12. Strength in weakness

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Ormai erano passate alcune settimane dal cambiamento di Sion e da allora le scrivevo ogni giorno per sentirla e per sapere come stesse.
Non che prima non mi interessasse, ma era un modo per assicurarmi che non avesse "cambiato idea".
Aveva incominciato a raccontarmi il suo passato: mi parlava di ciò che in  Africa avevano subìto lei e la sua famiglia, di quanti amici avesse perso per motivi ancora oscuri e illogici.
Mentre la udivo mi tornavano in mente i racconti della nonna, quando mi parlava di ciò che i bambini erano costretti a sopportare, in quanto non avevano nulla da mangiare e passavano intere giornate a lavorare anche se molto piccoli.
Ripensavo a quelle parole e mi veniva da piangere, ancora e ancora.
Ripensavo alla mia infanzia, alle estati trascorse a divertirmi insieme ai miei fratelli nella casa in campagna dei genitori di papà, ripensavo al vento che allegro e spensierato soffiava tra i miei capelli e mi regalava gioie a non finire.
Adoravo quella sensazione, amavo ascoltare il rumore del vento accompagnato dal ronzio delle zanzare, delle api e di tutti quei piccolissimi insetti che finalmente si riappropriavano del proprio habitat.
Adoravo guardarmi intorno, vedere solo verde, verde su verde e notare come ogni tanto spuntasse anche qualche casetta.

E anche se la città offre tanti confort per me la campagna è sempre stata la campagna anche quando, nel correre di qua e là, i miei capelli ricci e crespi si impigliavano nei rami degli alberi, anche quando per andare a fare un po' di spesa era necessario fare alcuni chilometri che magari ci si poteva risparmiare vivendo in città.

Poi provavo a pensare a quella che fosse stata l'infanzia di Sion.
Mentre io mi divertivo lei era costretta a lavorare per guadagnarsi da vivere, mentre io correvo di qua e là, lei non poteva farlo.
Ed è ripensando a tutto questo che mi viene da piangere perché mi rendo conto di quanto io sia stata fortunata ad avere avuto un'infanzia felice, spensierata, degna di una bambina.
"Fortunata" si fa per dire, perché io nella fortuna non c'ho mai creduto e continuerò a non crederci.
Quello che so è che Dio guida le circostanze, Lui sa ogni cosa ed è Lui che voglio ringraziare per questo.

Mentre Sion mi raccontava del suo passato però, mi rendevo conto che io ero stata chiamata da Dio per essere di incoraggiamento, di sostegno ma, d'altro canto c'era una voce nel mio cuore intenta a ricordarmi che ero solo una ragazza e che non avrei mai trovato il modo di aiutarla perché anche io ero debole, ero vulnerabile.
Sì, esatto.

Quando penso a questo mi viene in mente un passo della Bibbia che dichiara: "ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me."(Seconda lettera ai Corinzi 12:9)

Poi c'è un altro verso che dice: "Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte.
(Seconda lettera ai Corinzi 12:10)

Ciò significa che non dobbiamo temere quando crediamo di non farcela, quando sappiamo che prima o poi crolleremo, perché Dio combatte per noi ed Egli è sempre al nostro fianco.
Proprio quando siamo deboli possiamo vedere l'opera di Dio amplificarsi nelle nostre vite e non c'è niente che possa invitarmi a combattere, a non crollare, meglio di quanto non faccia questa meravigliosa promessa.
So che da sola non posso farcela, sono cosciente di essere debole, ma il Signore è la mia forza, per questo posso dichiarare a testa alta "quando sono debole, allora sono forte".
Ed è così che rispondo quando quella vocina si fa sentire sempre di più nella mia mente.

<<Tabitha scendi, la colazione è pronta!>> La voce di mia madre mi distoglie dai miei pensieri.
<<Sì arrivo!>> Dico urlando.
Scendo velocemente le scale e in un batter d'occhio mi ritrovo seduta a tavola, accanto ai miei fratelli.
Uno dei motivi per cui amo il weekend è che in questi due giorni possiamo stare tutti insieme, raccontandoci le avventure trascorse durante la settimana ed è davvero stupendo.
<<Allora Layla, come è andata a lavoro, in questi giorni?>> Domanda la mamma.
Lei attende qualche secondo ancora, poi comincia a guardarsi intorno.
<<Beh in realtà è stato tutto più regolare di quanto mi aspettassi>> afferma <<e con regolare intendo noioso.>>
A più di qualcuno sfugge una risata.
<<Sei una cuoca, tesoro, è normale che la tua giornata sia sempre regolare.>> Sentenzia la mamma ghignando, mentre cerca di incoraggiarla.
Layla rimane in silenzio per qualche istante e poi prende a raccontarci di un suo collega, che più di una volta, ha fatto infuriare lo chef a causa della sua maldestria.
A quanto pare tutto cominciò qualche anno fa, quando il giovane rischiò di essere licenziato per aver gettato un piatto di brodo bollente direttamente sui vestiti firmati di un tipico signorotto francese.
Nonostante la consapevolezza del dolore, ciò che più dispiacque a quel pover'uomo, fu il fatto che i suoi abiti erano ormai rovinati.
Neanche le più sentite scuse del cameriere e la promessa che glieli avrebbe ripagati, bastarono per farlo calmare, tanto che se ne andò furibondo, dicendo che non avrebbe mai più messo piede in quel ristorante.
Dopo questo episodio ce ne furono tanti altri ma, a quanto pare, lo chef non trovò mai il coraggio di licenziarlo, fino a qualche settimana fa, quando la sua pazienza è arrivata al limite e non ha più potuto sopportare una tale incapacità.
Lo ha licenziato, senza prestare ascolto alle suppliche del povero ragazzo che però, di occasioni, ne aveva avute fin troppe.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora