Provai invano ad addormentarmi per ore ed ore. Mi girai e rigirai nel letto ma tutto quello che riuscii a fare fu pensare, riflettere, tormentarmi. Le sensazioni che avevo provato mentre Zayn mi raccontava quella storia mi avevano sconvolta, e la paura che avevo provato al locale scombussolava ancora il mio stomaco.
Mi addormentai, ormai stremata, quando erano già le prime ore del mattino, e la porta dell'ingresso che cigolava mi fece svegliare. Carmen entrò e, non appena la guardai, potei capire che era molto più tranquilla rispetto all'ultima volta che l'avevo vista.
Camminò lentamente, quasi con la paura di fare rumore. Mi alzai sui gomiti e lei capì che ero sveglia, quindi si avvicinò.
«Ti ho portato qualcosa da mangiare...» fece oscillare un sacchetto di plastica e poi lo lasciò sul tavolo.
Scossi la testa con una smorfia, «È stato Zayn a chiederti di portarlo?»
«Smettere di mangiare non ti farà ritornare a casa, ti farà solo stare male.» spiegò, chiaramente poco interessata alla mia salute, ma almeno non mi stava puntando una pistola contro minacciandomi di uccidermi.
«Oh, e mangiare secondo te mi farà stare bene?» domandai con l'acidità che impregnava il mio tono di voce.
«Almeno non ti farà rischiare di svenire ogni volta che ti alzi in piedi, no?» mi ammonì, puntando contro di me il suo indice dalla manicure perfetta.
Alzai gli occhi al cielo.
«Cosa ti farebbe stare bene, in questo momento?» chiese, poi fece scorrere indietro la sedia e si sedette, non perdendo alcuna mia mossa.
«Tornare a casa da mia sorella.»
«Allora cerca di collaborare, e vedrai che Zayn ti lascerà tornare da lei.» provò a convincermi, rivolgendomi un sorriso debole che, per qualche strano motivo, sembrò sincero. Faticavo a riconoscere la ragazza davanti a me.
«No che non lo farà. Vuole rendermi la vita un inferno e continuerà fino a che potrà.» ribattei con sicurezza, con la fronte corrucciata dalla rabbia.
«Chloe, credimi, conosco Zayn abbastanza bene da dirti che questo non è neanche un decimo di quello che farebbe per rovinare la vita a qualcuno.»
«E tenermi imprigionata qui, lontana da mia sorella, togliermi il mio locale, urlarmi contro, trattarmi come uno zerbino, tu come lo definiresti?»
Lei scosse la testa, sembrando realmente divertita, «Una sorta di vendetta? Un modo per alzare di nuovo le difese dopo la delusione?»
«Io lo definisco rovinare la vita a qualcuno, sono punti di vista forse.» la fulminai con lo sguardo.
«Gli hai sparato, cazzo, avresti potuto ucciderlo! Se qualcuno avesse fatto quello che hai fatto tu, sarebbe già morto e sepolto! E, invece, lui ti porta il McDonald's e mi chiede di venire qua per farti mangiare!»
«Dovrei sentirmi lusingata?» alzai un sopracciglio, ma lei non rispose.
Mi misi seduta, sciolsi i capelli che caddero sulle mie spalle in un groviglio disordinato, poi li raccolsi di nuovo in una coda di cavallo.
Mi alzai, raggiunsi il bagno e mi sentii talmente debole da rischiare di cadere a terra. Sciacquai il mio viso con l'acqua fredda e mi osservai nel minuscolo specchio sopra al lavandino: le mie occhiaie erano ancora più scure del solito, il mio viso pallido, gonfio e stanco ed i capelli ancora più annodati di come avevo immaginato.
Quando ritornai nell'altra stanza, Carmen riprese subito a guardarmi con i suoi occhi da cerbiatta. Stava giocherellando con le punte dei suoi lunghi capelli sistemati in una treccia.
«Non avrei mai sparato..» mi sentii dire, non so bene per quale motivo, e mi sedetti di nuovo tra le coperte sgualcite del letto, prestandole attenzione.
Abbassò lo sguardo e mi sembrò realmente mortificata.
«Perché l'hai fatto?» domandò, mettendosi seduta più composta.
«Perché ero sconvolta, spaventata, confusa e non avevo mai preso in mano una pistola in tutta la mia vita. Non so neanche come ho fatto a premere il grilletto.» spiegai, con non poche difficoltà.
«Poi sei scappata, però.» osservò, incrociando le braccia al petto.
«Forse voi siete abituati ad usare un'arma, a vedere persone che cadono a terra, sanguinanti, ma io no.» ribattei, il mio tono di voce sembrava giudicarla più di quanto avessi voluto.
«Non ci si abitua mai, credimi.» mi corresse, «Ma scappare non risolve le cose.»
«Mettiti nei miei panni. Avevo appena scoperto che il ragazzo che amavo era l'assassino di mio padre e avevo appena sparato un proiettile contro di lui.»
«Mi dispiace per quello che ho fatto l'altro giorno...» disse a fatica e sembrò comprendermi perché sospirò e premette labbro inferiore e superiore tra di loro in una linea. Mi stupii di quelle parole. Io e Carmen non avevamo mai avuto una conversazione che si potesse definire tale, non senza offenderci almeno.
Si alzò, infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans e mi rivolse un'ultima occhiata. «Mangia qualcosa, ok?»
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CHOICE (sequel di Destiny)
Novela JuvenilSEQUEL DI DESTINY L'amore è la debolezza più grande e, allo stesso tempo, è una forza invincibile. Chloe e Zayn lo sanno bene e, a loro spese, hanno imparato che il destino può essere imprevedibile, perfido ed intransigente. Quando due mondi così d...