28. The help

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«Sono felice che tu sia riuscita a passare». Sion si accomoda sul suo letto, invitandomi a fare lo stesso. Mi guardo intorno un po' titubante, cercando di mettere nuovamente a fuoco alcuni dei dettagli di quella camera che, a causa del troppo tempo trascorso dal nostro ultimo incontro qui, avevo completamente rimosso dalla mente. Il colore delle pareti appare più intenso di quel che ricordassi, mentre il mobilio e l'arredamento generale della stanza risvegliano, in un istante, il ricordo di quell'ultima volta.

«Incredibile, sembrano passati secoli dall'ultima volta in cui sono venuta a trovarti qui» mi ritrovo ad ammettere, con una punta di disagio nella voce.

«In realtà non è passato moltissimo tempo» mi corregge lei, con prontezza. Probabilmente ha notato il mio dispiacere per l'essere stata assente tanto a lungo, così si affretta ad incorniciare le sue parole con un affabile e dolce sorriso.

«Però ti confesso che hai ragione, sembra ne sia passato molto di più» sorride, allargando le braccia. Solo in quel momento mi rendo conto di non essermi ancora seduta accanto a lei come mi aveva chiesto e mi ritrovo a farlo velocemente, cercando però di non invadere troppo il suo spazio.

Pronuncia, con gli occhi, un timido e silenzioso "grazie", che le dimostro di aver colto stringendole le mani.

«Allora, hai qualcosa da raccontarmi? È tanto che non chiacchieriamo un po' per conto nostro» le dico, ammiccando.

Da qualche settimana, nei giorni in cui Sion è fisicamente più forte, andiamo insieme in chiesa. Era stata lei a chiedermelo qualche tempo fa e, fin da subito, sono stata ben felice di accogliere la sua richiesta. Si è integrata rapidamente all'interno della comunità, tanto che ormai non riesco più ad immaginarla senza di lei. La amano tutti.

«Niente di nuovo» dice, scrollando le spalle, «Sono molto felice di come stia andando la mia vita. Ti ho già detto che il dottor Lee è molto soddisfatto del modo in cui il mio corpo sta rispondendo alla cura per rallentare la malattia?» mi chiede, grattandosi il mento.

«Sì, ho saputo» la informo, flettendo il capo.

«Dice che se le cose continuano così, potrò avere la vita di una normale ragazza della mia età e addirittura raggiungere la vecchiaia» continua a dire, speranzosa. I suoi occhi brillano, se possibile, di una gioia ancora più immensa, nonostante si sia dimostrata incredibilmente forte anche quando le notizie che le arrivavano non erano poi così buone.

«Ne sono davvero felice, Sion. Dopo tutto quello che hai passato, te lo meriti. Meriti il meglio». Punto i miei occhi nei suoi, neri e profondi, osservando il volto di un'anima pura e bella come poche.

Schiude le labbra incerta per poi prendere coraggio e parlare: «È stato Daren, vero?».

Sul mio viso si insinua un'espressione dubbiosa almeno quanto la sua di poco fa, e il mio sguardo la incita a ripetere: «È stato Daren a dirti che le cure stanno funzionando?».

Non so perché ma il fatto che si riferisca a questo mi è quasi di sollievo. I miei muscoli facciali si rilassano spontaneamente praticamente all'istante, così mi affretto a risponderle: «Sì, me lo ha detto lui» spiego, «quando è venuto a casa insieme a Daniel».

Annuisce subito dopo: «Come lo vedi?» chiede, puntando i suoi occhi nei miei.

Dal tono della sua voce riesco a percepire la serietà delle sue parole ma non fatico comunque ad ammettere che vorrei sbuffare e chiederle di cambiare discorso, anche se la mia buona educazione, quella che riesce sempre a prevalere nonostante le provocanti circostanze, mi impone di restare calma.

«Posso esonerarmi dal rispondere?». Gioco la mia ultima carta, accompagnandola ad un supplicante sorriso, finto come pochi.

«Assolutamente no» ordina, stringendo le braccia al petto e sfoggiando l'espressione tipica di chi non vuole sentire ragioni.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora