4. The saddest day

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Sto tremando.
Cerco di mostrarmi forte ma so di non esserlo.
Mia madre continua a piangere e io non riesco neanche a capire il perché. Mi sento totalmente inutile.
Da un lato vorrei chiederle cosa stia accadendo ma forse è meglio aspettare che si calmi un po'.
<<Non io, perché proprio io dovevo dirtelo?>>
<<Dirmi cosa mamma? Cosa?>>
Sto cominciando a piangere anche io.
I miei occhi sono gonfi di lacrime, cerco di trattenerle ma non ci riesco.
La parte più debole di me sta uscendo fuori pian piano e sta prendendo il sopravvento.
No, non posso permetterlo, io devo essere forte, devo esserlo per lei.
Con l'avambraccio asciugo le lacrime che rigano il mio viso e nel frattempo continuo a gridare cercando di ottenere qualche spiegazione.
Addio al proposito di essere forte.
Sto piangendo come non ho mai fatto prima, senza sapere neanche perché.
Continuo a chiederle di rispondermi ma mia madre sembra avere la testa altrove.
Non so cosa fare, così prendo il cellulare e digito il numero di Noah.
Non risponde.
Velocemente provo a chiamare Dereck ma anche lui sembra aver lasciato il telefono sulla Luna.

Tutti, ho chiamato tutti ma nessuno si degna di rispondermi.
È mai possibile una cosa simile?
Sto impazzendo.
Comincio a camminare avanti e indietro per tutta la casa, dalla cucina al salone, dal salone alla mia stanza, dalla mia stanza a quella di Noah, con le mani tra i capelli mentre respiro profondamente cercando di rimanere lucida e di non perdere la testa.

Afferro mia madre per il braccio costringendola ad alzarsi, prendo le chiavi della macchina ed esco.
<<Che cosa hai intenzione di fare?>> Domanda lei stupita.
Non conosce questo lato di me e neanche io sinceramente.
<<Tu non sei nelle condizioni di guidare, ci penso io>>le rispondo sicura di me mentre infilo le chiavi nel blocchetto d'accensione e metto in moto l'auto.
<<Ma tu sei pazza! Non sai neanche guidare e per di più non hai la patente! Non voglio prendere una multa, i soldi bastano a malapena per noi, Tabitha!>>
<<Tu non vuoi prendere una multa e io non voglio morire.
Non ti preoccupare, so guidare.
Daniel mi ha insegnato a farlo qualche anno fa.>> Continuo a dire.
Non mi riconosco, sono scioccata, per questo non mi stupisce il fatto che anche mia madre lo sia almeno la metà di me.
<<Dove devo andare?>> Farfuglio qualcosa di simile mentre cerco di fare la retromarcia senza bucare le ruote o rompere qualcosa in giardino.
Daniel mi ha insegnato a guidare, non a parlare mentre guido.
<<In ospedale>>
<<Come?>> Chiedo retoricamente visto che ho sentito bene dov'è che devo andare.
Comincio a guidare, oltrepasso i limiti di velocità e per poco non investo una povera signora anziana che sta attraversando la strada.
Ho bisogno di fermarmi.
Accosto lentamente e spengo l'auto.
<<Cosa stai facendo?>>
<<È la seconda volta nella mia vita che guido un'auto e mi chiedi cosa sto facendo? Sto cercando di arrivare all'ospedale, va bene? E di arrivarci sana e salva, possibilmente!>> Mi rendo conto che il mio tono di voce si sta alzando sempre di più e sento il bisogno di scusarmi.
Questa non sono io.
Chiudo per un attimo gli occhi e faccio uscire un soffio d'aria dalla mia bocca.
Avvio nuovamente il motore dell'auto girando la chiave e riparto.
Ho il cuore in gola.
Ma devo riuscirci questa volta.

Dopo quindici minuti arriviamo in ospedale.
Siamo ancora tutte intere, grazie a Dio.
In tutto questo io non ho ancora la più pallida idea di cosa sia successo ma spero davvero che qualcuno si degni di dirmelo, ci saranno anche gli altri qui.
Mi guardo intorno e vedo un'infermiera seduta dietro una scrivania.
Anche mia madre la vede ma continua a camminare, evidentemente sa già dove deve andare.
Io la seguo ma cammina talmente veloce che devo correre per starle al passo.
Ad un certo punto vedo Dereck, Noah e Layla seduti su alcune sedie in sala d'aspetto.
<<Rimani qui>> ordina mia madre rivolgendosi a me.
Annuisco e rimango in piedi al centro della sala d'aspetto.
Subito dopo tutti e tre i miei fratelli si avvicinano e mi stringono in un abbraccio.
<<Che cosa è successo?>>
Chiedo allora sperando di ricevere una risposta.
Mi guardano scioccati per un momento.
<<Mamma non ti ha detto nulla?>>
Mi chiede Layla con sguardo interrogatorio.
<<Sono arrivata a casa e ho notato che mamma non stava tanto bene, sembrava avere la testa altrove, non so.
Così le ho chiesto cosa avesse, lei però continuava a dire che stava bene, così vi ho cercato>> dico facendo segno verso Dereck e Noah <<per chiedervi spiegazioni ma non c'eravate nelle vostre stanze, ho provato a chiamarvi ma non rispondevate.
Poi ad un certo punto mamma si è messa a piangere e ha iniziato a dire che non dovevate dare a lei l'incarico di dirmelo o qualcosa di simile.
Così ho preso le chiavi dell'auto e sono venuta>> parlo talmente veloce che mi manca il fiato.
<<Aspetta, tu hai guidato fin qui? Con quale patente? E poi chi ti ha insegnato a farlo?>> Continua Dereck
<<Lascia stare, non è il momento d'accordo? Voglio sapere cosa è successo>>
Subito dopo cala il silenzio.
<<Tabitha la nonna si è sentita male e da quello che dicono i medici non le resta molto tempo>> è Noah a darmi la notizia, lui non usa mezzi termini.
Sento l'aria mancarmi.
<<Cosa?>> Chiedo io ma in realtà ho capito benissimo.
Vedo i loro occhi riempirsi di lacrime mentre continuano a stringersi.
Faccio qualche passo indietro.
Avevo immaginato che le fosse successo qualcosa ma non avrei mai pensato a questo.
<<Ma stava bene! Stava bene!>> Comincio a gridare come non ho mai fatti prima.
<<Lo so Tabitha calmati ti prego! >> Lui invece è calmo, è come se si fosse rassegnato.
Comincio a singhiozzare.
<<La nonna sta morendo e tu mi dici di calmarmi?!>> Domando io guardandolo negli occhi, come se fosse tutta colpa sua.
Non mi riconosco.
Non sono più io.
Il dolore, la paura, l'ansia mi stanno uccidendo.
Comincio a correre il più veloce possibile verso l'uscita senza neanche sapere dove vado.
Noah mi segue e mi afferra per il gomito stringendomi in un abbraccio.
Io mi dimeno di qua e di là per cercare di sfuggire alla sua presa, lo prendo a pugni intimandolo di lasciarmi ma lui non ne vuole sapere di ascoltarmi.
Alla fine cedo.
Cado sulle mie ginocchia e il suo abbraccio mi accompagna fino a terra.
Appoggio la testa sul suo collo e lui mi accarezza i capelli mentre io continuo a piangere.
Non ci posso credere.
<<Voglio vederla>> dico io mentre sono ancora accovacciata a terra tra le sue braccia.
<<No Tabitha, non è il caso>> risponde lui.
<<Ti prego Noah! Io devo vederla, per favore!>> Ricomincio a piangere, sembro come una bambina.
<<Tabitha...>> Non fa in tempo a finire la frase.
<<Ragazzi>> è la voce di mia madre, rotta dal pianto.
C'è anche papà con lei.
<<La nonna vuole vedervi>> continua a dire.
<<Ma allora è sveglia?>> Le dico io facendo un passo avanti.
<<Si è sveglia ma è molto debole, quindi vi prego di non farla affaticare.>>
<<Allora è fuori pericolo?>> Domando io interessata esclusivamente al fatto che la nonna sia sveglia.
Lei abbassa lo sguardo e si siede, sembra quasi che le gambe non la reggano più.
<<Ragazzi venite qui, tutti e quattro>> ci avviciniamo e ci sediamo accanto a lei, due da un lato, due dall'altro.
Io stringo forte la mano di Noah mentre aspetto di capire se la nonna si riprenderà.
<<Per tanto tempo vi abbiamo nascosto una cosa molto importante ma non voglio che ve la prendiate per questo: è stata la nonna a volerlo.>> Nessuno di noi apre bocca ma continuiamo a fissarla aspettando di sentire quello che dirà dopo.
<<La nonna è affetta da una grave malattia, alla quale purtroppo non c'è cura>> la sua voce continua a spezzarsi e con un fazzoletto si asciuga le lacrime che le rigano il volto. <<Si tratta di un glioblastoma, un tumore molto grave che non si può curare>> continua a dire.
<<Glielo hanno diagnosticato tre mesi fa e lei ha voluto che voi non lo sapeste. Purtroppo il decorso della malattia è molto breve, quindi non le restano molti giorni anzi, molte ore>> si interrompe e lascia spazio al pianto. Lei non si sforza di sembrare forte, non si fa problemi a mostrarci le sue debolezze e il suo dolore.
Ci avviciniamo tutti a lei e la stringiamo in un abbraccio.
Non lo facevamo da tanto tempo.
<<Non so che dire, mamma>> continuo io mentre i miei occhi cominciano nuovamente a riempirsi di lacrime.
<<Oh no tesoro, non devi dire nulla.
Questa è la vita purtroppo, prima o poi dovremo lasciarla tutti, l'importante è avere la certezza di quello che saremo dopo.
La nonna sta tornando a casa, tesoro, lì starà bene, un giorno la raggiungeremo e la riabbracceremo.
Staremo sempre insieme a lei e al nostro amato Salvatore>> dice toccando il mio viso dolcemente.
Annuisco, credo fermamente al fatto che un giorno la rivedremo e non mi preoccupo per lei, so che starà bene.
La cosa che mi fa male è sapere che non sarà più a tavola con noi, che non mi racconterà più del suo popolo, che non ci saranno più i suoi abbracci a darmi conforto quando ne avrò più bisogno, che non ci sarà più lei, la donna forte alla quale sono tanto legata, l'unica che mi fa stare bene anche quando sto male.
Ma non devo essere pessimista, magari mamma si sbaglia, o forse la diagnosi non è proprio quella, magari anche i medici si sono sbagliati.
Non importa, accada quel che accada, io le starò accanto fino all'ultimo suo respiro.
Dio non permetterà che le succeda qualcosa.

Fino alle estremità della TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora