Capitolo 22

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La porta si spalancò e Carmen comparve dietro di essa. I capelli castani e mossi, sciolti sulle sue spalle, le labbra ingrandite da un rossetto scuro.

«Cambiati, ti faccio evadere.» mi fece un veloce cenno con la mano, poi giudicò la mia maglietta spiegazzata con una smorfia.

«Cosa?» mi misi seduta, con le gambe incrociate sotto di me sul letto, talmente scomodo che aveva cominciato a provocarmi un forte dolore alla schiena.

«Hai sentito bene.» annuì lei, poi si sedette sulla poltrona su cui dormiva Zayn.

«E... Dove andiamo?» gli occhi mi si illuminarono all'idea di andarmene da lì.

«A prendere qualcosa da mangiare, magari un frullato.» fece spallucce, come se non fosse niente di importante, ma io mi dovetti obbligare a non saltare dalla felicità. Aspettavo di uscire da lì da quando ci avevo messo piede.

Sfilai la mia maglietta, gettandola distrattamente nel piccolo armadio di legno e ne indossai una pulita. Sciolsi i miei capelli e li pettinai con una spazzola rovinata e dai denti troppo duri, ma riuscii a sciogliere quasi tutti i nodi. Carmen si alzò, frugò nella sua borsetta ed estrasse una piccola pochette. Cancellai le mie occhiaie con un po' di correttore e poi stesi anche del lucidalabbra sulla mia bocca. Era una cosa stupida, ma la sensazione appiccicosa sulle mie labbra mi era mancata.

«Zayn...» provai a dire, quando ormai mi trovavo sul sedile in pelle della sua costosa auto sportiva.

«Lo sa.» annuì lei, tenendo saldamente il volante tra le sue mani dalle lunghe unghie bianche, «Promettimi che non farai niente di stupido, Chloe.» si assicurò, voltandosi solo per lanciarmi un'occhiata e poi riprese a controllare la strada davanti a lei.

Feci di sì con il capo, osservando fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva davanti ai miei occhi. Mi era mancato vedere qualcosa che non fosse il magazzino o gli alberi spogli attorno. Era bello sentire il calore dei raggi del sole sulla pelle, vedere le vie trafficate della città e sentire la musica dalla radio. E, quando arrivammo, potei sentire il chiacchiericcio della gente, le risate ed il rumore dei clacson. Era come essere tornata alla vita normale, solo per un attimo, solo finché i pensieri non ritornarono ad occupare la mia mente.

Non mi sembrò vero di poter ordinare un piatto di pasta, seduta ad un tavolo apparecchiato, su una panca comoda al posto di quella vecchia sedia di legno. Non sapevo quanto tempo era passato da quando ero arrivata al magazzino, ma mi sembrava un'eternità.

Quando arrivò la mia ordinazione, non ci misi molto per sfilare la forchetta dall'involucro di carta ed affondarla nei maccheroni al formaggio. Non l'avrei mai ammesso, ma ero affamata.

Carmen nascose un sorrisetto nel vedermi mangiare, poi si concentrò sulla sua insalata di pollo.

«Zayn mi darà un aumento quando saprà che, finalmente, sono riuscita a farti mangiare.» parlò con la bocca piena e rise di gusto.

«Ancora non riesco a credere che mi abbia fatta uscire, come hai fatto a convincerlo?» domandai.

«In realtà è stata una sua idea.» fece spallucce.

Non potei fare a meno di sgranare gli occhi ed allargare la bocca in stupore. E lei fu divertita dalla mia reazione.

Bevve un sorso di Coca Cola e si pulì le mani e la bocca nel tovagliolo, prima di unirle tra di loro sotto al suo mento, «Chloe, Zayn è una brava persona, lo sai anche tu.»

«Quello che credevo di conoscere era una brava persona, ma questo-» rettificai, alzando l'indice della mano in cui tenevo la forchetta.

«È lo stesso, solo che questo Zayn è quello ferito.» mi interruppe, le sue iridi intense mi inchiodarono e le sue labbra carnose diventarono una linea color prugna, «Aveva abbassato tutte le sue difese per te, e tu lo hai ferito così tanto da fargli alzare di nuovo quel muro.»

Deglutii a fatica un sorso d'acqua e smisi anche di mangiare. Il mio stomaco non era ancora pieno, ma ormai era troppo scombussolato perfino per permettermi di mandare giù un boccone. Immaginavo che Zayn avesse sofferto, ma sentirselo dire faceva tutt'altro effetto e non mi lasciava indifferente.

«Ti cercava, Chloe.» disse poco dopo, facendomi trasalire dai miei pensieri.

«Mh?» alzai lo sguardo su di lei.

«Anche quando era a terra, sanguinante, dolorante, lui ti cercava, chiamava il tuo nome.» mi spiegò, torturandomi come se stesse infilzando il mio corpo con aghi appuntiti, «Non l'ha mai ammesso per non sembrare debole, ma aveva un fottuto bisogno di averti al suo fianco. A volte rimaneva ore ed ore a fissare la porta d'ingresso, con il cellulare in mano, aspettando che tu suonassi il campanello o che lo chiamassi.»

Sentii le lacrime appesantire i miei occhi e cercai in tutti i modi di spingerle indietro, ma sgorgarono comunque sulle mie guance. Immaginai Zayn che chiamava il mio nome con un proiettile conficcato nella spalla, e poi che sperava invano che io entrassi dalla porta, e il mio cuore si strinse. Non solo avevo sparato, ma ero anche fuggita e lo avevo lasciato solo. Non mi ero mai sentita tanto male in vita mia.

«Ha sofferto tanto. La sua spalla è guarita velocemente, ma il suo cuore ci metterà un po' di più per riprendersi...»

«Anche io ho sofferto.» cercai di giustificarmi.

«Lo so.» si affrettò ad annuire, «Per quanto mi costi ammetterlo, quello che vi è successo è ingiusto, voi meritavate di vivere il vostro amore tranquillamente.»

Sentirlo dire da lei mi spiazzò, ma abbozzai un sorriso di gratitudine.

«Ma il destino, evidentemente, non la pensava così.» sospirai io, riprendendo la forchetta solo per giocherellare con il cibo nel piatto.

«Il destino è una cazzata, è solo un pretesto per arrendersi quando le cose vanno male e non incolpare se stessi.» sentenziò amaramente.

CHOICE (sequel di Destiny)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora