Il giorno che aspettavo da tutta la vita divenne il giorno che desiderai passasse il più in fretta possibile.
Il premio che attendevo prima con gioia, ora lo vedevo come una scintillante maledizione.
La persona con cui progettavo questa serata da sette anni, era quella che non potevo vedere.
Feci il tragitto fino al palazzo dove si sarebbe tenuta la cerimonia in auto, da sola. Le mie amiche mi avrebbero raggiunto là, ognuna con i suoi tempi perché avevano una vita da gestire. Greta e Shawn sarebbero stati tutto il tempo con il telefono in mano, visto che quella era la prima volta che lasciavano i figli, anche la madre di Shawn aveva detto loro milioni e milioni di volte che sarebbe andato tutto bene e che era ora che quei bambini stessero con la loro granny.
Io e le ragazze avevamo scelto insieme il vestito per la serata, un abito con il busto celeste chiaro che, scendendo verso la gonna, diventava sempre piangere scuro fino ad essere nero all'orlo. Aveva delle spalline che scendevano morbide sulle braccia, uno scollo a U poco profondo e una sottile cintura decorativa nera e scintillante che mi risaltava la vita. Anche il mio trucco si basava sui toni del celestino e del nero, con un rossetto rosso scuro che mi tingeva le labbra, risaltandone la forma.
Pensare al vestito, al trucco, alle scarpe nere con il tacco che mi facevano male ai piedi... Era un modo per evitare di pensare a lui, alla persona che avrei rivisto dopo mesi, con cui sarei stata costretta ad interagire davanti a tutte quelle persone. Al polso portavo il suo braccialetto, che non toglievo mai. Forse era stato un errore, ma sfiorarlo mi dava conforto, alleviava il vuoto che avevo nel petto.
Continuavo a ripetermi che sarebbe stato facile, che lo avrei guardato negli occhi e non avrei sentito niente. Ma quella sensazione di oppressione aumentava ogni secondo, mentre sfrecciavo verso la causa della mia frustrazione.
Continuavo a ripetermi che ormai avevo chiuso quel capitolo della mia vita, che gli avevo detto addio. Ma la verità era che ormai dormivo nella stanza negli ospiti, perché la mia vecchia camera era la nostra vecchia camera. Perché la cabina armadio era vuota per metà e io non ne sopportavo la vista. Perché lì dove un tempo c'era un suo quadro ora c'era una parete vuota.
Lo avrei rivisto, lo avrei rivisto e forse non ero pronta, forse non volevo, forse era stato tutto un brutto sogno e saremmo tornati a casa insieme, come una coppia amorevole, come facevamo una volta e... Oh, perché il petto mi faceva male? Perché la gola mi bruciava?
L'auto si fermò e guardai fuori dal finestrino stordita, come se quella non fosse la mia vita, come se fossi una spettatrice esterna.
Inspirai, espirai, inspirai e poi espirai di nuovo, dandomi coraggio. Dovevo piantarla con queste ansie da liceale, ormai ero una donna adulta e quello era il mondo in cui lavoravo. Incontrarlo era inevitabile, ma potevo avere la decenza di comportarmi come si deve.
Raddrizzai le spalle e la schiena mentre camminavo, sorridendo alle fotocamere e percorrendo lo spazio dall'auto all'ingresso in maniera pacata, come se avessi tutto il tempo del mondo. Intravidi alcune facce conosciute, tra cui Jim Foster che faceva il bonaccione davanti alle telecamere. Feci finta di non vederlo, perché era una persona che disprezzavo profondamente e che nel corso degli anni era solo peggiorato, soprattutto dopo la morte del padre.
Nessuna delle mie amiche era ancora arrivata, lo sapevo tramite la nostra chat di gruppo, e poi io ero arrivata in anticipo, sperando di avere un qualche vantaggio su non so cosa. Attraversai l'ampio ingresso e andai verso l'ascensore per accedere alla sala della cerimonia. Non c'era nessuno quando vi entrai, ma all'ultimo qualcuno mise la mano tra le porte che si chiudevano, che si riaprirono immediatamente permettendo al proprietario della mano di entrare nell'ascensore.
Quando alzai gli occhi dal telefono, dopo aver risposto con un cuore rosso alla foto dei figli di Greta, vidi Logan, uno dei migliori amici di Henry, in piedi davanti a me con un'espressione imbarazzata "Oh" fece "Ciao, Evelyn"
"Logan" feci a mo' di saluto, irrigidendomi all'istante.
Logan mi era sempre piaciuto, ma non ho mai avuto con lui, così come con gli altri membri del gruppo di Henry, la stessa confidenza che avevo con Dylan, perciò ritrovarmi da sola con lui mi metteva parecchio a disagio dati gli ultimi eventi.
"Così ci sei anche tu, eh?"
Strinsi appena gli occhi "Lo sapevi già che sarei venuta"
"È vero" si grattò la nuca, anche lui a disagio "Era giusto per dire..."
"E tu che fai qui?" cercai di avere un tono amichevole e forzai anche un sorriso, ma il risultato non fu ottimo.
Logan scrollò le spalle "Tutto il gruppo è qui..."
Forse ero sbiancata "Tutto il gruppo?"
"Tranne Nate, gli è appena dato un figlio"
"Ma dai" risposi a denti stretti. Io avevo avvisato Henry della nascita dei figli di Greta, lui poteva avvisarmi di Nate.
"Già, non ha saputo niente finché non è nato... La madre non lo voleva e perciò ha chiamato Nate, dicendogli Sorpresa, sei padre!" stava parlando a raffica, cercando di riempire il silenzio "E non c'è nemmeno Chris, lui e Sophie sono partiti con i figli per New York, passeranno lì il Natale"
"Che bello" mi annotai mentalmente di mandare le congratulazioni a Nate.
"Perciò ci siamo solo io, Dylan e Henry, dopo magari andiamo a prenderci qualcosa... Sai, quelle cose tra uomini"
"Immagino" per mia fortuna le porte si aprirono e Logan si precipitò fuori borbottando un saluto.
Rimasi immobile per due secondi prima di connettere il cervello al mio corpo, ma quando feci un passo in avanti per uscire dall'ascensore e mi concessi uno sguardo alla sala, mi bloccai di nuovo.
Lui era lì, in piedi vicino ad un'ampia finestra. I capelli erano leggermente più lunghi dall'ultima volta che l'avevo visto e la postura era rigida, come se fosse sull'allerta. Quasi come se percepisse il mio sguardo su di lui, si voltò all'istante e i suoi occhi blu incontrarono i miei. Un tempo eravamo stati in grado di comunicare con i nostri sguardi, ma ora c'era il silenzio più assoluto. Ci eravamo entrambi bloccati in quella bolla fatta solo da noi due, le voci delle altre persone, la musica... Si fecero tutti lontani, i suoni e i rumori divennero ovattati.
Se fosse frustrato dalla mia presenza, ammaliato dal mio vestito o indifferente al mio arrivo, non lo lasciò trapelare.
Così come io non lasciai trapelare quanto lo trovassi bello, in quel completo nero come i suoi capelli, quanto volessi andare lì e spingerlo e baciarlo e schiaffeggiarlo.
Erano passati mesi? Sembrava passato un minuto dal nostro ultimo incontro."Quella è la porta se vuoi andartene"
"Manderò qualcuno a prendere le mie cose"Le nostre ultime parole, le nostre ultime parole
Se qualcuno non mi avesse toccato la spalla, probabilmente sarei rimasta bloccata per sempre. Distolsi lo sguardo dal viso di Henry, notando poi che Dylan era in piedi davanti a lui e mi guardava accennando il più impercettibile sorriso, quasi mi compatisse.
"Evelyn Greco, che piacere vederti!" la voce di Jim Foster non mi infastidì quanto avrebbe dovuto, dato che l'alternativa era morire sotto lo sguardo di Henry.
"Jim" feci un sorriso forzato, il primo di tanti "Come stai?"
Si lanciò in un discorso di dieci minuti sulla sua società e su come cercasse una collaborazione con qualcuno su qualcosa che non capii, ma io passai tutto il tempo a pensare a Henry e ai momenti insieme e ai sorrisi dolci e alle parole d'amore e a tutti quegli anni che erano passati e che si erano ridotti ad uno sguardo freddo da una parte della sala all'altra.
"E tu, come vanno le cose da te?" concluse lui, ma aveva già rivolto la propria attenzione altrove.
"Alla grande" risposi, cercando qualcun altro con cui parlare, invano, così alla fine optai per scusarmi e andare alla zona bar, dove avrei preso immediatamente della tequila per calmare i nervi.
Mentre finivo di bere il primo bicchiere, Federica e Luke entrarono nella sala e feci un respiro di sollievo. Non volevo parlare con nessuno che non facesse parte dei miei amici più cari, non ero dell'umore.
"Sei stupenda!" mi disse Federica, abbracciandomi e tenendomi stretta "Ho visto Henry, stai bene?" mi sussurrò poi all'orecchio, affinché nessuno sentisse.
Stavo bene? No, non stavo bene, non stavo bene per niente, tutta la frustrazione che avevo accumulato negli ultimi mesi stava venendo fuori in quel momento, dopo averlo visto per soli pochi secondi. Come avrei fatto a sorridergli mentre mi consegnava quel maledetto premio?
"Devo stare bene" era una non-risposta, ma la mia amica si accontentò e lasciò che Luke, in una delle sue poche manifestazioni d'affetto, mi abbracciasse per salutarmi. Dovevo fargli proprio pena, se era arrivato ad abbracciarmi.
"Forse dovrei salutarlo" mormorò poco dopo schiarendosi la gola "Ho lavorato con lui per tanto tempo e..." non disse chi, ma lo capimmo. Il suo nome non veniva pronunciato più pronunciato ad alta voce, quasi come se portasse malanni di ogni genere.
Federica roteò gli occhi e fece un vago gesto con la mano "Fa veloce"
La mia amica mi fece la benedizione di mantenersi su argomenti di conversazioni leggeri invece che insistere su Henry, poi arrivarono anche Greta e Arianna e mi sentii più al sicuro, con tutte le mie amiche lì per me.
"Era da così tanto che non uscivamo la sera!" squittì Greta allegra "Non sono più abituata ad una Londra notturna!"
Lasciai che mi abbracciassero, poi salutai Shawn e Michael che si guardarono attorno sull'attenti "Lui dov'è?" domandò il primo.
Greta gli diede una gomitata, mentre Arianna guardò male Michael che stava per aprire bocca.
"Ehi" feci io, volendo stabilire una calma che non mi sentivo dentro "Va tutto bene, smettetela di sembrare lupi pronti ad attaccare. Lui è qui, l'ho già visto e in ascensore ho avuto una conversazione con Logan, ho già provato tutto il disagio possibile, la parte difficile è passata"
Bugiarda, bugiarda, bugiarda.
Arianna sgranò gli occhi "Logan è qui?"
"Lui e Dylan, a quanto pare per supportare Henry... Sapevate che Nate è diventato padre? Io no, perché Henry non ha avuto la decenza di avvisarmi anche se io gli avevo scritto della nascita di Liv e Aaron" stavo avendo una crisi di nervi "Email alla quale non mi ha nemmeno risposto con un grazie, ma fa niente! Perché aspettarsi altro da Henry Cooper? Non mi stupirei se non vi avesse fatto le congratulazioni, perché non ve le ha fatte, vero?"
Il mio cambiamento era stato così improvviso che tutto il mio gruppo mi stava guardando stranito, incerto su cosa dirmi.
"Mi ha mandato un messaggio" ammise Greta, titubante "Il giorno dopo la nascita"
Conficcai le unghie nei palmi delle mani "Davvero?"
"Un messaggio abbastanza freddo, se vuoi la mia opinione" intervenne Shawn.
"Non ha detto nemmeno grazie!" feci un sospiro esasperante e chiusi gli occhi per calmarmi.
Non avevo parlato ad alta voce e i miei amici mi si erano messi attorno, così nessuno fu in grado di assistere al mio sfogo nervoso. Ora che era passato mi sentivo molto meglio.
Mi dissi che era normale sentirsi innervositi e straniti, dato che era la prima volta che ci incontravamo da quando avevamo chiuso la nostra relazione. Mi dissi che era normale, completamente normale, essere investita pesantemente dalla nostalgia.
Fui trascinata in conversazioni e foto nell'attesa che la cerimonia iniziasse, ma quando il conduttore della serata salì sul palco, invitando tutti noi al silenzio e al raccoglierci davanti a lui, l'attesa mi lacerò i nervi e fui di nuovo punto e a capo.
Quando lui, in tutta la sua bellezza e sicurezza, dopo esser stato chiamato sul palco, mise quelle labbra accoglienti davanti al microfono tenuto sull'asta per parlare, sentii il cuore in gola.
Quando sentii il mio nome, detto dalla sua voce suadente che milioni di volte mi aveva sussurrato nell'orecchio, piantai sul mio viso un sorriso così forzato che mi facevano male i muscoli.
Si entrava in scena.
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Le sfumate dell'alba
RomanceSEQUEL DE "Le sfumature della notte" • • Sono passati sette anni dal momento in cui Evelyn ha messo piede in Inghilterra, facendone la propria casa. Ora lei e le sue amiche hanno un lavoro di cui sono soddisfatte, le loro vite non potrebbero andare...