«Arrivederci, Susan. A domani»
«Ciao tesoro, a presto!».
Lascio alle mie spalle il suono inconfondibile dei campanellini di rame che sovrastano la porta d'entrata e, insieme a loro, anche lo stress di questa serata. Sono state ore lunghe e intense, che mi hanno riservato tanto duro lavoro ma, alla fine, non posso non ritenermi soddisfatta.
Se non fosse per il buio che domina intorno a me, potrei quasi sentirmi tranquilla e in pace. Tuttavia la poca illuminazione di questo quartiere continua a sventolare davanti ai miei occhi un sottile velo di ansia, il quale non accenna ad allontanarsi. Impugno la cinghia dello zaino che mi porto in spalla quasi come se fosse un'arma, cercando di smaltire, in questo modo, l'agitazione.
Giungo alla fermata dell'autobus dopo qualche minuto e, nell'attesa di vederlo sbucare dall'angolo della strada, mi accomodo su una panchina e comincio a smanettare il cellulare. Trovo un messaggio da parte di un mittente sconosciuto:Ciao Tabitha, ho preso il tuo numero da Sion; so che non dovevo, spero non sia un problema per te.
DarenSorrido involontariamente: mi sembra impossibile che si sia dispiaciuto per aver preso il mio numero senza chiederlo prima.
Comincio a pensare ad una risposta da digitare ma l'arrivo dell'autobus interrompe il flusso di pensieri che la mia ricerca aveva prodotto, così mi alzo, rimetto lo zaino in spalla e salgo.
Per tutta l'ora successiva, trascorsa sul pullman, mi limito a tenere la testa poggiata sul vetro del finestrino, mentre osservo il cielo notturno incupire lo stesso paese che di giorno pullula di frenesia.
Sono tranquilla. La notte è capace di trasmettermi serenità più di quanto non faccia il giorno, sempre accompagnato dal sole che splende e illumina i quartieri delle città.
Probabilmente la preferisco perché mi rispecchia: amo la tranquillità, il silenzio, il buio. Mi rilassano. Mi fanno stare bene.Scendo dall'abitacolo e percorro la distanza che separa la fermata dell'autobus da casa mia in religioso silenzio, accompagnata solamente dal frinire delle cicale le quali, dagli alberi, fanno udire il loro dolce grido.
Una volta arrivata, infilo le chiavi di casa nella toppa della serratura ed essa scatta immediatamente, permettendomi di entrare.
Solo quando mi lascio cadere sulla comoda poltrona di casa, prendo coscienza di quanto sia stata stancante, questa serata. Chiudo gli occhi e permetto ai miei muscoli di rilassarsi, aiutati dal calore emanato dalla stufa. Sospiro, poi riapro gli occhi, accorgendomi immediatamente di quanto si siano fatti pesanti.
In casa regna il silenzio. Sembra quasi che non ci sia anima viva ma in realtà so bene che la mamma, dalla sua stanza, non ha aspettato altro che il suono scattante della serratura, accompagnato dal cigolare della porta, per potersi addormentare tranquillamente.
Entro nella mia camera e il più silenziosamente possibile indosso il mio caldo pigiama, aspettando solo di potermi rinchiudere tra le coperte. Layla, dall'altro lato della stanza, si rigira in continuazione tra le lenzuola e questo mi fa subito capire di non essere riuscita nell'intento di non svegliare nessuno.«Ehi» sussurra.
«Scusami Layla, non volevo svegliarti» mi siedo sul letto e mi volto verso di lei, notando, nonostante la penombra, il suo sorriso.
«Non preoccuparti, ero già sveglia» si siede anche lei e mentre porta le ginocchia fin quasi al petto, si affretta a cingerle con le braccia.
«Che ore sono?» biascica poi, senza sforzarsi di non mostrare la confusione impressa sul suo volto.
«Quasi l'una e mezza» realizzo anch'io, subito dopo aver lanciato uno sguardo furtivo alla sveglia sul comodino. Non mi ero resa conto del fatto che fosse così tardi. E non avevo pensato al fatto che domani mi toccherà comunque andare a scuola. Sbuffo rumorosamente e senza aspettare una qualsiasi lamentela da parte di mia sorella, mi stendo nel letto, portando le coperte fin sopra la testa. Quando respirare diventa più difficile, le abbasso leggermente, permettendo all'aria di passare.
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Fino alle estremità della Terra
Random«Mi stringo tra le spalle e rivolgo lo sguardo verso il cielo: forse accadrà davvero. Un giorno magari, potrò anch'io volare felice come quei piccoli uccelli e raggiungerli ovunque stiano andando. Forse, un giorno, anch'io sarò veramente libera». Tr...