Capitolo 30

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Mi svegliai tra le braccia di Henry, sapendo di essere nell'unico posto giusto per me.
Mi girai tra le lenzuola per poterlo fronteggiare, trovandolo già sveglio e con un sorriso assonnato sul volto "Ehi" mi disse, sorridendo talmente tanto da mostrare una fossetta sulla guancia sinistra.
"Ehi" feci a mia volta, sentendo un'emozione indescrivibile dentro di me.
Sentivo gioia, amore, stabilità, pace.
Henry si sollevò su un gomito e chinò la testa per baciarmi; non riuscivamo a staccarci l'uno dall'altro, avevamo così tanto tempo da recuperare, così tante cose da dirci
"Eve, Eve, Eve" mormorò sulle mie labbra "Mi era mancato dire il tuo nome ad alta voce"
Lo guardai, mostrandogli la mia anima "E a me era mancato sentirtelo dire" gli avvolsi il collo con le mie braccia, tirandolo su di me e facendo aderire perfettamente i nostri corpi "Ora non ti lascerò più andare via, ne sei consapevole?"
"Non vorrei andare da nessun'altra parte"
Sorrisi, come non facevo da troppo "Voglio dire agli altri di noi. E voglio che mi vieni a trovare in ufficio. Voglio venire nel tuo ufficio e annunciare a tutti che la squadra vincente è tornata nei giochi" avevo detto tutto molto velocemente "Lo trovi stupido?"
"Lo trovo perfetto, invece" sapevo che anche lui voleva tutto ciò "Ma puoi concedermi un'altra ora della tua mattinata prima di condividerti con il resto del mondo?"
Lo baciai di nuovo "Si può fare"

Avevo mandato un messaggio ai miei, ai nostri, amici di venire a cena da me, senza dare molte spiegazioni. Volevo che fosse una sorpresa, volevo vedere le loro espressioni una volta visto Henry.
Mentre Henry guidava verso la zona di Londra dove si trovavano i nostri posti di lavoro, non riuscivo a smettere di pensare che saremmo diventati marito e moglie.
"Quando vuoi sposarti?" gli chiesi, entusiasta "Io ho sempre desiderato sposarmi ad inizio giugno, ma volevo sentire la tua opinione"
"Non manca molto a giugno, per cui dico che è perfetto"
Gli sorrisi "Cerimonia in grande o tranquilla?"
Entrambi dicemmo contemporaneamente "Tranquilla" e poi scoppiammo a ridere.
"Possiamo assumere una wedding planner" propose cautamente Henry, ricordando la mia reazione mesi prima dopo aver sentito quelle parole "E darle semplicemente delle istruzioni generali"
"Forse è una buona idea" risposi, vedendo le sue spalle che si rilassavano per il sollievo.
Eravamo felici e di nuovo insieme, ma ci sarebbe voluto un po' di tempo prima di riparare completamente a tutte le ferite.
"D'altronde" aggiunsi "Credo che una wedding planner farebbe un lavoro migliore di me e te messi insieme. Non ho idea di come si organizzi un matrimonio"
"Chiederò a Crystal il numero della sua wedding planner e-"
"Crystal si è sposata?" domandai sorpresa, pensando alla segretaria dai capelli biondo ossigenato.
"Sì" rispose esitante "Il mese scorso"
Mi ero persa un paio di cose, avremmo dovuto aggiornarci a vicenda.
Henry si fermò davanti al palazzo dove si trovavano i miei uffici, senza spegnere il motore "Vengo da te per la pausa pranzo" mi disse "Se per te va bene"
"Va benissimo" mi sporsi verso di lui per baciarlo "Alle 19 vengo in ufficio da te e torniamo a casa insieme?"
"Assolutamente"
"Potrei abituarmi a questa routine"
"Allora rendiamola una tradizione"
Ci baciammo di nuovo e poi ci separammo, senza però sentirci lontani.

Come promesso, durante la pausa pranzo la mia segretaria mi informò che Henry Cooper voleva vedermi ed io le dissi di farlo entrare, eccessivamente felice.
Aprii la porta del mio ufficio e lo vidi camminare lungo il corridoio, facendo voltare chiunque si trovasse nei paraggi. Presi il cappotto e gli andai incontro, intrecciando le nostre dita "Pronta?"
"Pronta"
Pranzammo e discutemmo di alcuni dettagli per il matrimonio, giusto perché eravamo troppo felici per non parlarne.
Finito il pranzo, tornammo di nuovo a lavoro, ma io non vedevo l'ora che arrivassero le 19.
Terminate le riunioni e tutto il lavoro che dovevo fare, feci una breve passeggiata fino al suo palazzo con le mani nelle tasche del cappotto.
Quando entrai nell'enorme hall, la receptionist spalancò gli occhi "Salve, cosa posso fare per lei, signorina Greco?"
"Sono qui per vedere Henry Cooper, posso salire?"
Lei annuì, dandomi un badge per permettermi di passare i tornelli meccanici e utilizzare gli ascensori. Arrivata al ventesimo piano, rividi quei corridoio e quegli uffici come per la prima volta, quando avevo solo diciannove anni. Avevo adorato istantaneamente l'atmosfera di grande ambizione e grande impegno che permeava in quel posto, non era cambiato niente negli anni.
Ormai lì il mio viso era conosciuto, sia per i miei successi lavorativi sia per la mia relazione con Henry, perciò mi sentii molto osservata mentre percorrevo la distanza che c'era tra l'ascensore e l'ufficio di Henry.
Crystal, alla sua solita postazione, scattò in piedi non appena mi vide "Evelyn! Oh, Dio! Che bello vederti!" mi abbracciò di slancio "Ci sei mancata molto!"
Ricambiai l'abbraccio "Anche tu mi sei mancata E congratulazioni! Ho saputo che ti sei sposata!"
Lei diventò tutta rossa "Mi dispiace non averti invitata, ma con tutta quella situa-"
"Crystal" la interruppi, sorridendole "Capisco benissimo, non devi giustificarti Sono felice per te!"
Anche lei mi sorrise, poi disse entusiasta "Suppongo di doverti fare anche io le mie congratulazioni!"
La guardai, attendendo che continuasse.
Lei rise "Stamattina, la prima cosa che Henry ha detto non appena è arrivato è stata Mi sposo! Poi mi ha detto dopo dell'incidente"
"Ah" ridacchiai "Mi devo ancora abituare io stessa alla notizia!"
"Ho subito capito che eravate tornati insiemi, perché lui non avrebbe sposato nessun'altra tranne che te!"
"Dov'è, a proposito?"
Crystal roteò gli occhi e si risedette dietro la scrivania "Una riunione sta durando più a lungo del solito, ma dovrebbe finire tra poco"
Mi appoggiai alla sua postazione con i gomiti, ma prima che potessi dire qualcosa, Crystal ricominciò a parlare "Sono davvero felice di rivedervi insieme, sai? Immagino che sia stata dura, mi dispiace se hai sofferto"
"Ora siamo di nuovo felici" prima di pensarci, le domandai "Come è stato Henry?" volevo sapere la gravità dei danni che ci eravamo causati da una persona esterna alla nostra relazione, per avere una valutazione oggettiva.
Esitò prima di rispondermi "Non è stato uno dei suoi periodi migliori Era sempre cortese con tutti, ma molto più freddo. Sembrava non voler provare più niente"
"Mi dispiace" dissi, per quella che mi sembrò la millesima volta.
"Oggi è ritornato quello di sempre, però. Ne siamo stati tutti felici"
Una terza voce si aggiunse alla conversazione "Parlate di me alle mie spalle? Siete due persone orribili"
Mi voltai verso di Henry, che stava sorridendo "Sei tu quello che mi ha fatta aspettare"
Mi lasciai avvolgere dalle sue braccia, pensando che mi era mancato quel gesto a cui un tempo ero così abituata da non accorgermene neanche.
Non ci trattenemmo là più del dovuto, così ci incamminammo insieme verso l'uscita mano nella mano, cosa che prima facevamo pochissimo ma ora ci sembrava il gesto più importante del mondo.
Una volta entrati in auto, ci scambiammo un altro bacio prima di partire ed Henry smise totalmente di parlare. Mi insospettii quando notai che non stavamo percorrendo il percorso che ci avrebbe portati a casa.
"Dove stiamo andando?" domandai inarcando un sopracciglio.
"Sto cercando di fare il romantico" annunciò, non rispondendo alla mia domanda "Non è una cosa che mi riesce benissimo, perciò niente pressioni"
Scoppiai a ridere "Henry, se c'è una cosa che sai fare, è proprio essere romantico!"
"Ci sono tante cose di cui dobbiamo ancora parlare" mi disse dopo quelle che parvero ore, per poi parcheggiare l'auto in una zona di Londra che non riconobbi subito.
Lo seguii in silenzio, poi notai l'ingresso del parco di Southwark e fui assalita dai ricordi "Che ci facciamo qui?"
Eravamo andati in quel parco durante la nostra primissima uscita insieme, quando io e la mia classe ci trovavamo a Londra per un viaggio-studio.
Henry mi prese nuovamente per mano, guardandomi dolcemente "Vieni". Camminammo fino al gazebo, lo stesso sotto il quale avevamo scherzato come dei matti e riso fino a quando non ci aveva fatto male la pancia.
Eravamo in piedi in mezzo al gazebo, non c'era nessun'altro in quel parco ed eravamo completamente soli.
"Se vuoi uccidermi come Jack lo Squartatore" scherzai, rievocando le battute che ci scambiammo quella sera, quando ancora non sapevo che l'uomo con cui avevo passato la serata avrebbe posseduto il mio cuore per sempre.
Henry si raddrizzò, mise una mano in tasca e ne estrasse una scatolina di velluto, la stessa che mi aveva mostrato mesi prima.
"Ti ho già detto di sì" ridacchiai, avvicinandomi a lui e mettendoli le mani sul petto "Non devi richiedermelo"
"Non te lo sto richiedendo" mi sorrise anche lui, una visione che mi fece sciogliere le gambe "Ma voglio darti questo anello come ho immaginato di fare il giorno in cui l'ho comprato"
Smisi di ridere, perché la sicurezza negli occhi di Henry era devastante. La notte passata, quando ci eravamo detti che volevamo sposarci, era stata così carica di emozioni e di lacrime che sembrava un sogno. Questo momento invece era reale, concreto.
Gli tesi la mano sinistra con il palmo verso il basso, allargando le dita.
Henry scosse la testa, questa volta era lui a ridacchiare, e mi porse la scatolina "Prima aprila"
Confusa, feci come mi disse e all'interno della scatolina non vi trovai solo l'anello, ma anche un portachiavi di Liverpool.
"Henry..." per qualche motivo assurdo, quel portachiavi di acciaio mi emozionava di più dell'anello "Un portachiavi nuovo ogni volta che parti"
Una promessa fatta sul divano della prima casa che avevamo condiviso insieme.
Una promessa che aveva fatto ridere chiunque ci vedesse scambiarci portachiavi.
Una promessa che aveva segnato il nostro addio a Praga.
Una promessa che ora ci riuniva.
"Dammi la mano, Eve" la sua voce era straordinariamente dolce.
Gli porsi di nuovo la mano sinistra e lui mi infilò quel bellissimo anello, quello che avevo visto mesi fa sul London-Eye e che mi aveva sconvolta.
"È perfetto" gli dissi, ammirando la mano sinistra e asciugandomi le guance con la destra.
"Sai..." lo sentii ridere sommessamente "Non credo di averti mai vista piangere così tanto in sette anni"
Lo spintonai "È colpa tua"
Henry mi baciò la fronte, stringendomi a lui "Torniamo a casa? Avremo degli ospiti tra poco"
"Torniamo a casa"

Le sfumate dell'albaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora