10. Great responsibility

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Rimango lì, immobile, a rimuginare sulle sue parole.
<<Ma quindi sei sicuro che mamma dovesse incontrare qualcuno!?>>
Non aggiunge nulla.
È già ritornato nella sua stanza.
Sbuffo rumorosamente e con le dita picchietto la superficie del tavolo.
Odio essere esclusa, per di più dalla mia famiglia.
Odio il fatto che tutti, in questa casa, continuino a trattarmi come se fossi una bambina e, ancor di più, non riesco a capire perché nessuno voglia farsi aiutare.
Risolvere i problemi insieme è più semplice e, anche se molte volte una piccola verità fa più male di una grande bugia, scegliere di essere sinceri è sempre la cosa più giusta da fare, in ogni caso.

<<Buongiorno Tabitha!>> Sento la voce di Dereck risuonare dalle scale.
<<Buongiorno fratellone>> gli rispondo sfoggiando un sorriso.
Lui mi guarda diffidente per qualche secondo e poi si siede accanto a me.
<<Tutto bene?>> Dice cercando di sembrare il più naturale possibile.
Annuisco.
<<Tu sai chi è che doveva incontrare mamma?>> Sussurro qualche secondo dopo quasi per non farmi sentire da Noah.
<<Perché doveva incontrare qualcuno?>> Chiede arricciando le sopracciglia.
Giro gli occhi verso il cielo.
<<Fantastico!>> Penso tra me e me.
<<Che c'è?>> Domanda lui retoricamente dopo aver visto la mia espressione.
<<No niente, è solo che in questa casa non sa mai niente nessuno e io sono sempre più convinta che voi non me la contiate giusta>> decreto infine, senza preoccuparmi degli effetti che questa mia risposta potrebbero avere.
Infatti non mi sarei mai aspettata che Dereck scoppiasse a ridere.
<<Non c'è niente da ridere>> dico facendogli una smorfia.
<<Se lo dici tu>> continua lui, alzando le mani.
<<Stai tranquilla Taby, va tutto bene, si sistemerà tutto prima o poi e torneremo ad essere la famiglia felice di un tempo>> dice poi, dopo aver notato il mio sguardo serio.
Con una mano scompiglia i miei capelli ricci già abbastanza arruffati per poi dirigersi verso il piano di sopra e lasciarmi di nuovo sola con me stessa.
Abbiamo di nuovo problemi economici, ne sono sicura.
E chissà se in quella valigia, che mamma mi ha proibito di toccare, non ci sia proprio la lista degli innumerevoli debiti che dobbiamo estinguere.
Lascio uscire un soffio d'aria dalla mia bocca, chiudo gli occhi per qualche istante mentre con due dita mi massaggio le tempie.
Non posso più rimanere con le mani in mano, non posso più comportarmi come una bambina se non voglio essere trattata come tale, ciò significa che devo darmi da fare, anche io.
Devo riuscire a non essere un peso per la mia famiglia ma soprattutto devo trovare i soldi per pagarmi gli studi universitari.

Dopo qualche minuto, passato a rimuginare su tutto questo, mi alzo e vado a prepararmi per la scuola.
Non sono quel tipo di ragazza che impiega ore e ore a prepararsi, infatti dopo una scarsa mezz'oretta sono già pronta.
Mi accomodo sul divano, dato che sono sicura che dovrò aspettare almeno un'altra ventina di minuti.
Quando attivo il display del cellulare noto un messaggio di Sion.

Ciao Taby, scusami se ti disturbo, volevo solo dirti che oggi non sarò a scuola, perché mi dimettono in tarda mattinata, ma vengo a prenderti io a piedi, così andiamo insieme a casa mia e rimani a cena da noi.
Ricorda, non è una domanda, quindi non provare a contraddirmi.
Di' a Noah di non venirti a prendere, mi raccomando, altrimenti farà un viaggio inutile. Un abbraccio, ci vediamo a dopo.

Sorrido, come se Sion potesse vedermi e mi stupisco nel rendermi conto di quanto questa ragazza possa essere impacciata.
Rispondo al suo messaggio dicendole di non venirmi a prendere perché sarei andata da lei a piedi.
Non voglio farla stancare, non credo si sia già ripresa del tutto, in fondo.
Pochi secondi dopo il display si illumina, mostrandomi la sua risposta: non vuole sentire ragioni, verrà a prendermi lei.
Giro gli occhi verso il cielo quando mi rendo conto del fatto che non riuscirò a farla rimanere a casa.
Poco dopo vedo arrivare Noah.
<<Andiamo Tabitha, altrimenti farai tardi!>> Lo sento gridare.
<<Sì arrivo!>> Urlo anch'io.
Afferro lo zaino e indosso una felpa per poi raggiungere Noah.
Entriamo in auto.
<<Io ero pronta già da un pezzo comunque.
Se farò tardi sarà colpa tua.
Menomale che ti sei svegliato presto! Sei peggio di una ragazza!>> Gli dico, cercando di sembrare arrabbiata, quando in realtà dal mio tono si evince un pizzico anche troppo grande di ironia.
<<Scusami tesoro, se ho dei capelli indomabili, che non sanno stare fermi>> risponde lui, altrettanto scherzoso, mentre fissa il ciuffo di capelli color nocciola che sovrasta la sua fronte alta, dallo specchietto retrovisore.
Scuoto il capo sbuffando poi mi giro dal lato del finestrino per non far notare il mio sorriso.
<<Sei unico!>> Affermo allora subito dopo, ghignando.
<<Perché, avevi dubbi?>> Risponde lui retoricamente, guardandomi attraverso il riflesso dello specchietto.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora