18. New city, new house, new life

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<<Aspetta Tabitha, permettimi di accompagnarti...fa freddo.>> Il suo sguardo è rivolto verso il basso, quasi come se gli costasse pronunciare quelle parole, proprio come se per farle uscire dalla sua bocca si fosse sforzato ancora più di quanto non avesse fatto poco prima, per liberarsi del grande peso procuratogli da tutte quelle lacrime, da tutto quel dolore.

In risposta alla sua affermazione, mi affretto a scuotere il capo, sperando che il mio interlocutore si arrenda.
<<Dai Tabitha, non mordo mica!>>

Riesco appena a percepire un nota di sarcasmo nella sua voce, mi sembra quasi che il Daren di poco prima sia evaporato totalmente, lasciando spazio ad un uomo più sicuro di sé.

<<Scusami Daren, ma non devi preoccuparti, mia madre passerà a momenti esattamente all'incrocio, quindi non è necessario. Preferisco avviarmi a piedi.>> Gli sorrido e con un cenno della mano lo saluto.
Non riesco a vedere la sua espressione ma sono quasi sicura che stia alzando gli occhi al cielo.

<<Va bene, come vuoi, tanto lo so che con te non ha senso insistere.>> Cerca di fare prevalere il lato ironico di sé, mostrando un enorme sorriso anche se lo so che in realtà è dispiaciuto. Mi rivolgo un'ultima volta verso di lui per poi sparire tra la nebbia invernale, col sorriso sulle labbra.

***

<<Io non so proprio come faremo a stare rinchiuse qui dentro! Non c'è neanche lo spazio per respirare!>> Sospiro nervosamente mentre cerco di trovare le parole giuste per poter calmare Layla che in questo momento non vuole proprio saperne di collaborare.
<<Stai tranquilla Lay, faremo in modo che tutti i tuoi abiti entrino dentro l'armadio e non preoccuparti perché ci staranno anche i miei; tu dormirai sul letto e io su quella brandina, mentre aspettiamo che portino le nostre stanze. Andrà tutto bene, vedrai.>> Rassegnata e forse ancora un po' agitata si lascia andare sul morbido materasso accanto a lei, sbuffando rumorosamente. Alzo gli occhi al cielo e poco dopo incrocio il suo sguardo.
<<Non so proprio come tu faccia ad essere sempre così ottimista, Taby. Prestami un po' della tua positività, magari mi aiuterà ad essere sempre bella e solare come te.>> Mi sorride dolcemente e tende le braccia verso di me invitandomi a stringerla, quasi come se quello fosse il migliore nonché unico modo per rasserenare il suo animo turbato. Così come il calore può essere trasmesso per conduzione, anche la positività si può elargire attraverso un abbraccio. E la cosa più bella è che fa davvero bene, a entrambe le parti.

<<Ti mancherà Sion, vero?>> Permetto al silenzio di riempire gli istanti successivi prima di concederle una risposta alquanto ovvia.

<<Mi manca tanto già ora.>>

Non dice più nulla ma si limita a stringermi più forte, facendo sì che riesca a sentire il suo fiato sul collo, il suo battito sulla pelle. Ci allontaniamo l'una dall'altra poco dopo, ma nonostante il distacco riusciamo a trattenere per noi il calore di quella vicinanza attraverso il contatto visivo, che scegliamo di mantenere vivo ancora per un po'.

<<Devi starle vicino, lei ha bisogno di te. Ha bisogno del tuo aiuto.>>
Rimango in silenzio per un po', forse ragionando su ciò che sia più giusto dire, probabilmente pensando al modo più semplice per farle capire che tra me e Sion la più forte è, senza dubbio, lei. Decido alla fine di annuire semplicemente, spezzando il filo conduttore dello sguardo che ci aveva legate fino a poco prima, portando così i miei occhi verso il pavimento, lontani dai suoi, scrutatori.

<<Tornerò a trovarla ogni giorno al termine del mio turno di lavoro, a qualsiasi costo.>> Pronuncio le ultime frasi quasi con l'intento di giustificarmi per l'assordante silenzio che ci circonda, le pronuncio sperando con tutta me stessa di riuscire ad assorbire quella sensazione orribile di vuoto e impotenza che il silenzio, ancora una volta, è riuscito a trasmettermi.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora