«Sophia!» sentii ripetere un paio di volte, finché la voce di Zayn si fece talmente alta da farmi sussultare e da costringermi a svegliarmi. Il solito, brutto incubo mi aveva fatta stare sveglia per ore quella notte, e poi mi aveva obbligata a rigirarmi nel letto mentre i pensieri si accavallavano gli uni agli altri.
«Che vuoi?» domandai in modo scocciato, lanciandogli un'occhiata di disprezzo.
«Svegliati, ti porto a fare una cosa divertente.» sogghignò lui. Tra le mani teneva una tazza da cui proveniva un forte odore di caffè.
Corrugai la fronte in confusione e mi tirai su, con i gomiti appoggiati allo scomodo materasso, per squadrarlo con attenzione. Dal suo bellissimo volto accigliato potei capire che, di qualunque cosa si trattasse, non mi sarei divertita.
«Non vengo da nessuna parte con te.» ribattei con sicurezza, rimettendomi sdraiata con la testa sul cuscino.
La sua risata beffarda si levò in aria ancora prima della sua voce, «Pensi davvero di avere scelta? Ancora non hai capito che sono io quello che comanda qua?»
Io non mi mossi ed iniziai a fissare il soffitto grigio sopra di me, facendolo innervosire ancora di più. Sentii i suoi anfibi contro al pavimento, poi le sue dita si avvolsero attorno al mio braccio nudo e mi tirarono. Non mi fece male, ma la sua cattiveria fu come un pugno dritto nel petto.
Per non cadere, mi misi in piedi e mi divincolai facilmente dalla sua presa. Lui mi permise di liberarmi ma non riuscì a nascondere una smorfia vittoriosa.
«Muoviti, se non vuoi che ti trascini.» ordinò, facendomi segno di seguirlo.
Alzai gli occhi al cielo e sistemai la mia lunga maglietta. Infilai anche delle scarpe prima di uscire. L'aria fredda mi colpì immediatamente, facendomi capire che erano solo le prime ore del mattino di una giornata nuvolosa. Le foglie degli alberi attorno, scosse dal vento, creavano un fruscio che si mescolò al rumore dei miei passi tra l'erba e la sterpaglia e ai primi canti melodiosi degli uccellini.
Riconoscevo molto bene quella stradina sterrata e, infatti, ben presto mi ritrovai di fronte al magazzino. Solo vederlo mi provocò una fitta allo stomaco, le mie guance si surriscaldarono e la testa mi girò terribilmente. Mi sentii svenire, e mi bloccai mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Ma Zayn prese con forza il mio polso e mi tirò all'interno, in una stanzina piccola, umida, senza finestre, illuminata flebilmente da una lampadina sopra alla nostra testa.
Al centro, seduta su una sedia di legno, c'era Sharon e mi sembrò quasi irriconoscibile. Era come se fossero passati anni dall'ultima volta che l'avevo vista. I suoi lunghi capelli biondi non erano più lucidi e curati, ma erano raccolti in una crocchia disordinata sulla sua testa. Il suo viso, di solito perfettamente truccato, era stanco e i suoi occhi gonfi e contornati da occhiaie scure. Sembrava spossata.
La fissai, mentre il mio cuore sembrava battere così velocemente da rischiare di uscire dal mio petto. Anche lei osservò me per un attimo, ma distolse immediatamente lo sguardo, nervosa ed imbarazzata.
Zayn mi tirò ancora più vicino a lei, poi rivolse una smorfia anche a quella che era la mia migliore amica.
«Fatti dire dov'è tua madre.» ordinò, indicandomi la bionda con il mento.
«Mia madre?» provai a dire scuotendo velocemente la testa.
«La tua amica non vuole collaborare ma, forse, a te lo dirà.» ghignò, incrociando le braccia al petto e lasciandosi andare con la schiena contro la fredda ed irregolare parete.
«No, non lo farò.» ribatté lei, la sua voce era talmente roca e spenta che quasi non riuscii a riconoscerla.
Lui non si scompose, appoggiò anche la suola di uno stivale contro al muro e alzò l'angolo della bocca, «Sono sicuro che Sophia saprà essere piuttosto convincente, vero?»
«E come dovrei fare?» alzai un sopracciglio nella sua direzione.
Zayn non rispose, si voltò per guardare una mazza da baseball in un angolo della stanza e poi riposò le sue iridi castane su di me. Si aspettava che la usassi per farla parlare?
Sharon chiuse gli occhi per un momento mentre i miei saltellavano da lei, al moro poco distante. Scossi la testa ed indietreggiai appena.
«O lei, o tua sorella.» minacciò, in tono spazientito.
«Zayn...» lo supplicai, la mia voce uscì così debole che non ero sicura che mi avesse sentita.
«Scopri dove cazzo è tua madre.» gridò, facendomi sussultare.
Balzai indietro e deglutii a fatica. Chiusi gli occhi sentendo le lacrime che avrebbero voluto scorrere lungo le mie guance.
«Mi dispiace...» provai a dire, tra i singhiozzi, mentre mi avvicinavo a Sharon.
«Non importa, fallo.» rispose lei, con una dolcezza che non mi sarei mai aspettata. Contrasse la mascella e distolse lo sguardo, come se si aspettasse un colpo da parte mia.
Presi il suo mento tra le mie dita, obbligandola ad alzare la testa e guardarmi. Le sue iridi azzurre erano spente, tristi e rassegnate. Non l'avevo mai vista così.
Chiusi l'altra mano in un pugno, ma non riuscii a sferrarlo contro di lei. Infondo, nonostante tutto, era stata l'unica persona a rimanermi vicina in tutta la mia vita, l'unica ad avermi davvero aiutata.
«Non posso.» mi lamentai, «Non ne sono capace.»
«Ti ha rovinato la vita!» sbottò Zayn, furioso.
«No! Tu mi hai rovinato la vita!» urlai con tutta la voce che avevo nel corpo e, come una furia, lo raggiunsi. Non pensai alle conseguenze, non pensai a nulla quando le mie dita, ancora chiuse in un pugno, si sferrarono contro al suo petto. Sapevo che non gli avrei fatto male, ma volevo solo potermi sfogare.
Lui non si ribellò, si staccò dalla parete e lasciò che le mie mani si scontrassero contro al suo corpo in pugni deboli ma intrisi di rabbia. Ad ogni colpo, mi sentivo meglio e peggio allo stesso tempo. Avrei voluto distruggere quel petto che mi aveva cullata, rassicurata e fatta sentire protetta così tante volte. Le lacrime avevano ormai annebbiato la mia vista, i singhiozzi avevano reso i miei respiri corti e affannati e tutto attorno a me sembrava girare terribilmente veloce.
Non so dire dopo quanto tempo, le dita di Zayn avvolsero i miei polsi per fermarmi. Non era sorpreso e, stranamente, non sembrava neanche arrabbiato. La sua presa non era forte, i suoi lineamenti erano distesi e i suoi occhi, forse, meno distaccati del solito.
Mi lasciò calmare, non esercitò alcuna forza su di me e non mi urlò contro. Poi, quando ebbi finito, mi lasciò andare e si allontanò da me.
«Voglio quel nome.» concluse, in tono autoritario, e poi uscì lasciandomi sola con la bionda.
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CHOICE (sequel di Destiny)
Teen FictionSEQUEL DI DESTINY L'amore è la debolezza più grande e, allo stesso tempo, è una forza invincibile. Chloe e Zayn lo sanno bene e, a loro spese, hanno imparato che il destino può essere imprevedibile, perfido ed intransigente. Quando due mondi così d...