27. The weight of sensitivity

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È sempre stata questo, la mia vita.
Concentrata su ciò che mi aspettavo e che pretendevo da me stessa, non ho mai neanche immaginato cosa potesse nascondersi all'interno di quel cassetto che tutti definiscono la tana dei sogni. Probabilmente perché non sono mai stata una di quelle persone che crede di poter toccare il cielo con un dito. Il realismo è sempre stato alla base di ogni mio progetto, anche se accompagnato da una buona dose di fede. Certo, ho scelto di studiare Medicina e l'ho fatto mossa da una grande passione ma a volte mi chiedo se, in fondo, io sia davvero in grado di sostenere e sopportare una responsabilità così grande. E sono cosciente del fatto che sia inutile cominciare a preoccuparsi già da adesso, eppure non riesco a fare a meno di pensarci.

Sono pronta a vedere le persone morire davanti ai miei occhi e a sentirmi impotente dinanzi a qualcosa di infinitamente più grande di me?
Ma soprattutto, lo sarò mai? 

Respingere questi pensieri sta ormai diventando sempre più difficile, forse perché il giorno del diploma è sempre più vicino e quindi, insieme a lui, anche quello della scelta. Mi domando spesso se in realtà non stia sbagliando tutto, se sia davvero questa la mia strada, quella che desidero percorrere per il resto della mia vita.

Poi però mi convinco del fatto che sia normale avere paura. Non è sbagliato sentirsi insicuri, non è da sciocchi temere di commettere errori. Anzi, fare di tutto per avere la conferma di star facendo la cosa giusta è da ammirare anche se in fondo, dentro di noi, sappiamo già da subito quale sia. Perché, molte volte, abbiamo solo bisogno di tempo. Tempo per metabolizzare, tempo per capire. E non è sbagliato decidere di pensare a se stessi: avere le idee chiare è necessario per poter fare una scelta che rispecchi i propri desideri e di cui, in seguito, non ci si debba pentire.

E io lo so che è questo ciò che voglio, lo so bene ma a volte è davvero dura dover combattere contro se stessi. Scavare una strada che possa portarti proprio lì dove vuoi tu ma che al contempo sia capace di darti tutto quello che vuoi. Perché se da un lato io sia certa di star camminando per il sentiero giusto, dall'altro so che questo mio sogno non terminerà con la fine di un turno lavorativo. So che a casa, quando sarò sola, piangerò per quell'uomo gravemente ammalato o per quella donna che avrà visto morire il suo bambino proprio lì, dinanzi ai suoi occhi. In quel momento però non potrò fare altro che cercare di dormire, pensando al fatto che un nuovo turno mi attenda l'indomani ma rimanendo cosciente del fatto che non ci riuscirò. E mentre sarò lì ad implorare i miei occhi di chiudersi, cercherò di guardare e pensare alle cose belle: porrò la mia attenzione su quella bambina appena nata di cui ci sarà giunta notizia o su quel bambino miracolosamente guarito che avrà finalmente potuto riabbracciare i suoi cari. Non so se magari sarà solo una magra consolazione o se quei ricordi riusciranno a strapparmi un sorriso ma forse pima o poi mi abituerò a quella realtà.

Perché è questa la vita di un medico. Questa è la vocazione di tanti uomini e donne che ogni giorno sacrifiano la propria serenità per garantirla agli altri.

«Io credo che sarai un ottimo medico, Tabitha».

Sorrido a quel tacito pensiero che, con cautela, ha abbandonato il suo nido per rifugiarsi dolcemente tra le parole di Daren. Vorrei crederlo anch'io.

«E tu invece? Cosa sogni di fare?». Avverto il bisogno impellente di sottrarmi dalla sua attenzione perché tutto ciò che voglio, in questo istante, è potermi liberare dei suoi occhi scrutatori che senza vergogna decifrano la mia anima, come se fosse un libro aperto. Ho bisogno di spostare i nostri discorsi su di lui, in modo che non ci sia più al centro io.

«Sognare non è per tutti, Tabitha. A volte bisogna semplicemente accontentarsi». Volge il suo sguardo altrove, ridendo istericamente di quella amara considerazione che purtroppo sembra colpirlo in pieno viso.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora