7. The greatest love

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Mi ritrovo nuovamente in quella stanza.
Non dovrei essere qui, lo so bene, avrei dovuto ascoltare mamma.
Forse qualche settimana fa lo avrei fatto, ma adesso no.
Sono cambiata.
Il dolore mi ha distrutto, continua a farlo lacerandomi dentro, impedendomi di respirare.
E senza respirare si muore.
Quando me lo chiedono dico di stare bene e coloro che mi sono intorno si fidano di queste mie parole.
Così rimangono all'oscuro di ciò che combatto dentro di me ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della mia esistenza, solo e soltanto perché io continuo a fingere e a mentire spudoratamente.
Ed è questo ciò che sono diventata, questo è ciò a cui mi sono ridotta.
Sono una bugiarda, una ragazzina che crede che il mondo giri intorno a lei.
E invece no.
Non sono io il centro dell'universo e non sono l'unica a trovarmi in questa orribile situazione.
So già cosa pensano gli altri.
Non capiscono perché io non riesca a superare la morte di mia nonna.
Era una persona anziana, questo sì, ma era anche l'unica che mi capiva, l'unica che mi faceva stare bene.
Bene davvero.
Quando stavo con lei il tempo sembrava fermarsi, mi perdevo ad ascoltare le sue parole e il resto del mondo sembrava scomparire.
Era come se fossimo catapultate in un mondo completamente nuovo, dove non c'era nient'altro, se non noi.
Un mondo stupendo, privo di male, ricco di amore.
E mi bastava.
Stare insieme a lei era quello che volevo, sia che parlassimo del suo popolo sia che le chiedessi consiglio per una ricetta.
Ed è per questo che non riesco a superare la sua assenza, perché lei era tutto, tutto ciò che avevo.

Mi avvicino sempre di più al suo letto.
Lentamente mi siedo su quel materasso coperto dalle lenzuola che probabilmente mamma non ha ancora avuto il coraggio di lavare.
La coperta che le ricopre è beige, su di essa non vi è alcun ricamo.
La sfioro con una mano, cercando qualcosa, un qualche piccolissimo dettaglio che possa farmi sentire vicino a lei, ancora per un'altra volta.
Mi inclino sempre di più, fino a stendermi completamente su quel letto, come se la nonna fosse ancora lì sdraiata.
Poso la testa sul suo cuscino, imprimendovi il viso contro con tutta la forza che ho, mentre sento i miei occhi riempirsi di lacrime.
Cerco il suo profumo, il profumo dei suoi capelli grigi, il profumo della sua pelle quasi nera, cerco me stessa.
Sì, perché con lei ci sono anche io.
Ovunque lei sia, ci sono anche io.
C'è il mio cuore, c'è la mia anima.
Qui è rimasta solo una piccolissima parte di quello che ero prima, una minuscola parte del mio cuore affinché io possa sopravvivere, o almeno farlo credere agli altri.
La maggior parte di esso è con la nonna, ovunque lei si trovi ora.

Decine di lacrime scendono dal mio viso. Non fanno in tempo a rigarlo che  immediatamente bagnano la federa del cuscino sul quale poggio la testa.
Rimango lì immobile, mentre continuo ad osservare ogni dettaglio di questa stanza a me tanto familiare, mentre i miei occhi si fissano su tutto ciò che vedo, come se non fossi mai entrata qui dentro.
Mi sembra di tornare bambina, anche se solo per un momento.
Mi alzo dal letto e mi avvicino allo specchio.
Vedo il riflesso del mio viso e subito dopo resto a guardare quello del letto.
Mi rivedo in questa stanza, accanto a quel letto, quando avevo dieci anni.
Adoravo venire qui ad ascoltare le storielle che la nonna mi raccontava senza mai stancarsi.
Mi addormentavo nel suo letto e la mattina dopo mi risvegliavo nel mio.
Era così bello.
Ero così felice.

Il ticchettio dell'orologio mi distoglie dai miei ricordi.
Sono le quattro.
Con una mano mi strofino gli occhi e nel frattempo continuo a guardarmi intorno.
Ripenso a quella valigia.
Lascio uscire un soffio d'aria dalle mie labbra e nel frattempo apro un cassettino del comò.
All'interno vi sono delle fotografie.
In una di esse sono ritratti Dereck e Noah, almeno credo.
Stanno giocando con delle macchinine telecomandate.
Mi spunta un sorriso sul volto e subito dopo ne osservo un'altra.
Questa ritrae Layla, appena nata, stretta tra le braccia della nonna.
Era così piccola!
L'ultima riguarda me.
Eh già, sono proprio io, quando avevo un paio di anni.
Ero molto più carina, questo è sicuro.
Rimetto le fotografie nel cassetto e noto che al suo interno c'è un bigliettino che prima non avevo visto.
È un fogliettino giallo, abbastanza rovinato.
Lo apro.
Ai miei nipotini auguro tanta gioia e felicità, ma soprattutto che l'amore di Dio possa invadare i loro cuori, portandoli a sperare contro ogni speranza, a credere, contro ogni certezza.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora