"Cosa ci fai qui?" mormorai, incredula.
Mia sorella mi afferrò saldamente le spalle e mi guardò dritta negli occhi "Pensavi che ti avrei lasciata trascorrere il Natale da sola?"
Sì.
"Sono solo stupita Non vuoi andare dalla nonna per Natale?" mio nonno era morto anni prima, era stato un duro colpo per la famiglia ma la nonna aveva provato disperatamente a renderci ancora più uniti.
"Sono stata con lei una settimana, ma appena abbiamo saputo che non saresti venuta" si morse un labbro, incerta su cosa dire "Non ti ho detto niente perché me l'avresti impedito"
Sospirai e chiusi la porta d'ingresso, poi mi avviai verso il salotto e mi affacciai alla vetrata che dava su Londra "Non c'era bisogno, Jenna Sono felice che tu sia qui, ma vi avevo detto di non preoccuparvi?"
"Non preoccuparci?" ribatté lei incrociando le braccia al petto "Hai idea della bomba che hai lanciato?"
Me ne sono resa conto solo di recente.
Non le risposi, ma continuai a fissare ostinata il panorama. Amavo mia sorella, ma ero appena arrivata alla realizzazione della fine di questa relazione e non mi andava di raccontare tutto daccapo. In più, vederla qui mi faceva pensare ad Henry A tutte le volte che eravamo andati in Puglia per Natale, al modo in cui si comportava con la mia famiglia
Non avrei mai più visto quel lato di Henry, ma d'ora in avanti potevo avere solo la versione cortese e fredda.
Jenna interpretò erroneamente il mio silenzio, perché aggiunse "Lo so che non siamo state brave in tenerci in contatto Ultimamente ci sentiamo sì e no una volta al mese e..."
"È colpa mia" la interruppi, sentendomi male per i suoi sensi di colpa "Ho perso il contatto con la realtà, mi importava solo del lavoro e meno delle persone attorno a me"
Ci fu una lunga pausa durante la quale ci guardammo dritte negli occhi, sorella a sorella, e per la milionesima volta mi stupii di come mia sorella fosse diventata ormai una donna.
Mi ero interessata poco alla sua vita privata, a come la sua pasticceria a Verona stesse andando Avevo perso tempo curandomi eccessivamente delle cose sbagliate e ora ne pagavo il prezzo.
"È questo quello che è successo?" mi chiese avvicinandosi cautamente, come se fossi un animale impaurito "Eri troppo concentrata sul lavoro?"
Ora, io non volevo piangere davanti a lei Non volevo piangere affatto.
Dopo il mio crollo la sera del premio di miglior CEO emergente, avevo pianto parecchio Sotto la doccia, mentre mangiavo, persino nel mio ufficio.
Ero stanca di piangere, mi estenuava sia fisicamente che mentalmente, ma non ne potei fare a meno mentre mia sorella mi guardava, chiedendomi se fosse il lavoro il motivo della fine della mia relazione.
Tuttavia, questa volta fu un pianto silenzioso, le lacrime sgorgavano da sole sulle guance rigandomele, ma il mio viso non si contrasse e riuscii a mantenere una voce abbastanza stabile per parlare.
Forse quello era il peggior tipo di pianto, quando il tuo corpo è così abituato che non si sforza nemmeno più di contrarsi, di urlare che stai soffrendo. È il pianto della rassegnazione.
"Mi ha chiesto di sposarlo" iniziai.
Jenna sgranò gli occhi marroni e si portò una mano alla bocca "Quando?"
"Inizio settembre" distolsi lo sguardo dal suo viso, ritornando a guardare Londra avvolta nella notte "E io ho detto no, Jenna" scossi la testa e la mia voce dopo fu quasi un sussurro "Ho detto no"
"Perché?"
Ero leggermente irritata dalle sue domande incalzanti, ma continuai a raccontare "Il premio miglior CEO emergente era alle porte, avevo la sensazione di avere così tante cose da fare e volevo fare tutto da sola" chiusi gli occhi, l'unico cenno di cedimento che il mio corpo voleva dimostrare "Mi ha urlato in faccia che ero diventata una persona ossessionata dal lavoro che non sapeva parlare di altro"
"Ma lui sa quanto per te la tua carriera fosse importante!"
"Aveva ragione" emisi un sospiro "Almeno in parte, aveva ragione. Non esisteva più niente al di fuori del lavoro, mi irritava prendere qualsiasi impegno personale che non riguardasse la mia società" sfiorai il braccialetto, quel braccialetto, con le dita "Abbiamo sbagliato entrambi, suppongo"
"E ti ha lasciata solo perché hai detto no? A me sembra un comportamento da stronzo"
"Ci siamo lasciati un mese dopo, eravamo arrivati ad un punto di non ritorno" non volevo rivivere tutti i dettagli, era troppo doloro, perciò conclusi il discorso dicendo "Non andavamo più bene l'uno per l'altra"
Dopo una pausa di diversi secondi, Jenna fece "Perché hai aspettato così tanto a dircelo? Potevi dirlo a me, sono tua sorella"
Risposi più bruscamente del dovuto "Dopo aver chiuso una relazione di sette anni, di certo non mi andava di urlarlo ai quattro venti È stato un brutto periodo per me, Jenna"
È ancora un brutto periodo.
Non avevo una conversazione così lunga con mia sorella da non so quanto tempo, ma mi era mancato. Ripensai alla mia Jenna quattordicenne che incontrava Henry per la prima volta, una sera dell'undici maggio a Verona. Una sua telefonata aveva interrotto un momento molto romantico tra me e Henry, ma avevamo recuperato il giorno seguente, con il nostro primo bacio.Ripensai a me e a Jenna e a Henry, che ci aveva accompagnato a scuola il giorno dopo il ballo di fine anno, il ballo dove gli avevo fatto conoscere per bene tutti i miei amici,
"Perchè sei venuto?"
"Mi annoiavo"
"Quindi per divertirti vai alle feste piene di adolescenti?"
"Solo se a queste feste ci sei anche tu"E poi, inevitabilmente, ripensai al quindicesimo compleanno di Jenna, alla giornata a Londra che io, lei e Henry avevamo passato insieme.
Quella è stata la prima volta che gli avevo detto che lo amavo, ma Jenna ci aveva interrotti prima che lui potesse rispondermi, ma ritornati a Cambridge lui mi aveva detto "Anche io ti amo" e mi ero sentita così leggera e Jenna aveva affermato che "Tu e Henry state bene insieme" e lì avevo pensato che aveva proprio ragione, che insieme stavamo alla perfezione, ma quelli erano troppi ricordi, troppi Volevo evadere di nuovo dalla mia mente, volevo smettere di ricordare così tanto così vividamente.
Poi mia sorella parlò e mi riportò alla concretezza del presente "Mi ha mandato un messaggio di buon compleanno"
"Davvero?" desiderai che non me l'avesse detto, perché così mi sarebbe stato più facile detestarlo.
"Ha scritto Buon compleanno, Jenna, ti voglio bene Forse era il suo modo di dirmi addio"
E lì il mio corpo non ce la fece più, feci un singhiozzo e incurvai le spalle, mettendomi una mano sul petto come se potesse aprirsi in due; le mie ginocchia si fecero molli e caddi sul pavimento, con Jenna immediatamente inginocchiata accanto a me che mi abbracciava.
"Ti manca?"
Avrei voluto dirle di smettere di fare quelle dannate domande, ma continuai a piangere mentre dicevo "A volte non so se mi manca più lui o il suo ricordo" era una verità a cui ancora non avevo dato voce, ma dirlo fu catartico, liberatorio "Abbiamo smesso di lottare Jenna, lui ha smesso di lottare È tutto orribile È tutto orribile"
"Shh" mi accarezzò i capelli con una mano, mentre con l'altra mi stringeva a lei "Tranquilla, è tutto normale"
"Vorrei odiarlo, sarebbe tutto così facile. A volte vorrei che facesse qualcosa di terribile solo per poterlo detestare, ti rendi conto di che persona orribile io sia diventata?"
"Non sei orribile, Eve, non lo sei"
"E non ho salutato Arianna prima che partisse, sono settimane che non vado a trovare i figli di Greta e ho ignorato tutte le chiamate. E non ho pensato a chiamarti per sapere come stessi, non mi è passato per la mente che"
"Evelyn, basta"
"E continuo a pensare a cosa lui farà domani, se resterà da solo nella sua nuova casa, ovunque sia"
"Eve..."
"E continuo ad indossare questo stupido braccialetto!" urlai, ritraendomi mentre le mostravo il braccialetto "Me l'ha regalato per il nostro primo Natale insieme, non riesco a toglierlo"
"Forse dovresti"
"Se lo tolgo, sarà davvero finita" non avevo mai parlato così apertamente di tutto questo con qualcuno, mi resi conto solo in quel momento di quanto ne avessi davvero bisogno.
"È già finita, Evelyn, a prescindere da quel braccialetto"
"Credevo che fossimo invincibili"
"Lo so"
"Sette anni, Jenna"
"Lo so"
"Non so che fare" ammisi infine, sconfitta.
Fu allora che Jenna si alzò dal pavimento, raddrizzò la schiena e mi porse una mano per mettermi in piedi "Cosa facciamo domani?"
"Passiamo la giornata insieme" fui spiazzata dal cambio immediato di argomento "E dopo cena voglio andare a casa di Greta, ci sarà anche Federica"
"Bene, ora che abbiamo stabilito il domani, pensiamo all'adesso"
Inarcai un sopracciglio, in attesa di un chiarimento.
"Togli il braccialetto"
"Jenna..."
"Toglilo" non avevo mai visto mia sorella così autoritaria, non con me.
"Non posso"
"È un meccanismo semplice, puoi riuscirci"
"Non voglio"
"Toglilo" ripeté lei "È arrivato il momento di voltare pagina"
I miei occhi ricominciarono a lacrimare, ma quasi non me ne accorsi."Henry... Ma non dovevi farmi un altro regalo!"
"Non c'è una regola sul numero dei regali"
"Oh mio Dio... È stupendo"Io e Henry su una spiaggia, le risate perse nel vento.
Scossi violentemente la testa, come se mi stesse proponendo la cosa più assurda del mondo "Non posso, Jenna, non posso"
Qualcosa mutò nell'espressione di mia sorella, provava dolore per me "Eve... So che sembra sciocco, ma domani, quando non lo vedrai al tuo polso, ti sentirai meglio. È come se portassi al polso un promemoria costante della vostra relazione fallita"
Razionalmente, sapevo che aveva ragione.
"Sarà finita" sussurrai, quasi impaurita "Sarà davvero finita"
"Ed è il momento che sia così" sussurrò lei a sua volta, con più tenerezza."Se ho una certezza del mio futuro, è che io e te staremo insieme"
Mi tolsi il braccialetto.
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Le sfumate dell'alba
RomanceSEQUEL DE "Le sfumature della notte" • • Sono passati sette anni dal momento in cui Evelyn ha messo piede in Inghilterra, facendone la propria casa. Ora lei e le sue amiche hanno un lavoro di cui sono soddisfatte, le loro vite non potrebbero andare...