Capitolo 7

2.2K 73 11
                                    

«Entra!» mi ordinò spingendomi avanti e poi lasciò la presa.

Gli lanciai un'occhiataccia prima di camminare oltre la porta, portando la mia mano attorno al mio polso dolorante e arrossato dalla forza con cui Zayn lo aveva stretto.

Tutto sembrava essere rimasto esattamente come l'ultima volta che avevo messo piede nello spoglio ed impolverato magazzino, dopo aver rischiato la vita nella sparatoria in hotel.

Le stesse sedie, forse addirittura nella stessa posizione in cui le avevamo lasciate, lo stesso tavolo su cui avevo appoggiato la testa per dormire, lo stesso armadio che conteneva le coperte con cui mi ero riscaldata e la stessa piccola finestra da cui avevo fissato gli alberi oscillare per colpa del forte e freddo vento.

E poi, la stessa sensazione di nervosismo e ansia che invadeva il mio stomaco. Non riuscivo a fidarmi di Zayn quella notte e, più che mai, capii che facevo maledettamente bene.

Se solo quella volta non mi fossi lasciata convincere a rimanere a lavorare per lui, pensai tra me e me sospirando mentre il ragazzo richiuse la porta dietro di noi, facendomi segno con il mento di andare avanti.

«Se ti venisse in mente di scappare, sappi che fuori dalla porta troverai i miei uomini.» mi informò in tono severo facendomi trasalire dai miei pensieri, mi voltai per osservare i suoi lineamenti duri in un'espressione arrabbiata.

«E perché dovrei scappare?» feci spallucce mostrandogli i denti in un sorriso sarcastico, «Sono qua con una persona così buona, dolce, amorevole-» lo provocai cercando di mascherare la paura che mi provocano i suoi occhi, così strani e diversi da quelli che conoscevo io.

«Oh, ora ti riconosco.» ridacchiò lui scuotendo la testa, «Poco fa mi ero preoccupato che Sophia non fosse simpatica ed ironica come Chloe.» il suo sguardo di sfida pesò su di me come un macigno, ma feci il possibile per non distogliere il mio.

«Io invece non riconosco te, non ti ho mai conosciuto.» sputai velenosamente, scuotendo la testa con una smorfia schifata in volto, «Credevo di stare con un ragazzo meraviglioso e invece stavo con l'assassino di mio padre.»

Lui non si scompose, anzi, sembrò essere divertito quando scoppiò in una fragorosa risata, ma capii che era nervoso da come si passava la mano tra i folti capelli, ne tirò le punte e poi alzò il ciuffo, prima di replicare velenosamente: «E io credevo di stare con una ragazza che, alle tre di notte, apriva la porta spaventata e usava una padella per difendersi!» esclamò lui ritornando serio, camminò velocemente verso di me con l'espressione minacciosa, «E invece stavo con una persona che mi ha sparato e che ha mandato a puttane la nostra relazione!» la sua voce era talmente alta che rimbombava all'interno della piccola e vuota stanza.

«Quale relazione?» domandai rimanendo calma, alzando un sopracciglio. Ormai era a pochi passi da me e fui io che, istintivamente, accorciai ancora di più la distanza, avanzando per puntare il dito contro al suo petto, «Non era una relazione quella, era un gioco, una recita, una stupida finzione.»

Lui, per un attimo, rimase in silenzio. Fece scorrere la cerniera del suo giubbotto e lo sfilò, gettandolo in un angolo della stanza mentre la mia attenzione era completamente rivolta alla fascia che circondava la parte alta del suo braccio e la spalla.

«Hai ragione, Sophia.» marcò bene il mio nome, virgolettandolo con l'indice e il medio di entrambe le mani, per poi avvicinarsi ancora di più e far scontrare il suo petto contro al mio, si abbassò per attaccare la sua fronte al mio viso, con le labbra pericolosamente vicine al mio orecchio, «E se tornassi indietro, non vorrei mai e poi mai riviverla.» sussurrò acidamente, la sua voce maligna mi provocò un gelido brivido lungo la schiena che non potei fare a meno di mostrargli.

Cercai di deglutire, ma la saliva non volle scendere e i battiti del mio cuore non sembravano riuscire a reggere la vicinanza del ragazzo davanti a me e, soprattutto, della sua bocca che sfiorava il lobo del mio orecchio, il suo respiro caldo contro la pelle del mio collo, il suo profumo intenso che invadeva le mie narici.

Non volevo ammetterlo a me stessa ma le sue parole, pronunciate con così tanta freddezza e sincerità, mi colpirono. Mi costrinsi a respingere le lacrime che avrebbero voluto sgorgare dai miei occhi.

«N-neanche io.» balbettai scuotendo la testa, cercando in tutti i modi di sembrare il più convincente possibile, «Perché ti odio.»

«Oh, davvero?» alzò un angolo delle labbra, ancora con il volto vicino al mio, troppo vicino al mio, il suo alito profumato raggiunse le mie narici, «Non ne sembri molto convinta...» mi sfidò alzando un sopracciglio e squadrò la mia figura.

«Ti odio.» ripetei io con fermezza.

«Sono io che odio te.» sentenziò lui. Sembrò realmente sincero che, anche se provai con tutta me stessa ad impedirlo, mi ritrovai a piangere.

«Ti odio come non ho mai odiato nessun altro. Ti odio così tanto che-» un singhiozzo mi bloccò e io mi costrinsi a prendere un lungo respiro mentre indietreggiavo lentamente per spostarmi da lui.

«Che?» mi esortò a continuare, aveva rilassato i muscoli del suo viso e la sua bocca si era piegata in un leggero broncio, «Che vorresti avermi ucciso quella notte?» propose, la sua voce sembrò quasi spezzata e, per la prima volta da quando l'avevo rivisto, mi parve preoccupato di ascoltare la mia risposta.

Sapevo che avrebbe sofferto nel sentirmi dire di sì, ero sicura che avrei potuto fargli del male come lui ne aveva fatto a me.

Scossi leggermente la testa lasciandogli intendere che non volevo più parlare con lui. Abbassai lo sguardo, per poi allontanarmi definitivamente e lasciarmi andare a peso morto sul letto, sedendomi con il viso tra le mani mentre i miei capelli lo ricoprivano.

Non potevo vederlo, ma lo sentii indossare la giacca e raccogliere il pacchetto di sigarette, prima di uscire e sbattere la porta dandomi il via libera per lasciarmi andare in un pianto liberatorio.

CHOICE (sequel di Destiny)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora