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T: " che cos'è per te... Casa?"

I ragazzi si diressero in cucina, le ore passarono ed il verdino sentiva già  brontolare lo stomaco.
Touya non aveva fame, o forse sì, ma il suo stato d'animo gli impediva una qualsiasi risposta sensoriale, si sentiva di essere rinchiuso, ermeticamente in un cubo di vetro.
L'ossigeno arrivava a stenti e tutte le emozioni erano state sigillate fuori, così come qualsiasi bisogno, così come qualsiasi speranza.
Da quando si era calmato sentiva solo un grande vuoto, sentiva solo di essere rannicchiato in quel cubo, con la testa fra le gambe, in un angolo, ad aspettare... Aspettare una svolta che però, aveva paura di trovare.

X: "casa... Una parola, così tante interpretazioni... Questa è la mia casa effettiva, il tetto sotto cui ripararmi... Ma è davvero casa mia?
Mio padre mi abbandonó prima della mia nascita e mia madre si fa in quattro per tentare di mantenermi, lasciandomi spesso da solo...
Nonostante questo, mia madre è tanto dolce... É sempre pronta ad aiutarmi quando ne ho bisogno e... "

Il verdino si fermò per un secondo a guardare il volto bendato del ragazzo al suo fianco e notando che nulla era mutato nella sua espressione decise di andare avanti

X:" e sono sicuro che approverà qualsiasi mia decisione se si parla della mia felicità... Ma sinceramente troppi ricordi affollano questo edificio, ricordi che adesso mi sembrano così lontani da far male... Perché la mia casa, da quando sono piccolo, é sempre stata una... Ma ormai, quella casa, è diventata la mia stanza delle torture. "

Un profondo respiro e una lacrima solitaria solcó il volto del ragazzo che riprese a parlare.

X:" la mia casa... Sono sempre state le sue braccia, quelle mani calde, che da bambino, si stringevano al mio corpo per difendermi da tutto, i suoi occhi così profondi capaci di una forza d'animo infinita, ma che nascondevano dietro di loro la paura di non essere mai abbastanza.
I suoi capelli così morbidi nonostante il loro carattere ribelle, come tutto di lui... Lui era la mia casa, lui era il mio scudo, lui era la mia spada... Ma da anni ormai, quella spada non fa che trafiggermi, quello scudo non fa che proteggere se stesso, quelle mani, non fanno altro che colpirmi, ancora ed ancora...vorrei... Vorrei solo sapere cos'è cambiato... Vorrei... Solo sapere cosa ho sbagliato per farmi odiare in quel modo... Lui... Lui era il mio tutto ma a quanto pare io non ero lo stesso."

Touya, ancora rannicchiato nel suo cubo, sentì in lontananza un rumore ovattato, un lamento, un pianto senza tregua, un dolore infinito che si stava riversando in piccole gocce d'acqua salata.
Alzò il volto e tentò di capire da dove provenisse quel rumore, fece un passo avanti ed il suono fu più vivido, un altro ed un altro ancora, finché non sentì di esserci di fronte.
Allungó una mano, ma la parete gelida del vetro gli impediva di raggiungere la fonte che lo aveva turbato, gli impediva di porre fine a quel senso di solitudine e tristezza che si erano annidati nel suo cure...

Ma allora... Se mi sento così... Questo posto... Può essere collegato con l'esterno... Eppure credevo di averlo chiuso bene, l'ho chiuso bene, ma questo dolore... Questa morsa che mi stritola il cuore, non è solo mia... Non sono da solo in questo luogo.

Provò nuovamente e questa volta, al posto di un freddo muro, trovò una superficie morbida, dovevano essere i capelli, scese con la mano fino ad incontrare quel volto, e come previsto lo sentì rigato dal pianto, si perse qualche secondo ad asciugare quelle scie bagnate col pollice, prima di contraccambiare un gesto, che qualche ora prima, lo aveva salvato.
Si sporse in avanti, accogliendo fra le braccia quel corpo tremante e stringendolo a se.
Poche volte Touya aveva abbracciato qualcuno, poche volte si era speso per aiutare altri, ma il calore che sentiva espandersi nel petto gli fece promettere che avrebbe abbracciato quel ragazzo molto più spesso.
Sentì le braccia dell'altro stringersi a sé, aggrappandosi disperatamente alla sua maglia, mentre il volto nell'incavo del suo collo, tentava di mantenere il respiro ragolare.

X: "grazie..."
T:  "te lo prometto...queste braccia, non ti colpiranno mai, non si alzeranno una sola volta contro di te, hai promesso di aiutarmi... Bene... Io prometto di difenderti, non importa quanto saremo lontani, le mie mani, si accenderanno solo in tuo soccorso"
X: "grazie"

Rimasero così, fermi, l'uno fra le braccia dell'altro, in quel cubo che non sembrava più così piccolo, che non sembrava più così vuoto, in quel cubo chiuso ermeticamente accessibile solo a loro, al cui intero l'ossigeno aveva ricominciato a circolare, al cui interno potevano percepire solo le emozioni dell'altro, cercando di sostenersi a vicenda, accogliendo dentro di loro, sensazioni così simili ma espresse così diversamente.

Touya stretto in quell'abbraccio si sentiva finalmente a casa.

 𝖫𝗈𝗇𝖾𝗅𝗒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora