Avevo sempre odiato il magazzino ma, non appena ci entrai, provai un senso di protezione e una felicità inspiegabile. Infondo, sapevo che Zayn avrebbe mantenuto la promessa, ma avevo paura
Lasciai i sandali all'ingresso e, scalza, zampettai fino al bagno. Indossai una felpa informe, calda e comoda, e raccolsi i miei capelli disordinati in uno chignon mal fatto.
Quando uscii, anche Zayn si stava cambiando. Aveva già indossato i pantaloni della tuta ed era ancora a petto nudo mentre rovistava nell'armadio per cercare una maglia. Quando la trovò, la infilò velocemente e richiuse l'anta facendola sbattere rumorosamente, con così tanta forza che sembrava volerla rompere.
Era chiaramente nervoso ed io non volevo peggiorare la situazione, quindi mi misi seduta sulla sedia, appoggiando i gomiti al tavolo e la fronte ai palmi della mano, in silenzio. Il rumore degli spari, le grida e la paura che si impossessava del mio stomaco erano ancora vividi nella mia mente e l'immagine delle persone che cadevano a terra sembrava non volermi dare pace.
Anche Zayn era perso nei suoi pensieri e, soprattutto, stanco. Si lasciò cadere sulla sedia di fronte alla mia ed appoggiò la schiena indietro. Sfilò una sigaretta e la appoggiò tra le sue labbra carnose, poi la illuminò e fece un tiro particolarmente lungo, chiudendo gli occhi come se stesse riuscendo davvero a rilassarsi.
«Posso?» domandai, lanciando uno sguardo veloce al pacchetto di Marlboro sul tavolo.
Lui alzò un sopracciglio in sorpresa, «Da quando fumi?»
«Non fumo da parecchio tempo, ho solo voglia di una sigaretta.» feci spallucce.
Lui non si scompose, annuì distrattamente e fece scivolare il pacchetto per lasciarlo arrivare più vicino a me. Poi, quando estrassi una sigaretta e la appoggiai tra le labbra, mi porse anche il suo accendino. Lo riconobbi subito e non potei fare a meno di sorridere tra me e me. Accarezzai con il pollice la rosa, poi il drago, e mi ritornò in mente il sorriso imbarazzato e contento di Zayn mentre mi raccontava del significato di quei simboli incisi, sul terrazzo di casa sua. Eravamo così felici, in quel momento, ignari di tutto ciò che sarebbe successo dopo.
Strinsi per un attimo l'accendino dorato nella mano come se potessi imprimere meglio quel ricordo nella mia mente, poi accesi la Marlboro inspirando a fondo.
Ricordavo migliore il sapore del tabacco, ma mi sforzai di fare un altro tiro nella disperata speranza di sentirmi meglio. Eppure, stranamente, io non provavo la stessa calma che sembrava provare il moro ogni volta che inspirava nicotina.
«Va meglio?» domandò.
Mi limitai a scuotere la testa mentre sbuffavo una nuvola di fumo, «Come fai a dimenticare?»
«Mh?» alzò le sue iridi su di me.
«Come fai a tornare a casa tranquillo e addormentarti, come fai a dimenticare il rumore degli spari, le urla e i volti sofferenti delle persone a terra, sanguinanti?» chiesi io, senza volerlo giudicare, glielo chiesi perché volevo riuscirci anche io.
«Non si dimentica.» rispose con calma, lasciò cadere un cumulo di cenere nel portacenere e fece un tiro prima di continuare, «Dopo un po' si impara a conviverci, ma non si dimentica mai. Vado a letto e sento quei rumori, quelle voci, vedo quei volti e mi rigiro nel letto per ore prima di riuscire ad addormentarmi.»
«Si impara a conviverci?» ripetei, «Come si può convivere con qualcosa del genere?»
«Chloe cosa facevi tu a sette anni?» domandò, con un tono di voce tranquillo che non sentivo da parecchio tempo, «Andavi a scuola, al parco, invitavi gli amici a casa, giocavi con le bambole?»
Aggrottai la fronte in confusione e annuii debolmente, non capendo dove stesse andando a parare.
«Quella era la tua normalità, perché tu sei cresciuta così. Io non avevo tempo, perché mio padre mi costringeva a prendere la pistola e imparare a sparare. Non volevo farlo, odiavo il materiale della pistola a contatto con il palmo della mia mano, il movimento del grilletto, l'odore della polvere da sparo e il rumore. Odiavo tutto, ma sono cresciuto così, quella era la mia normalità.» fece una pausa, poi si alzò in piedi e sollevò di poco la maglietta bianca per scoprire il fianco, indicò il gambo di una piccola rosa tatuata sul suo fianco destro, «Questo l'ho fatto per coprire la cicatrice che mi fece mio padre quando avevo tredici anni. Voleva che andassi a caccia con lui, per esercitarmi a sparare, e io volevo solo uscire con i miei amici, come qualsiasi ragazzo di quell'età. Mi ribellai e lui...» si bloccò, posò per un attimo lo sguardo su di me e io avvertii l'insensato bisogno di abbracciarlo. Sì, fu difficile da ammettere a me stessa, ma provai l'incontrollata voglia di alzarmi, tirarlo a me e stringerlo così forte da fargli dimenticare tutto. Entrambi avevamo bisogno di dimenticare.
Stavo per alzarmi, stavo per farlo davvero, quando fu lui a mettersi in piedi per primo. Spense il mozzicone nel portacenere e, fortunatamente, uscì in fretta dalla stanza, forse perché provò la stessa esigenza che stavo provando io.
STAI LEGGENDO
CHOICE (sequel di Destiny)
Novela JuvenilSEQUEL DI DESTINY L'amore è la debolezza più grande e, allo stesso tempo, è una forza invincibile. Chloe e Zayn lo sanno bene e, a loro spese, hanno imparato che il destino può essere imprevedibile, perfido ed intransigente. Quando due mondi così d...