Capitolo 23

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«Com'è andato il pomeriggio tra ragazze?» chiese Zayn quando mi vide rientrare. Stava fumando, appoggiato con la spalla alla parete vicino alla finestra.

Gli lanciai uno sguardo veloce, tolsi la giacca e la appesi all'ingresso, «Bene.» mi limitai a dire.

Espirò una nuvola di fumo bianco, denso, verso l'esterno, poi spense il mozzicone nel portacene sul davanzale e chiuse la finestra.

«Non che mi aspettassi chissà che cosa... Un grazie, magari.» si lamentò, senza prestarmi troppa attenzione.

«Oh, grazie per avermi fatto uscire da questa prigione per prendere un frullato, controllata da Carmen.» sbottai, incrociando le braccia al petto mentre mi lasciavo cadere sulla scomoda e scricchiolante sedia.

«Beh, è già qualcosa, no?» domandò dopo aver bevuto un sorso d'acqua direttamente dalla bottiglietta, «Dove saresti voluta andare?»

«A casa, da mia sorella.»

«Non è possibile Chloe.» scosse la testa, era calmo e, forse, addirittura dispiaciuto, ma chiaramente irremovibile.

«E perché?» gridai, sporgendomi in avanti sul tavolo ma, quando lui mi lanciò un'occhiata cupa, appoggiai di nuovo la schiena indietro e mi calmai, «Quando sarà possibile Zayn? Quando finirà tutto questo. Finirà mai? Tornerò da mia sorella o mi terrai imprigionata qui per sempre? Mi ucciderai?» le parole guizzarono fuori dalla mia bocca come un fiume in piena, nella disperata ricerca di risposte a domande che mi ponevo da troppo tempo.

«Se avessi voluto ucciderti, ti avrei fatto sfilare nel bar in mezzo alle pallottole, no?» mi schernì, accompagnandosi da una risatina beffarda che si spense quando aggrottai la fronte, «Se farai tutto ciò che dico, rivedrai tua sorella, ok?»

«Cosa devo fare? Quando e come finirà tutto questo?» glielo chiesi con la disperazione nel tono della voce. Volevo solo uscire da lì, tornare a casa, trovarmi un lavoro e non pensare mai più a lui e a tutto quello che era successo. Non avrei mai dimenticato, ma forse avrei imparato a conviverci.

«Finirà quando mi sarò vendicato di tua madre.» mi spiegò con facilità mentre mi dava le spalle per prepararsi un panino, «E tu sarai la mia esca.»

«Esca?» ripetei, non poteva vedere la mia espressione attonita.

«Sì, dato che sembra impossibile raggiungere tua madre, faremo in modo che sia lei a raggiungere noi.»

«E... C-come?» balbettai, insicura. Avevo paura della risposta che avrei ricevuto.

Si voltò sorridendo astutamente e diede un morso al panino prima di continuare, ancora con la bocca piena, «Faremo credere a tua madre che sei in pericolo e lei, per salvarti, cadrà nella nostra trappola.»

«Non vedo mia madre da anni, non si è mai fatta viva e non si è interessata né a me, né a mia sorella, cosa ti fa credere che verrebbe a salvarmi ora?»

Lui, per un attimo, sembrò pensieroso, ma chiaramente non voleva farmi capire che stava avendo dei dubbi sul suo piano. Si sedette di fronte a me, continuando a mangiare il suo panino con disinteresse e calma. Come faceva ad essere così tranquillo mentre mi parlava di come voleva uccidere mia madre?

«È pur sempre tua madre. E poi, vale la pena tentare.»

Sbuffai, poi scossi la testa con una risatina nervosa, «Vuoi uccidere mia madre e rendermi complice di questo?»

«Lei ha cercato di uccidere me. Te l'ho già detto una volta, bisogna uccidere per non essere uccisi.»

«Fai quello che vuoi, ma non coinvolgere me, almeno.» lo supplicai.

«Sei la mia unica opzione, al momento. E poi... Lei ha rovinato anche la tua vita.»

Mi alzai di scatto, appoggiando le mani sul tavolo e spostando il peso in avanti per sporgermi verso di lui, «Smettila di incolpare chiunque altro pur di non prenderti le tue responsabilità! Non è stata mia madre, o Sharon, o chiunque altro, sei stato tu a rovinarmi la vita, tu!» urlai con tutta la voce che avevo in corpo, scandendo bene ogni parola.

Il moro non si scompose, per un attimo abbassò lo sguardo e sembrò quasi colpito dalle mie parole. Poi, in un gesto veloce ed improvviso, fece scivolare all'indietro la sedia e si alzò, camminando per raggiungermi.

Prese entrambi i miei polsi e li strinse tra le sue mani con forza, tirandomi a lui, «Rovinarti la vita? Come puoi dirlo? Come cazzo puoi dire una cosa del genere, Chloe?»

«È la verità.» lo sfidai, con la voce bassa che contrastava la sua, esageratamente alta, e il viso a pochi centimetri dal suo.

«La verità!» ripeté con un sorriso ironico, distogliendo lo sguardo dalle mie iridi, incollate a lui, «La verità è che tutti, fin da quando eri piccola, hanno cercato di rovinarti la vita, e io sono stato l'unico capace di migliorarla.»

«Migliorarla?» finsi una risata amara, «Guardami Zayn, ti sembra che la mia vita sia migliorata?»

Scosse la testa, lasciò andare i miei polsi e fece un paio di passi indietro, ma non smise neanche per un secondo di fissarmi.

Fece un lungo respiro, prima di parlare, «Io ricordo il modo in cui i tuoi occhi si illuminavano quando eravamo insieme, quando mi dicevi che mi amavi e quando io lo dicevo a te. Ricordo com'eri felice quando mi abbracciavi, quando mi accarezzavi il viso e ti stringevi a me dopo aver fatto l'amore. Ricordo come ti sentivi protetta quando eri con me. Quello, Chloe, non è rovinare la vita a qualcuno.»

«Solo perché io non sapevo nulla, Zayn! Ma tu mi hai rovinato la vita quando hai messo quella bomba nell'auto di mio padre! Quando dovevo spogliarmi per vivere, quando accettavo le mani di uomini sul mio corpo e i loro sguardi languidi, quando ho trovato mia sorella stesa sul divano priva di sensi! Di chi è la colpa di tutto questo se non dell'assassino di mio padre?»

«Andiamo!» gridò, tirandomi per la mano.

CHOICE (sequel di Destiny)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora