Capitolo 5

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In onore del colore preferito di Arianna, i nostri vestiti da damigelle erano blu, seppur in diverse sfumature. Il mio vestito era blu chiaro, quasi azzurrino, con delle spalline sottili, uno spacco laterale che partiva dalla caviglia e aderente in alcune parti del corpo, per dar l'effetto delle onde di un mare.
Ai piedi indossavo dei sandali argentati con il tacco alto, dal mio collo pendeva un piccolo punto luce e al polso Al polso sinistro avevo il bracciale che Henry mi aveva regalato per il nostro primo Natale insieme, in vacanza dalla mia famiglia.
Per poco non mi sentii male osservando quel bracciale che non avevo mai tolto, nonostante tutti i momenti brutti che avevamo passato.
L'acqua della doccia aveva smesso di scorrere, Henry sarebbe uscito dal bagno in pochi minuti, ma mi sedetti davanti alla toeletta in camera per truccarmi.
Volevo che mi guardasse, volevo che dopo non so quanto tempo mi guardasse e desiderasse. Mi ero stancata di questa crisi, volevo tornare ad essere noi.
Evelyn e Henry.
Henry e Evelyn.
Una squadra.
Mi sentivo ad un punto di rottura, sentivo il mio petto pesante e l'aria che mi mancava.
Quando lui venne in camera nostra, nell'attico che avevamo comprato insieme circa due anni prima, non mi disse una parola.
Si sistemò i gemelli nei polsini della camicia in silenzio, mentre io finivo di truccarmi e mi acconciavo i capelli in un piccolo chignon, lasciando due ciuffi liberi incorniciarmi il viso.
Mi alzai e gli andai vicino, togliendo dalla sua spalla della polvere inesistente, solo per avere una scusa per toccarlo.
I suoi occhi blu incontrarono i miei, da quanto avevano smesso di brillare? Da quanto sembravano prosciugati?
"Stai molto bene" mi disse, ma sembrava una forzatura.
"Anche tu" replicai con lo stesso tono tirato.
Per noi due parlarci era semplice come respirare, da quanto era diventato così difficile?
Come se estenuati per lo sforzo, non ci dicemmo nient'altro e ognuno riprese a prepararsi per il grande e felice evento.
Chissà come si doveva sentire Arianna ora Non vedevo l'ora di raggiungerla e di starle accanto, assieme a Federica e Greta. Nonostante la pancia enorme, Greta aveva insistito nel camminare assieme a noi verso l'altare, per accompagnare Arianna.
Presi la pochette e mi appoggiai sulla spalla la delicata catenella che faceva da tracolla, mentre Henry si metteva il portafoglio e il telefono in tasca.
Nessuno dei due era molto entusiasta, perchè ci sarebbero stati tutti i nostri conoscenti e nessuno di loro sapeva che stessimo avendo una crisi. Nessuno, tranne Dylan, forse. Sospettavo che Henry gli avesse parlato, ma se Dylan sapeva di quello che era successo tra di noi, non me lo aveva mai fatto capire.
Ci sarebbero stati gli amici di Henry, che avevano mantenuto con tutte noi un rapporto d'amicizia nel corso di questi anni, e ci sarebbero stati anche i miei genitori, assieme a mia sorella. Più volte avevo cercato di parlarne con Jenna, ma fallivo ogni volta.
Entrambi sapevamo che dovevamo comportarci in modo amorevole come al solito, e mi chiesi se a Henry la cosa desse fastidio. Mi chiesi se lo irritasse il dovermi tenere stretta a lui quando a malapena mi sfiorava quando dormivamo. Mi chiesi persino se lui capisse quanto stessi soffrendo, dato che lui era l'unico che mi aveva sempre capita. E infine mi chiesi se io capissi quanto lui stesse soffrendo. Sembravamo degli estranei, eppure ci eravamo promessi che non ci saremmo mai comportati come tali.
Ero così immersa nei miei pensieri e nel silenzio che il viaggio fino a Brighton mi sembrò troppo corto. Mi sembrò il viaggio per una condanna a morte.
Tuttavia, non appena raggiunsi Arianna nella capanna su pier allestita per lei, buttai in un cassonetto i miei patetici sentimenti e mi lasciai catturare dalla bellezza della mia amica.
Per poco non piansi, ero così emotiva in quel periodo.
Federica e Greta, quest'ultima seduta su una sedia, erano già lì ad assisterla. C'era anche sua madre che le aggiustava ostinatamente il velo.
"Sei stupenda, Ari" mormorai, posando su una sedia vuota la mia pochette e avvicinandomi allo specchio dove la futura sposa di stava riflettendo.
Salutai con un abbraccio sua madre, poi tutte noi ci dedicammo a preparare la sposa, assicurandoci che neanche un capello fosse fuori posto.
Le facemmo molte foto, ci facemmo molte foto, e alla fine ci concedemmo cinque minuti per piangere senza lacrime. Dopo il matrimonio di Greta, avevo pensato che il prossimo non sarebbe stato così emozionante, ma in quel momento provavo lo stesso affetto e lo stesso senso di fierezza mista a tristezza che si erano impossessati di me anni prima, mentre aiutavamo Greta a vestirsi per la cerimonia.
"Sei nervosa, tesoro?" le domandò la madre, aggiustandole ancora il velo che le copriva i capelli castani, che le scendevano in onde perfette dietro la schiena.
Arianna si lasciò andare ad un lungo sospiro, che poteva voler dire qualsiasi cosa, ma poi sorrise e disse "No, perchè so che lì fuori c'è Michael"
Sua madre iniziò a piangere a dirotto per l'emozione, così passammo i seguenti dieci minuti a consolarla e ad aggiustarle il trucco.
Mancavano dieci minuti alla cerimonia e li impiegai per andare a salutare la mia famiglia, che non vedevo da troppo tempo. Mia sorella era diventata una donna splendida, che possedeva una pasticceria tutta sua nel centro di Verona. I suoi pasticcini erano diventati famosi.
"Che bello vedervi!" dissi sinceramente felice, circondando tutti e tre in un solo abbraccio "Come è andato il viaggio?"
Dopo alcune chiacchiere sul viaggio e il tempo, mia madre mi accarezzò una guancia e mi sorrise "Come sei bella, tesoro"
"Arianna come sta?" domandò Jenna.
"Sta bene" la rassicurai "Dice di non essere nervosa"
"Henry dov'è?" chiese invece mio padre, ma il mio fidanzato, con tempismo perfetto, decise proprio quel momento per degnarci della sua presenza.
"Eccomi" sorrise alla mia famiglia ed io mi gustai quella visione avidamente, con la triste consapevolezza che era solo una farsa "Perdonatemi se non sono venuto prima, ma era una telefonata di lavoro"
Mentiva, Henry aveva lasciato a casa il telefono del lavoro.
La verità era che non voleva affrontare i miei genitori da solo, perciò aveva deciso di sparire dalla loro vista fino al mio arrivo.
"Tu e Evelyn lavorate troppo" fece Jenna "Ogni volta che le telefono mi dice sempre che sta lavorando, mi sembra un po' eccessivo"
Henry fece la miglior risata falsa del mondo "Evelyn si impegna in quello che fa" mi circondò la vita con un braccio, una messa in scena "E tra poco vincerà il premio come miglior CEO emergente" finsi di non percepire il veleno nelle parole che pronunciò dopo "Al momento non c'è cosa più importante per lei"
Non mi aspettavo un colpo così basso, ma mia madre intervenne prima che io potessi dire qualcosa "È sempre stata così, quando ha un obiettivo non guarda in faccia nessuno"
Misi una mano sulla spalla di Henry, stringendo la presa per fargli capire di regolarsi "Devo andare da Arianna, la cerimonia sta per iniziare"
Salutai con un altro abbraccio la mia famiglia, lasciando con una crudele soddisfazione Henry alla loro mercé.
Quando arrivò il momento della cerimonia, io e le ragazze ci preparammo a camminare lungo la piattaforma in legno che avrebbe portato ad un ampio spazio circolare, dove Michael e l'altare aspettavano Michael.
Le figlie delle sorelle di Michael camminarono davanti a noi, lanciando petali rosa come se quello fosse il compito più importante della loro vita.
Durante l'avanzata verso l'altare, mi presi un momento per osservare il futuro sposo: Michael era in piedi, mani strette dietro la schiena, in un completo nero elegante e i capelli pettinati, questo sicuramente grazie a Shawn, che era in piedi accanto a lui in qualità di suo testimone. Il testimone di Arianna, invece, era suo fratello, che cercava disperatamente di rimanere immobile e non lasciarsi andare all'emozione.
Henry e Luke erano seduti nella terza fila di sedie bianche ed eleganti, vicino a Sam, Mario, Alessio e Cosimo. Vidi Dylan, Logan, Chris e Nate seduti dietro di loro.
Quando gli occhi di Michael si posarono su Arianna, lo vidi trattenere il fiato. Lo vidi mettere le mani lungo i fianchi e stringere i pugni, come se non sopportasse l'attesa.
Mi concentrai su Michael anche per non dover guardare Henry e i suoi occhi di freddo gelo, accentuato dall'evento al quale stavamo partecipando.
Arianna andò quasi di corsa da Michael, sorridendo felicissima.
Io e le ragazze ci posizionammo accanto a lei per la durata di tutta la cerimonia, in quanto damigelle e migliore amiche.
Ero contentissima per la mia amica, ma egoisticamente volevo che la cerimonia finisse il prima possibile, volevo tornarmene a casa, volevo ritornare alla pace fredda con Henry. Quella, grazie al lavoro e alla grandezza di casa nostra, era tollerabile. Quella vicinanza, invece, quell'impossibilità di scappare e mancanza di impegni imperdibili, peggiorava la nostra situazione.
Arrivò il momento delle promesse, del "Vi dichiaro marito e moglie" e del bacio.
Tutti iniziammo ad applaudire, felici per i neosposi, felici per la vita che si stavano creando e la famiglia che avrebbero avuto.
Mi azzardai a guardare l'uomo che avrebbe dovuto essere la mia famiglia, ma lui non ricambiò il mio sguardo.
Volevo urlargli di smetterla, volevo urlargli di ritornare il mio Henry, di smetterla di essere quella persona che ero quasi arrivata ad odiare, nonostante tutto l'amore che ancora avevo nel mio corpo.
A volte stentavo a credere che quell'uomo fosse lo stesso che aveva pianto tra le mie braccia dopo aver scoperto del fratello, che mi aveva sussurrato tutte quelle parole dolci nella stanza del dormitorio, che mi aveva dipinto dei quadri che per me valevano più di un intero museo.
A volte stentavo a credere che io fossi la stessa ragazza che si era rifugiata in lui dopo la morte di un'amica, che gli aveva confessato le sue insicurezze, che aveva fatto di lui la propria ancora.
Ma quelle persone non esistevano più.

Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora