Capitolo 8

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Non avrei saputo dire cosa fosse successo nei sette giorni che seguirono.
Non avrei saputo spiegare il vuoto nel mio petto dopo aver aperto la cabina armadio e osservato la parte vuota della stanza.
Per la settimana che seguì la rottura, continuai la mia vita in modo meccanico. Era come osservare il mio corpo da lontano, senza esserne davvero partecipe: mi guardavo andare a lavoro, mangiare se mi ricordavo e andare a letto, da sola.
Era strano, io e Henry eravamo diventati una presenza estranea l'uno per l'altro: andavamo a letto ad orari diversi e non ci svegliavamo mai insieme Ma ora sentivo che dormivo sola.
Era da una settimana che non parlavo con nessuno, o per lo meno nel modo intimo in cui parlano gli amici.
Siccome quel giorno Arianna era tornata dalla luna di miele, ci saremmo viste a casa di Greta, dove ci avrebbe raccontato ogni cosa.
Nessuna di loro sapeva ancora della rottura ed ero pienamente consapevole di doverlo dire, ma qualcosa mi fermava. In quel modo sarebbe diventato tutto reale.
Il letto vuoto, la cabina armadio vuota, tutti i suoi dipinti chiusi e sigillati in una stanza dove non avrei potuto vederli.
Tutto reale.
Mentre uscivo dall'ufficio ed entravo nell'auto che mi avrebbe portata dalle mie amiche, lanciai uno sguardo alla strada che avrebbe portato al suo edificio. Stava ancora lavorando? Aveva già detto ai suoi amici che non eravamo più una coppia? L'aveva già detto a suo fratello?
L'ultima volta che avevo visto Trevor era stato tre settimane prima, mi aveva di nuovo domandato se avessi notato qualcuno di sospetto nella zona dove lavoravo. Gli omicidi continuavano, seppur in maniera sporadica, il modus operandi era sempre lo stesso e di conseguenza si presumeva che si trattasse della stessa persona, forse una donna.
"I miei genitori" sussurrai all'improvviso, massaggiandomi le tempie.
Dovevo dirlo anche a loro, ma non era certo quello il momento.
Se sudavo al solo pensiero di rivelarlo alle mie amiche, sicuramente non ero pronta per affrontare la mia famiglia. Henry ed io saremmo dovuti andare in Puglia per Natale, ma avrei inventato una scusa plausibile.
Mi trascinai fuori dall'auto e forzai il mio corpo a premere il campanello della casa di Greta e Shawn. Ci sarebbe stato anche Michael quella sera, ma i ragazzi sarebbero stati in un'altra stanza per lasciarci della privacy.
Mi guardai sorridere a Greta, raggiante per la gravidanza, e mi guardai abbracciare Arianna e Federica, entrambe con un calice di vino rosso in mano.
Scrollai lievemente la testa e tornai nel mio corpo, dicendomi che non potevo dissociarmi proprio in quel momento, con le persone a me più care tutte in una stanza.
"Luna di miele andata bene?" domandai scherzosa, o almeno provando ad essere scherzosa, a Michael.
"Più che bene, non vedi Arianna come sorride?" fu la sua risposta, poi mi sorrise e mi abbracciò affettuoso, così come Shawn.
I due uomini del gruppo si congedarono nel giardino, nonostante facesse davvero freddo, mentre noi ci sedemmo sul comodo divano del soggiorno davanti al camino in pietra acceso.
"È stata una settimana fantastica! Abbiamo fatto il giro dell'Europa, cercando di vedere il più possibile in solo sette giorni!" si erano ripromessi di fare una seconda luna di miele, quando entrambi avrebbero avuto meno impegni "Abbiamo preso un aereo ogni due giorni, ma è stato divertente Copenaghen è stupenda, ma Amsterdam lo è ancora di più! Ho visto certi paesaggi, ragazze" fece una o due battute sull'energia di Michael una volta arrivati in ogni hotel e dopo una lunga giornata di escursioni e visite guidate, poi ci vede vedere delle foto tenerissime di loro due e delle città che avevano visitato.
In quel momento mi sentii una pessima amica, perchè osservavo i due anelli all'anulare sinistro di Arianna, del fidanzamento e la fede nuziale, e mi sentivo sia felice che triste. Felice per lei, triste perchè era un continuo rimando a Henry, a ciò che voleva e a ciò che io non potevo dargli, non in quel momento.
"Vi ho preso dei regali!" fu la conclusione del suo racconto "Varie tazze per il thè, alcune magliette" prese delle buste dalla sua borsa "E dei portachiavi per Henry, Evelyn e la loro assurda tradizione!"
E lì scoppiai.
Dovetti far paura alle mie amiche, perchè dall'avere un sorriso allegro passai ad un'espressione corrucciata e gonfia, sebbene senza lacrime.
Singhiozzavo, ma la mia faccia rimaneva asciutta e sembrava che stessi soffocando.
Non avevo ancora pianto veramente e non lo feci nemmeno in quel momento.
"Tesoro..." iniziò a dire Federica, mettendomi una mano sulla spalla "Cosa è successo?"
Le parole si riversarono fuori dalla bocca come dell'acqua che andava oltre una diga distrutta.
Dissi loro tutto, della proposta di matrimonio, del mio rifiuto, della nostra rottura Dissi loro tutto, ma non trovai alcun conforto.
Pensavo che, una volta detto tutto a voce, mi sarei sentita meglio, ma non fu così.
"Tu e Henry" ripeté Arianna, incredula "Non state più insieme?"
Scossi freneticamente la testa e bevvi tutto in un sorso il vino dentro il mio calice "Il giorno dopo il tuo matrimonio, ha mandato qualcuno a prendere tutte le sue cose"
"Che stronzo!" esclamò Greta "Solo perchè non volevi sposarlo?"
"Non è che" mi morsi il labbro inferiore e ripresi a parlare con più calma "Non è solo quello, anche prima c'erano delle cose che non andavano più. Non si vedevano, perchè non c'era ancora così tanta tensione da non poter respirare, ma c'erano"
"Mi sembra così strano" fece Federica, bevendo anche lei del vino "Ho sempre pensato che voi due foste perfetti insieme"
Alzai le spalle e affondai la schiena nel divano "Lo eravamo, un tempo" ancora niente lacrime, ma era passato il momento isterico dello sfogo, ora sentivo di nuovo il vuoto assoluto "Ma siamo cambiati entrambi, non andavamo più bene l'uno per l'altro"
Nessuna di loro tre sapeva bene che dire, ma non le biasimavo: al loro posto, avrei fatto qualche battuta inopportuna che avrebbe peggiorato solo la situazione, poi avrei proposto di bere altro vino.
Michael e Shawn, congelati, entrarono in fretta e si posizionarono davanti al camino, poi percepirono l'atmosfera nella stanza e ci domandarono cosa fosse successo.
Le mie amiche mi guardarono, lasciando a me la decisione di annunciarlo anche a loro o no.
"Avete presente Henry?" provai a metterla sullo scherzo perchè non volevo avere un altro sfogo "Ecco, potete non invitarlo alla prossima cena tra amici"
"Vi siete lasciati?" chiese subito Shawn, spalancando gli occhi e guardando la moglie, cercando una risposta nel suo volto.
"Già"
"Quando?" domandò invece Michael.
"Dopo il vostro matrimonio, non appena tornati a casa"
"Eve" Michael si avvicinò, anche se sembrava un po' goffo quando voleva confortare qualcuno "Mi dispiace, davvero"
Shawn, espansivo com'era, si fiondò subito ad abbracciarmi "Puoi restare da noi se non vuoi stare sola"
Gli diedi una pacca sulla spalla e mi svincolai dall'abbraccio "Sto bene, davvero. Magari un po' scossa, alla fine erano sette anni che stavamo insieme, ma è stata la cosa migliore da fare" erano parole meccaniche, senza un briciolo di emozione, ma era ciò che dovevo dire, pensare, per non cadere a pezzi.
"Domani deve venire nel mio ufficio per l'edificio che sto progettando" mi informò Michael, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Arianna "Vuoi che faccia finta di non sapere niente?"
Scrollai le spalle "Non mi importa" e lo intendevo davvero: non mi importava, perchè avrebbe dovuto? Eravamo persone adulte che avevano avuto una storia e l'avevano chiusa, non adolescenti liceali.
Guardai l'orario sul telefono e finsi un'espressione sorpresa "Oddio, si è fatto tardi Domani mattina presto ho delle riunioni, meglio che vada a dormire"
"Vuoi un passaggio?" mi domandò Federica.
Scossi al testa e feci un sorriso, anche se forzato "Ci vediamo il prima possibile, ciao a tutti!"
Uscii dalla casa il più in fretta possibile, prendendo i regali di Arianna ed evitando di guardare i portachiavi.

"Promettimi di portarmi un portachiavi nuovo ogni volta che parti Potrebbe essere una bella tradizione"

"La nostra tradizione... Sì, mi piace"

Mentre guidavo, mentre mi mettevo a letto, rievocai il ricordo di quella conversazione, di quel pomeriggio ozioso nella nostra casa a Cambridge, di tutti i pomeriggi a non fare niente se non stare nelle braccia l'uno dell'altra.
Ancora niente lacrime.


Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora