feci, perché mi rifiutavo di eliminare le tracce della nostra relazione; sarebbe stato come affermare che non era mai esistita ed io non volevo, non potevo farlo.
Non notai il cielo che si scuriva o le persone che andavano via dagli uffici, ma fui costretta a notare la mia nuova segretaria, di cui non ricordavo nemmeno il nome, si affacciò nell'ufficio dandomi la buonanotte e augurandomi un buon Natale.
"Buon Natale?" mormorai confusa, pensando che mi stesse prendendo in giro "Manca ancora una settimana a Natale"
"Oggi è la vigilia, capo" assunse un'espressione preoccupata, ma la voglia di tornare a casa sua era più forte di qualsiasi apprensione, così alla fine se ne andò lasciandomi da sola.
La vigilia? Come era possibile che fossimo già arrivati a Natale? Avevo davvero perso la cognizione del tempo e del mondo attorno a me.
Controllai il mio telefono personale, che ormai tenevo quasi sempre spento, e decine e decine di notifiche mi piombarono sullo schermo.
Dodici chiamate perse da Greta.
Cinque messaggi scritti di Shawn.
Trentasette chiamate da Federica.
Arianna mi aveva scritto almeno una cinquantina di volte.
Avevo due messaggi da parte di Michael e uno da parte di Luke.
Era da giorni che non prendevo quel telefono in mano, la mia segreteria telefonica era stracolma.
Partii dai messaggi in segreteria da Arianna.

"Ehi Eve! Non ti vediamo da un sacco, ti va di incontrare me e Federica a pranzo per comprare dei regali ai figli di Greta?"
"Immagino che ti starai ammazzando di lavoro In ogni caso, ti va di venire a casa da me e Michael? Potremmo parlare un po', magari bere qualcosa Non so, dimmi tu"
"Sono di nuovo io, Arianna, stai bene? Non è da te non rispondere, ci chiedevamo se andasse tutto bene"
"Io e Michael oggi partiamo, ti avevo detto che quest'anno festeggeremo il Natale in Italia? I miei si sono così offesi l'anno scorso solo perché siamo rimasti a Londra! Io e le altre ci vediamo per pranzare insieme e salutarci, tu ci sei? Ci teniamo a vederti e a darti i nostri regali!"
"Ciao... E buona vigilia. So che ieri non sei venuta solo perché non hai sentito il mio messaggio, non sono arrabbiata Ho lasciato il mio regalo per te a Greta, io e Michael torneremo il ventotto, se ti va puoi passare da casa e ci beviamo una cioccolata calda insieme, come ai tempi del Valerie's"

Dopo aver ascoltato le altre decine di messaggi, passai a Federica.

"Non hai idea dei vestitini che io e Arianna abbiamo comprato per Liv e Aaron! Domani devi assolutamente venire a casa nostra per vederli!"
"Ciao Eve, ho finito quel libro che mi avevi prestato È stupendo! Chiamami appena puoi, così ne discutiamo!"
"Evelyn, inizio a preoccuparmi. Anzi, tutte noi ci preoccupiamo Capiamo che quella sera sia stata dura per te, magari ne vuoi parlare? Sai che siamo sempre qui per te"
"Buon ventitré dicembre! Io e Luke passeremo il Natale con le nostre famiglie, i miei genitori sono venuti a Londra quest'anno! Vieni al pranzo con le altre oggi? Non hai idea del regalo che ti ho preso. Ma non te lo dico se non vieni! Spero che tu venga. Vieni, per favore"

Gli altri messaggi dicevano più o meno la stessa cosa, così ascoltai quelli di Greta.

"Evelyn! Da alcune battutine, Arianna e Federica mi hanno fatto capire di aver comprato dei vestitini ridicoli ad Aaron e Liv Tu ne sai qualcosa?"
"In questi ultimi sabati non sei venuta a casa per la nostra cena abituale Tutto bene? So che è un periodo difficile tra il lavoro e.... Tra il lavoro e tutto, ma se ti va posso mollare i bambini a Shawn e venire da te, oppure tu puoi venire da me. Insomma, possiamo parlarne se ti va"
"Io e Shawn rimaniamo a Londra per il Natale, non vogliamo viaggiare perché i bambini sono ancora troppo piccoli Vieni a fare un salto se ti va. Forse verso il tardi ci raggiungono anche Federica e Luke, Arianna è partita ieri ma mi ha lasciato il suo regalo per te. Nessuna pressione, ovviamente, ma ci faresti molto felice se venissi. Buona vigilia, Eve"


Deposi il telefono nella borsa con le mani che mi tremavano e con la consapevolezza di essere una terribile, pessima amica.
Per la prima volta dopo settimane, provai qualcosa; non avevo parole per descrivere quanto fossi arrabbiata con me stessa, quanto fossi in collera perché mi ero permessa di abbandonarmi alla mia tristezza.
Scrissi un messaggio sulla chat di gruppo che avevo con le mie amiche "Appena visto tutte le chiamate. Scusatemi. Greta, per te va bene se vengo a casa tua dopo cena?"
La conferma immediata di Greta mi fece sentire ancora più incolpa, ma mano a mano che tornavo a causa venni di nuovo trascinata nel vortice del nulla emotivo.
Cosa stava facendo Henry? Come avrebbe festeggiato il Natale?
Non sapevo nemmeno dove fosse la sua nuova casa.
Nella solitudine del mio salotto, in un momento di estrema debolezza fui tentata di chiamarlo e augurargli una buona vigilia di Natale, ma qualcuno bussò prepotentemente alla porta d'ingresso e fui riportata alla realtà.
Quando aprii la porta, mi trovai davanti l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere in quel momento.
"Hai un aspetto orribile" mi sentii dire, poi lasciai che mia sorella Jenna mi abbracciasse.

Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora