26. I promise you

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Voci di sottofondo ovattate. Rumori in contrasto alternati. Buio.
Ancora voci. Ancora suoni.

«Signorina, credo che debba scendere. Il pullman termina qui la sua corsa».

Gli occhi, come due pesanti macigni, limitano ogni mio movimento, oscurandomi la visuale. Provo ad aprirli, implorando il mio corpo di rispondere ai segnali inviatigli dal cervello: mi rendo conto di esserci riuscita solo quando la figura sfocata dinanzi a me comincia, piano piano, a definirsi sempre di più.

Riconosco quasi immediatamente la divisa del conducente: una camicia color bordeaux, accompagnata da un gilet nero e da un paio di pantaloni dello stesso colore.

Balzo in piedi all'istante: «Sì, ha ragione, mi perdoni». Porto istintivamente una mano sui capelli arruffati, poi afferro lo zaino poggiato sul sedile accanto al mio e mi dirigo con foga verso l'uscita dell'autobus.

«Scusi ancora, signore, le auguro una splendida serata!». Sorrido imbarazzata e, senza neanche aspettare una risposta, scendo dal veicolo, decisa ad allontanarmi il prima possibile da qui e dalla figura incredibile che, come sempre, non potevo risparmiarmi di fare.

***

«Taby buongiorno! Sveglia, è ora di alzarsi!». Una voce, che conosco fin troppo bene, arriva dritta ai miei timpani, infastidendoli enormemente. Affondo la testa nel materasso, schiacciandola prepotentemente sotto il cuscino. È possibile che nessuno sappia rispettare il sonno altrui, in questa casa?

«Tabitha! Alzati su, non lo ripeterò ancora!».

Ignoro letteralmente la schiena di Layla posata non troppo leggiadramente sul mio busto perché tutta la mia attenzione viene catturata immediatamente da un odorino delizioso che, in un istante, inonda le mie narici.

Caffè. Il mio dolce e amato caffè.

«Sono sveglia, sono sveglia!» urlo, alzando le braccia in segno di resa.
Layla ride: «Che giorno è oggi, signorina?».
Alzo per un momento la testa, rivolgendo a mia sorella uno sguardo interrogatorio: «Che giorno dovrebbe essere scusami? Il seguente a quello di ieri» blatero semplicemente, evitando di nascondere il timbro della mia voce evidentemente impastata dal sonno e compressa dal cuscino.

«No tesoro, no! O meglio, non è questo ciò che ci interessa!».

«E allora avanti, sputa il rospo. Sono tutta orecchi».

Layla sbuffa con poca dolcezza, rassegnandosi all'idea che probabilmente non ci arriverò mai se non sarà lei a dirmelo.

«Oggi è il giorno della promessa di Dereck e Ally, Tabitha! Come hai fatto a dimenticarlo?» mormora infine, quasi sottovoce.

Solo una parola risuona insistentemente nella mia mente e tra le pareti di questa camera. Una soltanto.

Promessa.
La promessa di Dereck e Ally.

Come ho fatto a dimenticarlo?

Balzo letteralmente giù dal letto esitando appena, quando numerosi puntini neri arrivano ad occupare ogni angolo della mia stanza, costringendomi a sedermi. Nel momento in cui la testa smette di vorticare pericolosamente, provo a rialzarmi con più calma, riuscendo finalmente nell'intento di non cadere.

«Non so come sia stato possibile, davvero ma mi è completamente passato di mente» ammetto, gesticolando con insistenza mentre cammino avanti e indietro tra le quattro mura della mia stanza.

«Rimarrai sempre la solita, Tabitha, non c'è speranza per te» mi redarguisce ancora, posizionando le braccia sui fianchi. Sorrido involontariamente prima di incamminarmi verso il bagno e lasciare definitivamente la nostra camera. Se credevo però che sarebbe stato così semplice e veloce, mi sbagliavo di grosso: il coridoio che mi separa dal bagno è completamente occupato dai miei fratelli e dai miei genitori che, da ore probabilmente, si staranno preparando per l'evento. Se questo è ciò che accade il giorno della promessa, non voglio neanche immaginare cosa diventerà questa casa in quello del matrimonio.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora