20. Thank you for existing

59 10 41
                                    

Chiudo gli occhi mentre ripenso alla serata appena trascorsa. Mi stringo tra le coperte calde di ciò che per qualche giorno mi farà da letto, ma che in realtà è solo una scomoda e sottile brandina, mentre mi tornano alla mente ricordi delle ultime ore. Sbuffo rumorosamente e dall'altro lato della stanza avverto qualche movimento.
<<Tabitha? Tutto bene?>> Mi scharisco la voce prima di rispondere alla domanda di mia sorella e nel frattempo mi sollevo leggermente dalla posizione supino in cui ero adagiata.
<<Si, Layla, tutto bene, è solo che non riesco a dormire.>> Le sorrido dolcemente anche se so bene che col buio non riuscirà a vedermi.
<<Come è andata la tua serata?>> Le chiedo allora, dopo qualche secondo di silenzio.
Nella penombra riesco a distinguere la sua sagoma, mentre lascia uscire un soffio d'aria dalla sua bocca e con una mano sfiora la sua chioma liscia, pensierosa.
<<Non dev'essere stata un granché, da quel che vedo, giusto?>> Inarco un sopracciglio mentre inclino lievemente il capo. Lei non risponde ma un leggero ghigno raggiunge le mie orecchie nel momento in cui si mette a sedere e comincia a fissare una parete della camera, aspettando forse il momento più opportuno per dire qualcos'altro.

<<Non è mai un granché,>> precisa poco dopo <<è sempre un caos.>> Si stringe tra le spalle, sorridendo appena, mentre la Luna illumina i suoi occhi scuri, un po' malinconici.
<<Va tutto bene?>> Corrugo la fronte, un po' confusa, mentre cerco di captare un qualsiasi messaggio da parte di mia sorella. Lei non sembra affatto sorpresa dalla mia domanda anzi, sono sicura che le sia sembrata addirittura scontata. Talmente tanto, da non perdere neanche tempo a farmi credere che sia tutto perfetto o a persuadermi dai pensieri che il suo viso, un po' triste, mi porta alla mente.
<<Domani saranno passati tre mesi da->> non le lascia terminare la frase anzi, mi affretto a continuare <<da quando la nonna se n'è andata.>> Annuisco debolmente e con una mano nascondo una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, cercando di tenere per me tutto il dolore che questa frase ha suscitato.

<<E fra tre mesi Dereck si sposerà.>> Una nota di malinconia fuoriesce dalla mia voce e un leggero tremolio la evidenzia particolarmente.

<<Sono davvero felice per lui e anche per Noah. Ally e Charyl sono davvero delle brave ragazze e credo che i nostri fratelloni non avrebbero potuto desiderare di meglio.>> Sorride e d'istinto lo faccio anch'io, sorreggendo a fatica il suo sguardo per paura di mostrare troppo la tristezza che mi stringe il petto nel sapere che a breve entrambi andranno via. Ma in fondo è giusto; non posso ostinarmi a tenerli qui. Se perfino la mamma è riuscita a lasciar loro spiccare il volo, forse è arrivato il momento che lo faccia anch'io. Saranno sempre i miei fratelli, sempre ma adesso è arrivato il loro momento.
Mi stringo con più decisone tra le coperte, quando un brivido di freddo percorre tutta la mia schiena, portandomi lontano dai miei pensieri.

<<Arriverà anche il tuo turno, prima o poi,>> dichiaro poco dopo <<anche se, egoisticamente, spero succeda il più tardi possibile.>> Le sorrido ironicamente e, in tutta risposta, lei mi lancia un cuscino. Il colpo giunge dritto sulla mia faccia e in un batter d'occhio mi affretto a restituirlo, con altrettanta dolcezza. Lei lo posiziona sotto la sua testa e, dopo un lungo sbadiglio, riprende a parlare: <<Sono troppo stanca per la guerra, Taby, ma non ti ci abituare. Buonanotte.>>
Sorrido ancora.
<<Buonanotte.>>

Il suo respiro è diventato regolare e da questo posso dedurre che la stanchezza abbia vinto e che quindi Layla si sia addormentata. Sorrido alla vista del suo viso angelico ben adagiato sul cuscino, adornato dai lunghi capelli neri stesi su tutta la zona circostante senza un preciso ordine anzi, decisamente arruffati. Mi stringo nella vestaglia e mi alzo dal letto, con l'intenzione di girovagare per la casa senza una meta ben precisa. Sorrido mentre ripenso a quando una notte, ero andata in cucina per prepararmi qualcosa di caldo e la nonna mi aveva trovata lì, davanti al tavolo, mentre mille pensieri riempivano la mia mente, mentre il mio cuore, spezzato dalla verità, stava perdendo colpi. Mi disse che non avrebbe dovuto raccontarmi del suo popolo ma io le feci promettere che me ne avrebbe parlato sempre, in ogni momento, perché non volevo dimenticare, non volevo gettare in una fossa tutte quelle parole, che in poco tempo furono capaci di sciogliermi, di frantumare il mio cuore come una lastra di vetro, irrimediabilmente. Eppure quella fu l'ultima volta in cui me ne parlò, l'ultima volta in cui vidi i suoi occhi brillare di una luce meravigliosa, che non mi permise di smettere di guardarla neanche per un momento, mentre note di malinconia venivano fuori dalla sua voce, creando quella che a me sembrò la melodia più triste ma al contempo più spettacolare che avessi mai ascoltato. Ma ciò che mi stupì maggiormente fu che in ospedale, negli ultimi momenti della sua vita, quella luce non si era affievolita neanche un po' anzi, per qualche istante credetti che ce l'avrebbe fatta anche quella volta, che avrebbe superato anche quest'altro ostacolo come tutte le altre volte, perché era forte, perché Dio era la sua forza. Ma in fondo, riflettendo con attenzione capii che lei ce l'aveva fatta davvero, aveva vinto, aveva finito la corsa. Me lo aveva detto, mi aveva detto tante cose, ma alcune di quelle erano già finite negli abissi più profondi del mio dimenticatoio. La sua immagine però, era stampata nella mia mente, mentre, ne sono sicura, lei era serena, fiduciosa, cosciente del fatto che la sua sofferenza era finita, felice di poter finalmente tornare a casa, dal suo Papà.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora